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« inserito:: Novembre 15, 2015, 08:42:37 pm »

Shirin Ebadi: "Il terrorismo si combatte parlando con i giovani musulmani"
Incontro con l'avvocato e pacifista iraniana all'indomani degli attentati di Parigi costati la vita a quasi 130 persone.
"Dobbiamo trasmettere pacificamente il nostro moderno punto di vista alle nuove generazioni.
Solo così eviteremo che i ragazzi si lascino sedurre dal fanatismo"


Di SARA FICOCELLI
15 novembre 2015
   
"Dobbiamo parlare ai giovani. Aiutare i Paesi sottosviluppati a crescere e a uscire dal provincialismo. Nel mondo ci sono milioni di persone che vivono in villaggi poverissimi e sono ridotte alla fame: queste persone sono facilmente strumentalizzabili, non hanno niente da perdere. Gli intellettuali progressisti e non solo mettano il loro sapere al servizio delle nuove generazioni: solo così sconfiggeremo i fanatismi e sradicheremo la violenza".

E' un processo lungo, è un progetto ambizioso, quello di cui parla Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace nel 2003, prima iraniana e prima donna musulmana a ottenere questo riconoscimento. Ma lei ci crede davvero. Lei che per le sue idee liberali e per le sue battaglie favore dei diritti umani è stata perseguitata, privata di tutti i suoi beni e costretta ad abbandonare il suo amato Paese, l'Iran. Lei che ha pagato il peso scomodo delle proprie idee col carcere e col dolore di veder duramente picchiato il marito. Lei che è allergica alle generalizzazioni al punto da non voler sentir parlare di uomini e donne, ma di "esseri pensanti", perché "è col pensiero che si cambia la Storia, la biologia non c'entra".

Abbiamo incontrato l'avvocato e prima donna magistrato in Iran - che oggi vive in esilio autoimposto tra Usa e Gran Bretagna, con il marito e il resto della famiglia ancora a Teheran - in occasione del 15esimo Summit dei Premi Nobel per la Pace, quest'anno a Barcellona il 14 e 15 novembre, organizzato in collaborazione con Mazda.

Ebadi ha inaugurato la due giorni di conferenza insieme ad altri Nobel per la pace come Tawakkul Karman, la "madre della rivoluzione" in Yemen, Mairead Maguire, madrina della risoluzione del conflitto nordirlandese, Lech Walesa, l'uomo che ha dato la libertà al popolo polacco, e altre personalità che hanno cambiato nel segno della democrazia il corso della Storia. All'indomani degli attentati di Parigi, intellettuali e pacifisti si sono riuniti nel palazzo dei congressi della città catalana costretti a prendere atto, con sbigottimento, di quanta strada ancora l'umanità abbia da fare, e di quanti problemi culturali, economici e politici ci siano ancora da risolvere.

Loro, che hanno dedicato la vita a una causa e che in nome di un ideale hanno rischiato di morire o hanno subito il carcere, persino loro sono rimasti impietriti di fronte all'efferatezza della strage che ha colpito la Francia, e alle 129 vittime hanno dedicato un minuto di silenzio, rinunciando a fare brindisi sia a pranzo che a cena per tutte e due le giornate del meeting.

"Ma farsi travolgere dalla paura non ha senso. Non dobbiamo lasciarci intimidire - ha detto ancora Ebadi - piuttosto, cerchiamo di ragionare e di capire a fondo cosa sta succedendo. Ogni tipo di religione, in ogni periodo storico, è stata strumentalizzata in nome del fanatismo, sacrificando milioni di vittime innocenti in modo brutale. Pensiamo alle torture subite da Galileo Galilei, ad esempio, pensiamo alla Storia degli ultimi 500 anni in Europa. Oggi esistono due modi di interpretare l'Islam: uno più arcaico, che è quello dal quale io stessa vengo perseguitata, e uno più moderno, fatto di persone aperte, come me, mio marito, i miei amici. Generalizzare non serve, la religione non c'entra col terrorismo. Sono le persone, con i loro pensieri e le loro azioni, a scegliere la pace o la violenza".

Shirin Ebadi non ci sta neanche a sentir parlare di "democrazia occidentale". Non le piace questa espressione, le sembra sottintenda una qualche presunta superiorità culturale. "Non esiste la democrazia occidentale o quella orientale, esiste la democrazia e basta. Parlare di democrazia occidentale è fuorviante, così come lo è dire che i diritti delle donne sono riconosciuti solo in occidente. Considerare una cultura superiore a un'altra, cercare di imporla: è questo l'errore più grande! Lottare per la pace e la democrazia significa prescindere da questi schemi mentali e pensare che esiste la democrazia, che esistono i diritti, e che è giusto perseguire questi obiettivi a favore di tutti e in tutto il mondo, senza badare alla geografia, senza porre o imporre etichette".

Pochi giorni prima di volare a Barcellona, Ebadi è stata in Tunisia, Paese-simbolo di un Islam moderato, riuscito a portare avanti con coerenza, negli ultimi anni, i principi di libertà rivendicati in piazza con la rivoluzione dei gelsomini, e che proprio a causa di questa "evoluzione" democratica è stato colpito ripetutamente, quest'anno, dal terrorismo. "La Tunisia è un modello da seguire: sono molto grata al popolo tunisino per quello che ha fatto, la loro vittoria è un successo per tutti. Gli altri Paesi arabi guardino e prendano esempio. Io credo che prima o poi sconfiggeremo gli estremismi, il fanatismo e il terrorismo. Sarà il punto di arrivo di un grande processo culturale, i cui fiori già cominciano a sbocciare qua e là". Come i gelsomini, simbolo di primavera e vita che rinasce, oltre la morte e l'orrore.

© Riproduzione riservata
15 novembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2015/11/14/news/shirin_eba_di_il_terrorismo_si_combatte_parlando_con_i_giovani_musulmani_solo_la_cultura_ci_salvera_-127369835/?ref=HREC1-7
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