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Autore Discussione: Lividi, lacrime e accuse dei residenti «I fascisti ci hanno strumentalizzato»  (Letto 2273 volte)
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« inserito:: Agosto 06, 2015, 11:23:29 am »

REPORTAGE A casale di san Nicola (Roma)
Lividi, lacrime e accuse dei residenti «I fascisti ci hanno strumentalizzato»
Dopo gli scontri di venerdì con la polizia al presidio contro il centro migranti, la rabbia degli abitanti della zona: «Noi non siamo razzisti, non abbiamo chiesto aiuto a CasaPound»

Di Fabrizio Roncone

Prima implorano i giornali di occuparsi di loro: poi si ritrovano a pagina 2 e a pagina 3, cronaca dei tafferugli con foto eloquenti d’una squadraccia di CasaPound che li difende da una carica della polizia e allora i giornalisti diventano cialtroni che non vedono e non sanno raccontare.
«Noi non siamo razzisti! Noi proteggiamo solo il nostro territorio dagli extra-comunitari!» (Italia Morichelli, nervosa capetta degli abitanti in rivolta).
«Fate schifo, fate... Avete scritto che abbiamo chiesto aiuto ai fascisti!» (una sua amica).

Comunque i camerati oggi hanno preferito andare al mare. All’inizio di viale Casale San Nicola è rimasto solo un piccolo presidio e l’unico che torna è Giorgio Mori di Fratelli d’Italia, appena scarcerato.
«Io lo denuncio il prefetto Gabrielli, capitooo?».
Si volta uno del presidio: «Datti una calmata e bevi qualcosa di fresco».
«Mhmm... Okay, sì... Che poi, tra l’altro, io sono proprio un soldato, io faccio solo quello che dice il partito, che ordina Giorgia mia» (Giorgia sarebbe la Meloni).

Bandiera tricolore che sventola nel vento bollente («Ma se vi sembra una cosa troppo di destra, la togliamo», ancora polemica la capetta nervosa) e cicale felici su pini bellissimi. I pini costeggiano il viale che venerdì pomeriggio diciannove immigrati hanno percorso a bordo di un pullman scortato da sette blindati, i loro sguardi tra stupore e paura dietro ai finestrini, osservando la bolgia di urla e sputi, pugni mulinati e braccia tese nel saluto romano.

Dopo andremo a parlarci con gli immigrati (l’ex scuola Socrate dove sono stati alloggiati - in realtà un vecchio casale agricolo - è distante e isolata, a tre chilometri da qui: dentro un panorama magnifico, con ville a sinistra e pascoli a destra, cavalli nei recinti, in lontananza le urla dei bambini che si tuffano nelle piscine).

Arriva un signore alto, distinto: Luciano Lupi, manager in pensione, 77 anni, uno dei primi a costruire la propria villa in questo consorzio abitato da borghesia media e anche alta, uno dei coloni che, negli anni Settanta, superarono le siepi all’epoca prestigiose dell’Olgiata e risalirono la via Braccianese.
Si tocca l’orecchio sinistro.
«Perdo liquido, mi sono fatto visitare poco fa all’ospedale di Bracciano».
Una manganellata.
«Sì. Ma i lividi passano, le ingiustizie e le menzogne, no».
Cominciamo dalle ingiustizie.
«Io sono per l’accoglienza, a casa mia lavorano tre romeni, so bene che l’immigrazione è un beneficio, una ricchezza. Però lo Stato non può venirci a scaricare qui cento immigrati, perché da diciannove diventeranno cento, senza spiegarci chi sono, se sono in regola...».
Capito. E le menzogne?
«Non è vero che abbiamo chiesto aiuto ai fascisti di CasaPound. Sono loro ad essere venuti. Cercano visibilità, questa era un’occasione di ribalta. Avrei preferito essere manganellato senza avere il loro aiuto...».

Intanto si è avvicinata una signora.
Non parla, indica solo la gamba sinistra.
Resta in silenzio per un po’, con gli occhi lucidi, mordendosi le labbra.
Poi racconta che è stata presa e buttata a terra: e, mentre era a terra, un agente le ha afferrato la caviglia e l’ha trascinata via, come fosse un sacco. Ha 63 anni. «Mi chiamo Renata Di Giammarco, sono casalinga».
È sicura che fosse un agente?
«Sicurissima! Però, ecco, è giusto anche raccontare che...».
Coraggio, signora.
«Beh, sì, insomma: ho visto anche molti agenti rifiutarsi di caricare e uno è pure scoppiato a piangere. Certi s’erano tolti il casco, eravamo solo donne e uomini anziani. Quelli di CasaPound, all’inizio, se ne stavano in disparte».
È venuto a mettersi in circolo pure il figlio di Luciano Lupi: si chiama Massimo, ha 50 anni, tre figli, fa il medico.

Sentite cosa racconta.
«Un funzionario di polizia, ad un certo punto, ha urlato: “Questi li tritiamo”! Ma, visto che molti dei suoi restavano fermi, s’è arrabbiato e furibondo li ha incalzati: “Ma voi con chi state? Con me o con loro?”».

Uno dei funzionari presenti venerdì in questo viale era Adriano Lauro, responsabile del commissariato «Prati» e anche capo della sicurezza allo stadio Olimpico: ha detto di essere stato colpito da due mattoni e di essersi salvato solo perché aveva indossato il casco. Nel 2001, con un grado inferiore, Lauro era a Genova, in piazza Alimonda, in servizio sul luogo, e nel momento, in cui fu ucciso Carlo Giuliani. Davanti alle telecamere, a caldo, Lauro incolpò un manifestante: «L’hai ucciso tu, con il sasso che hai tirato!».

Due sassi hanno centrato sul serio il pullman degli immigrati, l’altro pomeriggio.
Ammaccato, ha continuato la sua corsa fino a questo casale.
All’ingresso, adesso, un blindato con alcuni agenti piuttosto rilassati. Di fronte all’ingresso, dieci tende (sono i ragazzi di «Nessuno tocchi il popolo», movimento di estrema destra che, da tre mesi, ha allestito il primo campo profughi «per senzatetto italiani»). I ragazzi se ne stanno buoni e fanno i gentili. La recinzione del casale è foderata di tela spessa e impedisce di vedere cosa accade all’interno (dove ci sono due piccoli campi, uno da calcio e uno da basket).

La cooperativa Isolaverde, vincitrice del bando per la gestione del centro di accoglienza, fornisce alcuni dati: gli immigrati arrivano dal Bangladesh, dal Gambia e dalla Nigeria. Il più grande ha 21 anni, il più piccolo 17. Sono tutti stati identificati con le impronte digitali e hanno iniziato il percorso per ottenere lo status di «rifugiato». Per ora, gli è stato vietato di uscire.
Uno di loro si avvicina alla recinzione.
È basso, con una faccia simpatica, ai piedi ha un paio di Nike. Parla un italiano disinvolto.
«Amico mio! Hai una sigaretta?».
Ce l’ha un agente. «Oh, questa è la prima e ultima...».

19 luglio 2015 | 08:32
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_luglio_19/lividi-lacrime-accuse-residenti-fascisti-ci-hanno-strumentalizzato-0933dd30-2ddd-11e5-804a-3dc4941ce2e9.shtml
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