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Autore Discussione: José "Pepe" Mujica. Sinistre d'Europa: accettate la sfida  (Letto 2426 volte)
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« inserito:: Luglio 12, 2015, 04:43:22 pm »

José "Pepe" Mujica
Sinistre d'Europa: accettate la sfida

08.06.2015

Il movimento sindacale, le idee socialiste, anarchiche e comuniste, ancor più tutte le idee di progresso, hanno le loro radici in Europa.
È nel vostro continente che sono nati i primi grandi movimenti popolari, i principali propositi di cambiamento sociale.

L'Italia e il suo movimento operaio, la sua singolare esperienza di unione dei contadini, le sue cooperative, le rivolte garibaldine, la lucidità di molti intellettuali liberali e, più di recente, l'eroismo della lotta antifascista e l'insurrezione partigiana, il peso e l'influenza dei suoi due grandi partiti di sinistra, diedero all'interno di questa cornice continentale un contributo di particolare rilievo.


IN BREVE

Perché diventa un personaggio interessante uno come me, un vecchio militante, che cerca di conquistare una vita migliore per i suoi compatrioti?
 
Oggi la sinistra europea guarda con grande interesse al cambiamento sociale di alcuni paesi dell'America Latina perché manca di idee e di proposte
 
Noi stiamo provando a fare la nostra parte, cerchiamo il nostro cammino, ma abbiamo bisogno delle vostre idee, del vostro di cambiare le condizioni materiali e ideali di vita di questa umanità
 
Il movimento popolare uruguayano, i suoi sindacati, i primi organizzatori politici di sinistra, i primi giornali di opposizione sociale sorti nella seconda metà del XIX secolo vennero fortemente influenzati dalle idee e dal coraggio degli operai e dei contadini anarchici e socialisti italiani, che spesso furono in prima persona protagonisti di questi movimenti.

In Uruguay – che per tradizione è sempre stato un rifugio per i perseguitati – sono sbarcati nel corso del tempo anche altri italiani che fuggivano dalle lotte sociali e dalle persecuzioni nei Paesi limitrofi. Lo stesso Giuseppe Garibaldi ha vissuto e combattuto le sue battaglie in queste terre lasciando tracce e ricordi che ancora persistono.

Per questo motivo continua a sembrarmi curioso che un militante sociale di un piccolo Paese sudamericano susciti tanta attenzione, fino al punto di diventare il protagonista del libro di una importante casa editrice che raccoglie la tradizione della sinistra italiana del passato e che vanta fra i suoi autori prestigiosi nomi della sinistra italiana del presente.

Forse il motivo di questo si può trovare nella realtà attuale dell'America Latina, nella sua dirompente crescita economica, nei profondi cambiamenti sociali che hanno portato al governo, in molti suoi Paesi, movimenti di sinistra o vicini al socialismo. Senza dubbio si può anche sostenere che alcuni esperimenti sociali in atto nel nostro continente hanno un carattere rivoluzionario.

Per dimostrarlo basterebbe menzionare la rivoluzione con cui più di cinquanta milioni di brasiliani cominciarono, durante il governo di Lula da Silva, a mangiare tre volte al giorno, trovando accesso all'istruzione e abbandonando lo stato di povertà, per trasformarsi nella nuova classe media. Fu un cambiamento tanto rivoluzionario quanto difficile da comprendere per chi da sempre ha avuto assicurati quei tre pasti.

Fu un cambiamento rivoluzionario il fatto che per la prima volta in cinquecento anni questo continente meticcio avesse una nazione con un presidente indigeno il quale, per di più, dimostrò di essere capace di offrire governabilità, crescita economica e maggiore giustizia sociale a un Paese da sempre soggetto all'instabilità politica, all'ingiustizia e al malgoverno.

L'America Latina sembra aver trovato anche la rotta della propria integrazione. Un continente che è stato educato a guardar fuori, verso l'Europa e gli Stati Uniti, comincia per la prima volta a guardarsi dentro, a scoprire la diversità e la ricchezza dei propri popoli nel processo di integrazione.

Con questa affermazione non intendo sostenere che le differenze fra i Paesi siano scomparse ma, per la prima volta, le nazioni latino-americane stanno cominciando a riconoscere di dover camminare unite, pur nella diversità, accettando il fatto che l'integrazione non è soltanto un imperativo storico, ma anche una ragione di sopravvivenza nel mondo globalizzato in cui primeggiano i grandi spazi economici.

In ogni caso, pur ammettendo queste e molte altre ragioni per spiegare l'attenzione che oggi si rivolge all'America Latina, è legittimo domandarsi se non ci sia anche dell'altro. Perché quel movimento operaio e della sinistra europea, che è stato per tanti anni all'avanguardia, guarda ora con tanta attenzione ai passi difficili e spesso contraddittori che noi latino-americani facciamo, in cerca del nostro progresso sociale e di una vita più degna e solidale per la nostra gente?

Sarà solo per la ricchezza che trovate da queste parti, o non sarà forse per una certa perdita di punti di riferimento nelle vostre proprie ricerche? Perché diventa un personaggio interessante uno come me, che non è altro che un vecchio militante, che ha commesso molti errori e patito molte sconfitte, al di là di quello che è sempre stato l'obiettivo principale: conquistare una vita migliore per i suoi compatrioti?

Perché suscita tanta attenzione il fatto che qualcuno difenda la politica come una passione superiore e pretenda che i governanti diano ai loro popoli un esempio di vita sobria e vicina a quella della maggioranza? Perché fa scalpore che qualcuno lanci l'allarme contro il crescente discredito che, per mancanza di questo esempio, i politici e la politica stanno soffrendo in molti Paesi?

Perché sorprende che un presidente allerti il mondo contro la folle corsa al consumo sfrenato e contro lo spreco, la crisi di governo globale, le gravi minacce all'ambiente, la debolezza delle politiche nell'affrontare la fame e la miseria che ancora patiscono milioni di esseri umani?

In realtà credo che tutto questo susciti attenzione non tanto per il merito di chi propone questi temi, quanto per l'assenza di altre idee, di altre proposte e di altri esempi.

Già da molti anni, ormai, noi che cerchiamo ispirazione per la nostra azione sociale e politica, che vorremmo nutrirci dell'esperienza di coloro che sono già passati per i nostri drammi, non troviamo in Europa quel che sempre vi avevamo trovato in passato.

Talvolta rattrista sentir parlare persone destinate ad altissime responsabilità, che rappresentano Paesi con una profonda tradizione culturale, e verificare una totale mancanza di idee, di lungimiranza, di capacità di comprendere pienamente il mondo in cui vivono, a volte dotate persino di una dubbia caratura morale.

La sinistra, il movimento popolare, gli intellettuali europei, hanno un enorme debito pendente nei confronti dei militanti di tutto il mondo.

In quale altro luogo esiste tanta intelligenza accumulata, a livello d'economia, di ricerca sociologica, di politica e di movimenti sociali, come in Europa? Quali altri Paesi possono essere laboratori migliori per avanzare nella generazione di altre forme di produzione, di altre forme di convivenza che superino lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo? Quali altri Paesi possono essere migliori di quelli in cui lo sviluppo economico e sociale ha raggiunto livelli tanto alti come nella maggior parte dei Paesi d'Europa?

I nostri Paesi latino-americani hanno davanti a sé decenni di lotte per raggiungere livelli di vita e di convivenza che possano essere anche solo comparati a quelli oggi abituali nel Nord Europa, forme di produzione che somiglino a quelle che ho potuto vedere nel Paese Basco o che predominano nella valle del Po.

Noi stiamo provando a fare la nostra parte, cerchiamo il nostro cammino, a volte centriamo il bersaglio, altre volte commettiamo errori, ma abbiamo bisogno delle vostre idee, del vostro impegno, del vostro desiderio di cambiare le condizioni materiali e ideali di vita di questa umanità.

Non potete rifuggire questo impegno, dovete assumere la sfida, pensare, lottare, provare e anche sbagliarvi, ma con lo sguardo rivolto a migliorare la vita dei vostri popoli, a superare questo sistema e questo modello di società, che deve essere cambiato prima che conduca tutti alla catastrofe.

Tradotto in italiano da Cristina Guarnieri

 

Dal Prologo al libro José "Pepe" Mujica, La felicità al potere, a cura di Cristina Guarnieri e Massimo Sgroi, Prefazione di Omero Ciai, Postfazione di Donato Di Santo, traduzione di C. Guarnieri, S. Guarnieri e F. Puzio, EIR editore, Roma 2015.

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