ARCUMEGGIA
Storia Ed Evoluzione
Il centro abitato della frazione di Arcumeggia, quasi interamente ricompreso nel nucleo antico, ha origini che risalgono ad epoche precedenti il Medioevo, e conserva i caratteri di architettura rurale tipici della zona: stretti vicoli selciati attraversano un abitato compatto, disposto secondo la direzione delle curve di livello e orientato in modo da utilizzare a pieno l'esposizione solare. Le abitazioni, che in origine erano composte di poche stanze, stalle e cascine, sono oggi in gran parte ristrutturate ad uso residenziale, e spesso si aprono su cortili interni, di grande fascino e suggestione.
Il paese, molto popolato fino ai primi decenni del Novecento, conobbe il progressivo abbandono negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, quando l'industrializzazione e diversi stili di vita indussero le famiglie a trasferirsi altrove, in contesti urbani (Milano, Novara, la stessa città di Varese), che consentivano di coniugare lavoro ed educazione dei figli, mantenendo ad Arcumeggia le residenze in cui tornare nei fine-settimana e durante le vacanze.
Dal 1956, per volontà dell'Ente Provinciale per il Turismo, fu avviata nel paese un'esperienza innovativa, con l'obiettivo di combattere l'abbandono dei territori montani. Il Presidente dell'EPT, Dott. Mario Beretta, fu il promotore della trasformazione di Arcumeggia in una “galleria d'arte a cielo aperto”, in cui vennero chiamati artisti di fama nazionale ed internazionale a realizzare affreschi sulle facciate delle case rurali e furono attivati corsi estivi di tecnica dell'affresco, concorsi e mostre d'arte. Negli oltre cinquant'anni di esperienza gli incontri artistici sono divenuti una consuetudine che si è puntualmente rinnovata nel tempo. Il numero delle opere presenti è cresciuto, e ad oggi sono oltre 150 i dipinti che costituiscono il patrimonio pittorico di Arcumeggia.
Lo scrittore Piero Chiara, profondo conoscitore di questi luoghi, dei quali era un frequentatore abituale, ne scrisse “(…) Le strade della Valcuvia conoscevano da qualche secolo la libera e fantasiosa attività degli affrescatori popolari. Paesi come Rancio e Cantevria erano cosparsi di affreschi lungo le vie e dentro i cortili, nei quali si ripeteva a fine devozionale e votivo la tradizionale iconografia cristiana consacrata nelle chiese. La passione dell’affresco, del manifesto murale permanente della pietà, poteva trapassare in una manifestazione artistica vera e propria, tale da trasformare un intero paese in una mostra capace di documentare una tecnica mai abbandonata dalla pittura italiana e sempre rifiorente anche fuori dalle esigenze del culto. Si trattava di offrire ai pittori l’occasione di un colloquio aperto col pubblico e al tempo stesso di favorire la partecipazione di ogni strato sociale alla problematica delle forme pittoriche, che anche qui si propone, talvolta tra astratto e figurativo e, nell’ambito figurativo, tra le singole e qualche volta contrastanti personalità dei vari artisti. Arcumeggia è quindi non solo un ritorno e una ripresa della tradizione artistica lombarda, ma anche la celebrazione del popolo delle Prealpi, per secoli operoso in ogni parte d’Europa.” (Da “Arcumeggia, la galleria all'aperto dell'affresco, a cura di Manlio Raffo, Varese, 1967).
Il perché di un nome
Nell' “Eco di Arcumeggia” (1932), rivista edita negli anni 1931/1936 a cura del Parroco di Arcumeggia, Don Stefano Tunesi, sono raccolti studi e ricerche relativi alla storia della Valcuvia e dei suoi paesi.
A proposito delle origini del borgo, che Don Tunesi fa risalire all'età romana, si legge testualmente: “La valletta di Arcumeggia, posta di fronte alla rocca di Orino e sboccante dall'altra parte sul lago Maggiore, offriva loro (ai Romani, N.d.R.) un eccellente punto strategico per spiare le mosse dei Leponzi vigilanti sulle montagne della parte opposta del Lago Maggiore. Ed ecco perché essi dovettero costruire quella Arx-media, fortezza di mezzo, o meglio forse quella fortificazione ‹‹arcu-media›› a metà dell'arco formato dalla valletta, fortezza che poi diede il nome al paese di Arcumeggia, che in latino si chiama appunto Arcumedia. Questa fortificazione di mezzo doveva essere in relazione con un'altra nella località di S. Antonio (…) e questa a sua volta comunicava forse col ‹‹castrum›› di Travaglia, che troveremo come fortezza inespugnabile nel Medio-Evo.
Nel 1876 Michele Lajoli descrisse così Arcumeggia:
“Il paesello è situato sulla scogliera della montagna, ed all'ingresso del passo della Valtravaglia, Arcumeggia era in tempo antico un luogo fortificato di molta considerazione.
Il nome di Arcumeggia lo si vuole derivato da Arx Media perché occupa il centro della valle di Cuvio sul fianco di mezzogiorno, a vista della Rocca d'Orino e dei Castelli di Cabiaglio e di Masciago. Oltre a contribuire coi detti forti alla difesa della valle, rendeva pure difficilissimo il transito dal lato della Valtravaglia. Dei fortilizi d'Arcumeggia non esistono vestigia e ciò prova che furono completamente distrutti.
Il paese è piuttosto alpestre; conta 300 abitanti, ed ha l'estimo censuario di scudi 3062,-. Confina il territorio d'Arcumeggia con quello di Duno a mattina, di Vegobbio a mezzogiorno, di Veccana a mezzanotte e di Casalzuigno a sera.
La Chiesa Parrocchiale dedicata a Sant'Ambrogio è antica, ma di nessun pregio; è staccata pochi passi dal paese. Il Curato viene eletto dal popolo.
Il clima d'Arcumeggia nell'inverno è più temperato di quello che sembra perché l'abitato è posto a mezzogiorno. I prodotti del suolo scarseggiano, e perciò gli abitanti hanno molta cura per la pastorizia. Coi guadagni che fanno gli uomini nelle periodiche emigrazioni, le famiglie vivono discretamente.
Lungo la valle detta della Prada, che mette fino all'Oratorio di S. Antonio, ove comincia la rapidissima disagevole discesa, che conduce nella Valtravaglia, vi sono bellissime praterie e buoni pascoli. Di tratto in tratto si incontrano piccole cascine e stalle nelle quali gli abitanti d'Arcumeggia tengono il bestiame in estate: vi si fabbricano quotidianamente burro e formaggio, che si vendono poi nei circonvicini paesi o sui mercati.
Arcumeggia ha nel centro dell'abitato una fontana pubblica, ed un molino a pochi minuti del paese.
Da Arcumeggia si può andare a Casalzuigno divergendo a mano sinistra per discendervi percorrendovi fra boschi e selve un angusto e sassoso sentiero, oppure rifacendo la già praticata strada di Vergobbio, che senza dubbio è la più comoda e conveniente.” (Da “Cenni corografici storici statistici della Valcuvia brevemente e liberamente esposti da Michele Lajoli, Milano, Tipografia di A. Lombardi, 1876)
La raccolta integrale dell’Eco di Arcumeggia e del testo di Michele Lajoli è pubblicata sul sito dell'Archivio Storico della Valcuvia, a cura del Centro Studi G. Peregalli
Archivio Storico della Valcuvia
http://www.archiviostoricovalcuvia.orgDa -
http://www.proarcumeggia.it/index.php?section=storiaedevoluzione