Economia & Lobby
Pil, quelli che “Renzi ha portato la crescita all’1%”!
Di Alberto Bagnai | 14 febbraio 2016
Premessa: non si tratta di andare a simpatie. A me, come ad altri, Renzi non è mai stato particolarmente simpatico. Questo però non mi sembra un buon motivo per dargli addosso nel momento in cui, fra tante cose sbagliate, ne sta facendo una giusta: chiedere che in Europa non si facciano sistematicamente due pesi e due misure a nostro svantaggio. Lo sta facendo tardi? Lo sta facendo per il motivo sbagliato (cioè per salvare se stesso, piuttosto che il paese)? Forse. Però lo sta facendo, e andrebbe sostenuto nel suo sforzo.
Certo, anche Renzi potrebbe cooperare, ad esempio non circondandosi di persone che di economia capiscono molto poco. Al cospetto di una squadra simile è difficile sfuggire alla sgradevole sensazione che, nonostante la sua buona volontà, il consenso di cui ancora gode, e il suo istinto di conservazione, il nostro premier non potrà che schiantarsi, portandosi dietro noi.
Volete un esempio?
Ricorderete che il governo aveva promesso nel 2014 che l’Italia sarebbe cresciuta nel 2015 dell’1% e oltre. Nell’aprile 2014 il Documento di Economia e Finanza (Def) prevedeva per il 2014 una crescita dello 0.8% e per il 2015 dell’1,3% (nella Tavola II.2A: Prospettive macroeconomiche). Tuttavia, a fine 2014 il governo aveva preso un bel bagno: invece dello 0.8% previsto, la crescita era stata del -0.4% (un errore di 1.2 punti percentuali). Ad aprile 2015 il Def 2015 quindi rivedeva al ribasso la previsione di crescita per l’anno in corso, portandola dall’1% allo 0.7% (sempre nella Tavola II.2A). A settembre il governo tornava ottimista: nella nota di aggiornamento al Def prevedeva uno 0.9% di crescita per il 2015, mentre Renzi ripeteva per ogni dove che la crescita sarebbe stata dell’1%.
Questo dato era del tutto campato in aria. Il governo in tutta evidenza sovrastimava l’impatto che la svalutazione dell’euro avrebbe avuto sulle esportazioni italiane, e sottostimava le rogne che questa mossa spregiudicata di Draghi avrebbe procurato, date le ovvie ritorsioni dei paesi emergenti.
Sul primo punto, già a giugno 2014 una nota del centro studi a/simmetrie (poi pubblicata su rivista scientifica), chiariva che una svalutazione dell’euro avrebbe aiutato ben poco l’Italia. Certo, le imprese che esportavano verso i paesi esterni all’Eurozona avrebbero incrementato le vendite. Ma il maggior reddito così conseguito, in assenza di un riallineamento del cambio verso il Nord dell’Eurozona (impossibile, perché c’è l’euro), sarebbe stato speso in gran parte in prodotti provenienti appunto dal Nord Europa. Non tutta la spesa di cinesi e americani avrebbe creato occupazione qui da noi, perché una parte sarebbe andata nell’acquisto di prodotti tedeschi. Cosa che poi si è puntualmente verificata.
Sul secondo punto, il 19 gennaio 2015, intervenendo a Piazza Pulita, feci osservare al dottor Passera, che decantava i pregi dell’euro debole, come la svalutazione di Draghi avrebbe suscitato reazioni nel resto del mondo (se interessa, è qui al minuto 11). Anche questa previsione si è puntualmente verificata: a metà anno la Cina ha cominciato a svalutare, e quindi la svalutazione dell’euro, che già non ci aiutava con la Germania, ha smesso di aiutarci anche con la Cina.
Per questi motivi a dicembre 2014 il centro studi a/simmetrie aveva emesso una previsione di crescita per il 2015 attorno allo 0.6%. E naturalmente anche questa previsione si è puntualmente verificata il 12 febbraio.
Il dato Istat è ancora preliminare. Il risultato 2015 potrebbe quindi essere diverso, e credo sarà peggiore. Ma al di là di queste considerazioni, è spassosissimo vedere come questa batosta (una crescita pari a quasi la metà di quella che prometteva Renzi) è stata commentata dai Renzi boys! Vi faccio vedere alcuni esempi:
Si resta sbalorditi constatando come la tifoseria del premier non si renda conto di dire una cosa, mentre mostra dati che dicono l’esatto contrario. Per chiarire come stanno le cose, partiamo dai dati dell’ISTAT, che sono questi (e li trovate qui):
Forse è utile una precisazione. Il prodotto o reddito interno lordo è un flusso, esattamente come il nostro reddito. Questo significa che il dato annuale (quello del quale abbiamo parlato finora) è pari alla somma dei dati trimestrali. Se uno guadagna 1000 euro al mese, cioè 3000 euro a trimestre, guadagna 12000 euro l’anno. La stessa cosa vale a livello macroeconomico. Ad esempio, il Pil del 2014 è stato pari a 1.536.037 milioni di euro (lo trovate nella colonna “dato annuale”, cioè alla somma dei quattro dati trimestrali (384.789, 384.043, 383.770, 383.445). Se il dato provvisorio del quarto trimestre 2015, pari a 387.155, sarà confermato, allora il Pil del 2015 sarà 384.995+386.082+386.737+387.155=1.544.969, e quindi la crescita del Pil 2015 su quello 2014 sarà pari a (1.544.969-1.536.037) / 1.536.037=0.006=0.6%.
Punto.
L’1% dell’onorevole Puglisi è quindi totalmente farlocco, a meno che non si riferisca alla crescita tendenziale del dato trimestrale, cioè alla variazione dell’ultimo trimestre 2015 (387.155) rispetto all’ultimo trimestre del 2014 (383.435). In questo caso c’è stato in effetti un incremento dell’1%, che però si riferisce all’ultimo periodo dell’anno. Insomma: se nel 2014 guadagnavate 3000 a trimestre, ma nel quarto trimestre 2015 vi aumentano lo stipendio a 1200 al mese (3600 a trimestre), certo, il vostro stipendio trimestrale è aumentato del 20%: (3600-3000) /3000 = 0.2 = 20%. Ma questo, siamo d’accordo, non significa che sia aumentato del 20% anche il vostro reddito annuale! Se non ci credete, vi ho messo i numeri in fila:
Un aumento del 20% nel quarto trimestre corrisponde, per motivi intuibili, a un aumento del solo 5% su base annuale. Evidentemente, queste sottigliezze all’onorevole Puglisi sfuggono. Va anche detto che lei, grazie alla sua carica, si muove su altre cifre, che dovrebbero incentivarla a una maggiore attenzione.
Peggio ancora fa l’onorevole Fedeli, confondendo crescita e livelli. La Fedeli “ragiona” così: siccome il tasso di crescita è passato da -0.4% nel 2014 a 0.6% nel 2015, allora l’Italia ha “recuperato oltre un punto di Pil”. Certo, lo scarto fra i tassi di crescita è effettivamente stato di 0.6%-(-0.4%)=1%. Ma accelerare la crescita (o decelerare la decrescita) non significa recuperare un punto di Pil!
Lo chiarisco con un esempio. Applicando il Fedeli-pensiero, se il Pil italiano nel 2014 fosse diminuito del 3% (crescita pari a -3%) e nel 2015 del 2% (crescita pari a -2%), l’onorevole Fedeli ci verrebbe a dire: “Recuperato un punto di Pil!”, perché in effetti -2-(-3) = 1. Ma nel 2015 non avremmo recuperato un punto di Pil! Ne avremmo persi due!
Recuperare un punto di Pil significa crescere dell’1%, cioè significa che nel 2015 dovremmo avere un Pil annuale pari a 1.536.037 x (1.01) = 1.551.397. Invece abbiamo 1.544.969, cioè mancano all’appello solo 6428 milioni. Insomma: applicando la logica dell’onorevole Fedeli, se il governo avesse mantenuto la sua promessa, portando la crescita annuale effettivamente all’1%, lei ci verrebbe a dire “recuperati 1.4 punti di Pil” (perché, come avrete capito, 1-(-0.4) = 1.4).
Ma si può ragionare così?
Ovviamente no.
Io capisco l’eccesso di zelo delle corifee del caro leader. Però dovrebbero fare più attenzione. Sparando fregnacce simili (mi si passi il tecnicismo) l’unico risultato che ottengono è quello di sminuire la credibilità del governo, e in questo momento l’ultima cosa della quale l’Italia ha bisogno è un governo poco credibile. Non mi riferisco tanto alla credibilità presso i “mercati”. Ci aspettano momenti difficili, che potrebbero chiedere decisioni anche drastiche (sapete come la penso). In queste circostanze è essenziale che i cittadini possano fidarsi del loro governo, della sua capacità di agire nel comune interesse del paese. Mandare in giro persone che sparano numeri a casaccio con chiare finalità propagandistiche è il modo migliore per minare la fiducia nelle istituzioni: risorsa, questa, tanto essenziale, quanto rara in un paese notoriamente fazioso come il nostro.
Di Alberto Bagnai | 14 febbraio 2016
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