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Autore Discussione: Veneto, interferenti endocrini nell’acqua potabile hanno contaminato la catena..  (Letto 6087 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Novembre 24, 2015, 06:56:09 pm »

Veneto, interferenti endocrini nell’acqua potabile hanno contaminato la catena alimentare.
I risultati dei campionamenti in decine di comuni del vicentino, veronese e padovano


Beniamino Bonardi 12 novembre 2015   
I Pfas sono presenti in tutta la catena alimentare ma soprattutto nei pesci

Una sessantina di comuni veneti situati in una vasta area tra Vicenza, Verona e Padova, sono vittime da anni di un inquinamento che interessa le acque potabili e di falda probabilmente causata da attività industriali.  Il problema è talmente diffuso che è stato adottato un programma di analisi del sangue su uomini e animali, oltre a un campionamento di alimenti di produzione locale alla ricerca di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) riconosciute come interferenti endocrini correlate a patologie riguardanti pelle, polmoni e reni. Le Pfas sono definite “microinquinanti emergenti” perché sono frutto di un’industria chimica recente e per questo motivo non vengono monitorate dalle indagini di laboratorio condotte di routine.

Le analisi sono state effettuate dai servizi veterinari e di igiene delle aziende sanitarie locali e i risultati dovranno essere ora valutati dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità. La difficoltà di una valutazione effettiva del rischio alimentare e ambientale sta nel fatto che, allo stato attuale, non esistono disposizioni di legge, non solo a livello comunitario, ma anche nazionale o internazionale, che disciplinino la presenza di Pfas negli alimenti. Sono stati individuati valori soglia solo per le acque potabili che però differiscono da paese a paese.
Acqua rubinetto pubblico 87735043
L’acqua inquinata ha veicolato ovunque i Pfas

Il consigliere regionale veneto del Pd Andrea Zanoni ha ottenuto dalla Regione i risultati di 210 campionamenti alimenti, dove i Pfas, che dovrebbero essere assenti, risultano presenti in quasi tutta la catena alimentare, segno che probabilmente l’acqua inquinata le ha veicolate ovunque. Le analisi, focalizzate in particolare su Pfoa (acido perfluoroottanoico), Pfos (perfluorottano sulfonato) e Pfba (Acido PerfluoroButanoico), sono state effettuate su: foraggi, pesci di diverse specie (carpa, trota, cavedano, pesce gatto, scardola, carpa carassio), volatili (pollo, tacchino, fagiano, faraona, anatra), mammiferi (bovini, ovini e vaprini); verdure (insalata, bieta, carote, patate, pan di zucchero, asparagi, ravanelli, radicchio) e uova di gallina.

Nella risposta delle autorità sanitarie indirizzata a Zanoni si legge: “Da una prima valutazione i valori riscontrati per Pfos e Pfoa si presentano più elevati rispetto ad alcuni dati presenti in bibliografia, peraltro ascrivibili a scenari diversi e non associati a specifiche criticità ambientali”. Dalle tabelle allegate emerge che le analisi con valori superiori al livello di attenzione (relative a una contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche con concentrazioni superiori a 1 microgrammo per chilo), si riferiscono in particolare ai Pfos presenti su 33 campioni, mentre gli sforamenti per i Pfoa riguardano 4 campioni e 3 per Pfba.

I campioni positivi al Pfba, per un valore variabile da 1 a 57,4 microgrammi/kg (ug/kg), riguardano: 11 campioni di uova, 10 campioni di pesce, 9 campioni di bovini, 2 campioni di insalata, 1 campione di bieta, foraggio, pollo, fagiano, capra.

Sorprendono in particolare i 57,4 ug/kg di residui trovati in una scarola (pesce) prelevata a Creazzo nel fiume Cassacina, i 18,4 ug/kg di una carpa prelevata a Creazzo, i 33,9 ug/kg di un pesce prelevato nel fiume Fratta a Cologna Veneta e i 21,2 ug/kg su un uovo di un allevamento domestico munito di pozzo di Cologna Veneta.
Interferenti endocrini
La causa della contaminazione potrebbe essere una locale industria

In un’interrogazione rivolta alla Giunta regionale del Veneto, Zanoni ricorda che “l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale (Arpa) del Veneto avrebbe a suo tempo individuato la fonte della contaminazione negli scarichi di una locale industria. I composti del fluoro vengono infatti utilizzati per impermeabilizzare tessuti, carta, contenitori per alimenti”, e chiede “quali azioni urgenti intende avviare la Regione del Veneto affinché siano accertate e rimosse le cause della suddetta fonte inquinante nonché individuate le relative responsabilità al fine di tutelare la salute della popolazione coinvolta e di risarcire i costi sostenuti dalle amministrazioni locali per l’attuazione degli interventi di emergenza ambientale già effettuati”.

Il Ministero dell’Ambiente avverte che Pfos e Pfoa sono due composti chimici persistenti, possono accumularsi e occorrono anni prima che siano eliminati.

© Riproduzione riservata

Da - http://www.ilfattoalimentare.it/veneto-interferenti-endocrini-alimenti.html
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 06, 2017, 02:29:41 pm »

Ecologisti contro cacciatori, la guerra nei Colli Euganei tra cinghiali e speculazione
Veneto, una legge riduce il Parco per allentare i vincoli ambientali
Oggi il Parco regionale dei Colli Euganei si estende su 18 mila ettari. I promotori della nuova legge puntano a ridurne la superficie di due terzi. Il nuovo perimetro sarà discusso entro 3 mesi

Pubblicato il 04/01/2017
Ultima modifica il 04/01/2017 alle ore 01:30
Giuseppe Salvaggiulo

Ambientalisti contro cacciatori, sui dolci pendii lontani «dai tumulti, dai rumori e dalle cure» che Petrarca scelse per trascorrere l’ultimo scorcio di vita e hanno ispirato letterati di tutto il mondo, da Shelley a Foscolo. Un codicillo natalizio inserito nella legge di bilancio della Regione Veneto restringe i confini del Parco dei Colli euganei, estrapolando alcune aree (eufemisticamente definite pre-parco o zone contigue) in cui allentare i vincoli su attività edilizie e caccia. 

Il nuovo perimetro sarà deciso entro 90 giorni. L’obiettivo è ridurre di due terzi la superficie del parco, oggi di circa 18 mila ettari, in cui vivono 50 mila abitanti. Il promotore dell’emendamento, poi votato da tutto il centrodestra, è Sergio Berlato, recordman di preferenze e punta di lancia della lobby dei cacciatori (tra l’altro ha proposto di introdurre nel codice penale il reato di «disturbo e molestie ai cacciatori»).

La norma sostiene la «necessità e urgenza» di cancellare «norme eccessivamente vincolistiche che ingessano il territorio». In particolare, scrive Berlato nella relazione depositata in Regione, bisogna far fronte «a una situazione non più sostenibile» rappresentata «dai danni rilevanti» causati dall’aumento degli animali selvatici, soprattutto cinghiali.

Dodici dei 15 sindaci coinvolti si sono schierati contro, ma non è bastato. «È stata un’imboscata indecente, una cannonata che sbriciola un monumento», lamentano gli ambientalisti del Comitato difesa Colli Euganei in una lettera aperta al governatore leghista Luca Zaia.

I toni riecheggiano quelli del 1968, quando sorsero i primi comitati per tutelare i Colli. L’istituzione del parco, nel 1989, rappresentò uno dei primi casi di successo di mobilitazione popolare a scopo ambientale. All’epoca l’emergenza erano le cave, poi sarebbe diventata il consumo di suolo, che sull’onda dell’industrializzazione ha reso il Veneto una «città continua» di villette e capannoni. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), il consumo di suolo costa ogni anno al Veneto 137 milioni di euro. La superficie impermeabilizzata (edifici, infrastrutture, parcheggi) ha raggiunto il 12,2%. La media italiana è il 7,6%, solo la Lombardia è più cementificata.

Nonostante polemiche, minacce, incendi, tentativi di limitare i vincoli paesaggistici e progetti edilizi sia residenziali che industriali, finora il parco ha resistito. «Assediato» dall’urbanizzazione nelle aree precollinari, in particolare quelle termali, nelle mappe appare ancora un’oasi verde di straordinario pregio e varietà. Diversi intellettuali hanno descritto i Colli con metafore marine, «sorgono isolati come scogli sul mare» scriveva il geologo inglese John Strange nel 1770. E lo stesso Shelley, mezzo secolo dopo: «Sì, molte isole fiorite giacciono/nelle acque della vasta Agonia. / A un’isola così fu stamattina tratta / la mia barca».

Rilievi tra i 400 e i 500 metri si stagliano sulla pianura aprendo luminose insenature, esito di un’originale storia geologica. Monasteri e ville magnifiche punteggiano il paesaggio. Chi vi si addentra lasciandosi alle spalle Padova, dopo una decina di chilometri a Sud, si ritrova avviluppato in «snodi e nodi quasi gordiani creati dalle movenze collinari», come scriveva il poeta Andrea Zanzotto.

I nemici del parco non sono mai mancati: inevitabile, in un territorio assai antropizzato (ma proprio questo è il suo fascino). Gli allarmi sulle conseguenze economiche catastrofiche sono stati smentiti. Un rapporto dell’Ente Parco del 2003 documentava che «i tassi di crescita edilizia sono nella media di quelli della provincia», mentre si sviluppavano nuovi settori: olivicoltura triplicata in 15 anni, riscoperta dei vitigni autoctoni, diffusione del turismo enogastronomico e culturale.

I cinghiali («introdotti illegalmente», denunciano gli ambientalisti) dalla seconda metà degli Anni 90 danneggiano coltivazioni e flora selvatica e provocano incidenti con feriti anche gravi. Perfino il prefetto è intervenuto. Secondo la Coldiretti oggi ce ne sono almeno 4000 e si riproducono del 140-170% l’anno. Il Parco ne ha abbattuti 7.500 negli ultimi anni, ma è una lotta impari: possono operare solo 7 addetti con 41 cacciatori autorizzati a supporto.

Secondo agricoltori, cacciatori e maggioranza di centrodestra, l’unica soluzione è ridimensionare il parco. Secondo gli ambientalisti, bisognerebbe potenziarne le attività, mentre la riduzione del perimetro e dei vincoli sarebbe solo un favore a cacciatori e speculatori. 

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Da - http://www.lastampa.it/2017/01/04/italia/cronache/ecologisti-contro-cacciatori-la-guerra-nei-colli-euganei-tra-cinghiali-e-speculazione-wubk7QYna9eoOSwgBtiDmK/pagina.html
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