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Autore Discussione: DANIELE MANCA La banda ultralarga Una faida sfibrante e inutile  (Letto 3037 volte)
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« inserito:: Marzo 05, 2015, 04:25:47 pm »

La banda ultralarga
Una faida sfibrante e inutile

Di DANIELE MANCA

Non servono cifre e statistiche, che pure ci sono. Basta allontanarsi da alcune grandi città, tentare di collegarsi via Internet, per stabilire che è meritato il venticinquesimo posto dell’Italia in Europa nella classifica dello speciale indice che valuta il percorso realizzato verso un’economia e una società digitali. Siamo dietro a Bulgaria, Grecia e Romania.

Consola l’annuncio del premier Matteo Renzi, che al prossimo Consiglio dei ministri arriverà il progetto per la banda ultralarga che significa collegamenti più veloci per cittadini e imprese nella misura maggiormente possibile. Ma a questo progetto non può accompagnarsi un decreto che appare come una pistola sul tavolo puntata verso quelle aziende che possono e devono essere protagoniste di questo sviluppo.

Si gettano ombre su un ruolo dello Stato che si fa sempre più pesante nell’economia, che invece di agevolare e dare regole per lo sviluppo, la crescita delle aziende e la creazione di nuove imprese, si sostituisce di fatto all’iniziativa privata. Il provvedimento, che sarebbe ancora sotto forma di bozza, potrà non solo essere cambiato ma persino mutato di segno, accantonato o considerato solo un contributo di qualche consulente. Ma i timori restano.

Prevedere il passaggio dalla rete di rame a quella in fibra ottica per creare Ring (acronimo che sta per Rete italiana di nuova generazione) appare un obiettivo sul quale è difficile non essere d’accordo. Gli speciali cavi ottici permettono una velocità di trasmissione dati (via Internet) che solo da poco è stata raggiunta parzialmente da altri sistemi. Ma è il come farlo che desta più di una perplessità. Imporre la demolizione del doppino di rame secondo una precisa scalettatura dei tempi, significa di fatto stabilire per la società privata che possiede la ragnatela di cavi, Telecom, un’adesione forzata a una strategia decisa nei palazzi del governo. Tra politica industriale e politica aziendale c’è una differenza. La scelta ha conseguenze rilevanti. Il valore della rete nel bilancio Telecom è indicato in 15 miliardi, una cifra che dà la misura di che cosa significa intervenire su di essa.

In modo ricorrente e ossessivo ci ritroviamo così a parlare di nuovo di quell’infrastruttura tecnologica decisiva per lo sviluppo e la competitività del Paese. Sulla rete telefonica posseduta da Telecom, si sono scontrati negli anni poteri forti, governi e partiti. Telecom è stata una privatizzazione nata male e poi gestita peggio. La società ha subito una scalata a sue spese con il risultato che è stata caricata di un indebitamento che ancora oggi la zavorra pesantemente. Vedere però rispuntare la voglia di Stato che gestisce in prima persona i processi economici potrà essere rassicurante per alcuni, ma è il messaggio più sbagliato da indirizzare a un Paese, a un mondo di investitori che hanno bisogno dell’esatto contrario: essere rassicurati sul fatto che i privati, italiani ed esteri, che dispongono di capitali e voglia di intraprendere possono farlo e vengono agevolati per questo.

Telecom ha le sue colpe. Quali che siano state le ragioni o i pesi del passato da sopportare, è una società che negli anni è apparsa ingessata dalla finanza. Più attenta a rendere difficile la concorrenza che a farsi promotrice di un salto tecnologico del Paese. Si porta dietro proprie mancanze e di quanti l’hanno gestita, reagendo solo ultimamente all’impasse. E il governo ha le sue ragioni a considerare tardivo il piano di investimenti che pure aumenta fortemente la spesa per diffondere la tanto agognata fibra ottica. Di sicuro non possiamo permetterci che i due principali protagonisti in un settore così delicato litighino.

Non si può però dimenticare che lo Stato, o meglio una delle sue emanazioni attraverso la Cassa depositi e prestiti, controlla Metroweb. Vale a dire la società che si fa vanto di aver costruito nell’area milanese una, se non la più estesa rete in fibra ottica in Europa e che sta portando avanti un ambizioso progetto di cablaggio di 25 città. Proprio Telecom Italia e Metroweb sono state protagoniste di una trattativa che avrebbe dovuto portare a un’alleanza tra le due società. Sulle modalità di quell’intesa si sono prima scontrati e poi divisi il gruppo privato e Cassa depositi e prestiti.

A distanza di pochi giorni da quella rottura ecco farsi strada l’ipotesi di un piano duro da comprendere. Un decreto che coinvolge pesantemente la rete Telecom che di quell’alleanza prima voleva il 51% (non concesso) e poi ha fatto il passo indietro rinunciando all’alleanza. Non può essere solo un caso. Un progetto sulla banda ultralarga del quale il Paese ha un disperato bisogno, non può trasformarsi da atto di politica industriale in esibizione muscolare di statalismo.

28 febbraio 2015 | 09:11
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DA - http://www.corriere.it/editoriali/15_febbraio_28/faida-sfibrante-inutile-telecom-c870b914-bf12-11e4-911e-3d01b106f698.shtml
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