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Autore Discussione: Minoranza PD: sbagliano per cinismo non per stupidità politica dei suoi leader  (Letto 2950 volte)
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« inserito:: Luglio 01, 2015, 06:09:43 pm »

Minoranza PD, Roberto Speranza incoronato leader antirenziano da Pier Luigi Bersani.
L'obiettivo è rifondare il partito

Andrea Carugati, L'Huffington Post
Pubblicato: 27/06/2015 19:03 CEST Aggiornato: 27/06/2015 19:03 CEST

“Il Pd non è solo Matteo Renzi, e non può essere il megafono di palazzo Chigi. Tocca a noi rispondere a chi ci chiede un altro Pd, un’altra visione del centrosinistra”. Roberto Speranza scalda la platea della minoranza dem riunita a Roma a due passi da via Margutta. Cinquanta minuti di relazione in cui l’ex capogruppo alla Camera demolisce 18 mesi di renzismo e s’incarica di prendere sulle spalle quel che resta della sinistra nel Partito Democratico.

Non alza i toni, il mite Speranza, però è molto duro su un partito “diventato somma di comitati elettorali, che s’illude di potersi affidare a un leader, che ha asfaltato tutte le forze intorno e infatti ai ballottaggi i nostri voti non aumentano”. Dal lavoro all’Italicum, dalla scuola alle riforme istituzionali, passando per l’idea di un nuovo centrosinistra, Speranza s’intesta la leadership della minoranza. Alla fine del suo intervento molti delegati si alzano in piedi, lui viene colto in contropiede, si rialza e saluta con la mano, visibilmente emozionato. In prima fila Bersani annuisce, “relazione perfetta, io non ho nulla da aggiungere”. C’è un patto di ferro tra il vecchio leader e il suo delfino, la famosa “ruota che gira”. “E’ il giorno di Roberto”, commenta Bersani, soddisfatto del suo (per ora mezzo) passo indietro.

Speranza ha appena finito di demolire il Pd renziano, “basta picchiare sui corpi intermedi, non esiste un modello con un leader e una moltitudine informe di cittadini”. Usa parole sconosciute all’altro Pd, come “umiltà”, ricorda che oltre a Fassina e Civati “nei territori il fenomeno della scissione è molto più profondo”, lancia a Renzi un avvertimento sui prossimi appuntamenti parlamentari: “Non si può abusare all’infinito del nostro senso di responsabilità, non si può governare dividendo il Paese”.

Nelle prime file Gianni Cuperlo, l’ex sfidante di Renzi alle primarie. Con Speranza sta costruendo una partnership sempre più forte, fino a immaginare un grande evento in autunno per dar vita a una nuova area unificata della minoranza. Un processo ancora in corso, per ora le due correnti non si sciolgono, Cuperlo ipotizza un “patto di coordinamento tra i parlamentari”, poi si vedrà. “Ma il tempo stringe”, avverte.

Per entrambi la decisione di restare nel Pd ormai è assodata, e non più in discussione. L’orizzonte è il congresso del 2017, la costruzione di una alternativa a Renzi, prima sui contenuti e poi sulla leadership, ma è chiaro che in pole position per ora c’è Speranza, classe 1979. E’ proprio lui a lanciare la sfida a Renzi, quella di un appuntamento in autunno per “rilegittimare le scelte che stiamo facendo al governo”. Non è una richiesta di congresso, ma ci si avvicina. “Bisogna chiamare i nostri iscritti a dire come la pensano sui temi principali, dal fisco all’immigrazione alla scuola. C’è uno scollamento tra il nostro popolo e quello che fa il governo, nessuno ha dato a Renzi una delega in bianco fino al 2017”. Il premier-segretario ha già risposto a queste sfide, “dovete aspettare il congresso”. Ma D’Attorre incalza: “Non ha avuto il mandato da nessuno per fare quello che sta facendo, non dagli elettori e neppure dalle primarie”.

La sfida è lanciata e ad oggi appare quasi una mission impossible. Sul tavolo resta il tentativo di una “ripartenza” del Pd, del recupero di” quella fetta di elettori che ci ha voltato le spalle”. Più che ripartenza, sembra la conferma di un partito nel partito, un Pd 2 che si richiama alle parole d’ordine dell’Ulivo. ”Facciamo come Gianni Rivera, lanciamo la palla in una parte del campo dove ora non c’è nessuno e proprio lì potrebbe arrivare un popolo”, suggerisce Cuperlo dal palco. “Il partito della nazione si è spento nelle urne, è stato un errore di calcolo e di visione. E ora abbiamo una leadership fragile e in difficoltà. Tocca a noi indicare la strada, a una sinistra larga che sta dentro e fuori il Pd”.

Nei vari interventi, dall’ex ministro Zanonato a Epifani fino ad Alfredo Reichlin, si coglie la diagnosi di una parabola di Renzi ormai in fase discendente. E di una minoranza cui tocca ricostruire sopra le macerie, tra mille difficoltà. A partire da “un partito da rifondare e un centrosinistra da ricostruire”, spiega Cuperlo. Durissimo Reichlin, che accusa Renzi di “ignoranza e stupidità”, quando ha pensato a “un partito indistinto, personale e trasformista”.

“Se asfalti i valori del centrosinistra poi la gente non ti vota più. Ha giocato con la destra come il gatto con il topo per poi scoprire che nel paese del fascismo non esiste una destra moderata, ma c’è la barbarie”. Reichlin ne ha anche per la minoranza: “Dobbiamo mettere in campo oltre alle proteste e ai voti contrari qualcosa in più, un pensiero politico, che non è un semplice documento programmatico. Bisogna scardinare il blocco sociale che ci governa, che non è Renzi. Serve una forza larga di popolo di centrosinistra, capace di grandi alleanze sociali”.

La ripartenza della minoranza dem dunque è solo all’inizio. Un vagito che può essere facilmente travolto e zittito. Il rischio all’orizzonte è quello dell’impotenza, dei penultimatum. Peggio ancora, quello di finire, fuori dal Pd, “nel ribellismo e nell’irrilevanza”. Speranza avverte: “L’Italicum è pericoloso e va cambiato, altrimenti è necessario un Senato delle garanzie eletto dai cittadini”. Dopo la scuola, sarà questa la battaglia più dura della minoranza prima della pausa estiva. E con Renzi ancora un’intesa non c’è, e neppure una trattativa aperta.

In sala c’è anche Vasco Errani. Dal palco Speranza lo indica come “buon esempio” per le due dimissioni anche di fronte a una condanna poi cancellata. Applausi, lui sorride, si parla di un suo ritorno nelle prime fila della politica dem. Ma l’interessato svicola: “ Dare una mano? Sono qui per questo, lo vedete no?...”. Bersani lascia la sala congressi prima della fine. In strada un gruppo di militanti campani lo accoglie con calore e foto dai cellulari. Si avvicina un ragazzo: “Facciamo un selfie, e scusa se è una cosa un po’ renziana…”. Lui sorride e s’infila in via Margutta: “Questa è la giornata di Roberto…”.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/06/27/speranza-leader-minoranza-pd_n_7678032.html?utm_hp_ref=italy&utm_hp_ref=italy
« Ultima modifica: Luglio 05, 2015, 10:03:40 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Luglio 05, 2015, 10:48:42 am »

Stefano Fassina con Civati e Sel lancia un nuovo progetto politico.
Obiettivo: far nascere una Syriza italiana

Gabriella Cerami, l'Huffingtonpost
Pubblicato: 04/07/2015 16:52 CEST Aggiornato: 04/07/2015 16:52 CEST

Nel petto un sogno: una Syriza italiana. E così i fassiniani, i civatiani, i vendoliani e i reduci di tante battaglie di sinistra, riuniti al Palladium di Garbatella, fanno le valigie per andare a piazza Syntagma. A festeggiare il "no" al referendum greco, insieme ad Alexis Tsipras, se vincerà.

Nella sala romana, in cui si registra il tutto esaurito, non ci sono simboli politici o riferimenti culturali nuovi o vecchi, ma nell'immaginario del partito Fassina-Civati-Sel un primo pilastro esiste ed è corinzio. Da qui, si iniziano a scrivere le prime pagine di un nuovo soggetto politico che debutterà in autunno e guarda, per cominciare, alle elezioni amministrative che si terranno nel 2016 in alcune delle principali città italiane. E forse anche a Roma.

C'è riuscita la Grecia a inventare un'altra idea di sinistra, tornando alle origini ma in maniera nuova, ce l'hanno fatta i cugini spagnoli di Podemos e ora la parola d'ordine è: si può fare anche in Italia. Alla testa della truppa c'è lui: Stefano Fassina. E poi ex Pd come Pippo Civati e Sergio Cofferati; il filosofo Michele Prospero; Alfredo D'Attore e Vincenzo Vita ancora nelle fila Dem ma tentati dalla nuova avventura; big di Sel come Nicola Fratoianni, Arturo Scotto, Massimiliano Smeriglio e Marco Furfaro. In sala si vedono anche Cesare Salvi e il leader di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero.

"Stiamo costruendo un partito di governo che mette insieme la sinistra vera. Quella alternativa a Renzi, che di sinistra non ha nulla". Lo afferma Fassina che finalmente può dire e può ascoltare in sala la parola "compagni", termine che nel Pd gli era stato un po' precluso. In camicia bianca, ma opposta a quella di Renzi, su un palco che sa di Leopolda, ma che è anti-Leopolda, l'ex viceministro fa gli onori di casa della Convention: "Scuola, lavoro, democrazia. Futuro a sinistra". Tante parole per dire: basta Renzi. E nel suo intervento Fassina cita Edoardo Bennato e la celebre canzone "L'isola che non c'è". "E ti prendono in giro se continui a cercarla ma non darti per vinto perché, chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle - esclama Fassina, ma senza armonica e chitarra - forse è ancora più pazzo di... noi!". "Sono convinto - incalza il leader - che possiamo insieme, da qua, raggiungere l'isola che non c'è". Civati, l'ottimista, sostiene che invece "l'isola c'è ed è grandissima". Insomma non c'è isolamento, secondo i nuovi compagni di questa avventura. "Mi sono sentito di famiglia, siamo tra compagni", proclama, e la platea va in visibilio, il rappresentante di Syriza in Italia, Nikolaos Arghiropoulos. Al di là delle aspirazioni, il dato è che Fassina ha radunato il popolo che ha riconsegnato le tessere del Pd. "Non ce ne siamo andati - spiega Civati - per un calcolo o una forma di fastidio, ma per un fatto di sincerità. Quando non condividi i comportamenti e gli stili di un gruppo, corri un rischio terribile: rischi di essere complice".

Se nel pantheon di Matteo Renzi c'è House of cards "più che altro 'House of three cards' perché fa il gioco delle tre carte, noi ci ispiriamo a un'altra serie - aggiunge Civati - ed quella in cui c'è un giornalista repubblicano che decide di raccontare i T-party. Noi dobbiamo fare un'operazione verità e raccontare un'Italia diversa e non quella di una ripresa che in realtà non c'è".

Il filosofo Michele Prospero avverte: "Il dopo Renzi è già iniziato dopo le amministrative. In Emilia è avvenuta la fine di quell'equivoco chiamato Pd". Così prende in prestito le parole di Marx per dire che "il termine partito non mi spaventa. Anzi, come diceva Marx, il primo dovere della classe operaia è costituirsi in partito di sinistra e di popolo. Quindi, ridare una verniciata di rosso alla politica italiana è un'operazione attuale e possibile". E a sinistra "c'è un grande spazio da riempire", dice Cofferati bacchettando la minoranza ancora all'interno del Pd: "Ad esempio, il Jobs Act non è di sinistra". Fassina, la star, sul palco ringrazia, bacia e abbraccia ogni compagno relatore alla fine dell'intervento. E a sorpresa, sfodera un'immagine che non proviene dalle sue letture predilette, quelle keynesiane, e neppure dai discorsi di Papa Francesco che è uno dei suoi idoli di sinistra. Fassina parla invece del protagonista della Grande Bellezza: "Vogliamo evitare la sindrome descritta da Jep Gambardella. Quella del 'vuoto in cerca di contenitore'". Insomma non vogliono essere l'ennesimo cespuglio vuoto, come nella sinistra e fuori dalla sinistra ce ne sono tanti, del micro-partitismo italiano. I contenuti arriveranno. "Un leader ancora non c'è", assicura Fratoianni. Per ora si brinda. "Questa - grida Fassina - è la nostra festa dell'indipendenza. È il 4 luglio, come quello della ricorrenza negli Stati Uniti, di liberazione da una sinistra rassegnata e subalterna". Un grido di battaglia così, in altre situazioni, sarebbe stato accompagnato dallo sventolio delle bandiere rosse. Ma qui i vecchi simboli non servono più e per i suoi nuovi, garantisce Fassina: "Ci stiamo attrezzando".

VIDEO di G. Cerami

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/07/04/stefano-fassina-pippo-civati-sel-syriza_n_7726738.html?utm_hp_ref=italy&utm_hp_ref=italy
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