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Autore Discussione: Virginia Piccolillo. Non sarò un ministro del Sud, né del Nord Sono nato a ...  (Letto 4797 volte)
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« inserito:: Novembre 20, 2011, 04:54:01 pm »

«Non sarò un ministro del Sud, né del Nord Sono nato a Roma: sarò il più neutro possibile»

Catania: «Gli allevatori paghino le multe sulle quote latte. Ritorsione? È la legge»

«La distribuzione delle risorse europee non può essere basata solo sul criterio della superficie agricola »


ROMA - «Non sarò un ministro del Sud, né del Nord. Sono nato a Roma: sarò il più neutro possibile. Ma le quote latte non possono essere considerate un oggetto di ritorsione politica. Ci sono delle regole, vanno rispettate». Da tecnico, Mario Catania, neoministro del dicastero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, dove è entrato 33 anni fa, non si è mai lasciato invischiare in faccende politiche. Da ministro, mentre si accinge alla battaglia finale sulla Pac (la Politica agricola comune europea), tenta di evitarlo ancora. E rassicura la Lega: «Credo che sulle politiche sbilanciate territorialmente ci siano un po' di leggende».

Sbaglia chi nella Lega teme che le quote latte diventino oggetto di ritorsione per il mancato appoggio al governo?
«Mi sembra singolare pensarlo. Come potrebbero? Le disposizioni sono un fatto oggettivo».

Quindi le multe si devono pagare?
«Sono prelievi previsti dalle norme che bisogna applicare. Facendo la massima attenzione però. Sarebbe criminale far pagare sforamenti in presenza di dubbi o errori nelle sequenze applicative».

Il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha aperto agli Ogm. Lei le ha definite «opinioni personali». Non concorda?
«Non c'è nessuna riflessione collegiale. Siamo fermi alla posizione del governo precedente che era molto prudente».
Dopo tre decenni sale alla guida del suo dicastero. E ora?
«Lo choc non è ancora del tutto assorbito. Intanto osservo che prevale un clima positivo».

In Parlamento sì, ma fuori non sembra esserci questo clima positivo.
«Non sta a me rincorrere le frasi dette fuori delle istituzioni. Io sto nel mio recinto».

E cosa farà?
«Mi batterò per un buon esito del negoziato sulla Politica agricola comune. C'è molto da correggere, ma non voglio una rottura. Ne abbiamo discusso stamane (ieri, ndr ) con il commissario Dacian Ciolos, che conosco da 10 anni: anche lui, come me, era un tecnico. E siamo convinti di riuscire. Lui ha detto: "Non si può fare una Politica agricola comune senza l'Italia a bordo"».

Cosa non va per l'Italia?
«La distribuzione delle risorse non può essere basata solo sul criterio della superficie agricola. Noi siamo penalizzati perché in poca superficie produciamo tanto. E poi serve una maggiore attenzione per le aziende».

Ovvero?
«Bisogna limitare i vincoli e gli oneri aggiuntivi. Per evitare le monoculture, ad esempio, l'Europa ci chiede di rendere obbligatorie tre culture diverse in contemporanea. Può andare bene per aziende grandissime, o per chi vuole smettere di coltivare. Ma per chi ha 10 ettari, metterne 7 a grano duro e il resto a sementi diversi è molto costoso e discutibile: è più virtuosa la rotazione annuale».

Che si può fare per evitare di trovare nei supermarket più pomodori del Belgio che nostrani?
«Nella libera circolazione chi ha gambe cammina. Ma certo serve mantenere un sostegno all'agricoltura. Perché se la lasciassimo totalmente alle regole di mercato ne causeremmo il tracollo con l'abbandono del territorio».

Molti hanno già lasciato.
«Lo farebbero molti di più. Con danni incalcolabili per l'ambiente. Dall'alto, dopo l'alluvione, si vedeva la zona con i terrazzamenti agricoli intatta. Il resto era venuto giù. La prima politica ambientale è assicurarsi che l'agricoltore non vada via».

Gli agricoltori lamentano di non avere redditi certi. Anche perché non è più certo il prezzo dei prodotti. Che si può fare per dare una risposta positiva alla questione?
«In effetti negli ultimi 5 anni c'è stata una grande volatilità, con effetti speculativi sulle borse delle derrate alimentari. Se ne è parlato al G20. E, anche se c'è tendenza a evitare interventi della mano pubblica, si è stabilito che qualche paletto andrà messo».

Potrebbe essere un'idea anche per fermare altre speculazioni?
«Non mi avventuro. Io sto al mio».

Virginia Piccolillo

19 novembre 2011 | 9:38©

RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/11_novembre_19/piccolillo_allevatori_5bd98ffe-1283-11e1-b297-12e8887ffed4.shtml
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 26, 2012, 10:39:28 pm »

Fisco
 
I professionisti delle frodi così sono stati rubati due miliardi allo Stato
 
Dallo skipper che ospitò la Kidman al direttore delle carceri
 

ROMA - Non sono rubagalline che lucrano sulle piante di fagioli seminati. Ma «professionisti» del crimine capaci di vendere «pacchetti chiavi in mano»: progetti, piani di investimenti, formazione del personale, macchinari. Tutto falso. Eccolo il profilo dei ladri di fondi comunitari e non solo. Quelli che non soltanto evadono le tasse, ma prendono contributi e scappano. E assieme ai soldi rubano lo sviluppo e il futuro a territori disagiati. È dura la lotta della Guardia di Finanza per bloccare questa emorragia di denaro. Ma i risultati, emersi dal bilancio degli ultimi anni, sono sempre più incoraggianti.

Il trend dei successi cresce. La differenza tra l'ammontare delle frodi scoperte e i sequestri eseguiti è passata dal 21% del 2007 al 40% degli ultimi due anni. Solo nel 2011 sono stati 1.063 gli interventi, 860 le persone denunciate, 1.446 quelle «verbalizzate». Dei 252 milioni di euro indebitamente percepiti, 100 sono stati sequestrati. Dati che rappresentano una buona fetta della lotta contro gli sprechi: quasi 700 milioni di euro di finanziamenti comunitari e nazionali bloccati. Scoperti 17.966 truffatori di pubblico denaro. Danni erariali per 2 miliardi di euro accertati, 4.300 finti poveri smascherati, 277 milioni di euro di truffe al servizio sanitario nazionale individuate.
Una guerra. Combattuta non dietro una scrivania sulla base di banche dati, ma con intercettazioni, pedinamenti e indagini complesse, spesso dalla trama internazionale. Lo spiega il generale Bruno Buratti, capo del 3° reparto operativo: «Puntiamo molto sulla collaborazione dei soggetti istituzionali che erogano i contributi. Da loro arriva sempre più spesso la segnalazione delle aree di rischio che possiamo controllare per bloccare i fondi non dovuti prima dell'erogazione. Aggredire i patrimoni illeciti è la cosa principale. Gli strumenti ce li abbiamo». Certo la norma sull'autoriciclaggio da tutti invocata aiuterebbe.

Lo sanno bene i finanzieri che indagando su un call center di Lamezia Terme si sono imbattuti in un imprenditore torinese al di sopra di ogni sospetto. Figlio di un esponente della Confindustria piemontese, velista, proprietario di uno yacht noto per aver ospitato Nicole Kidman nel film Ore 10: calma piatta . Nelle intercettazioni, però, mostrava un volto molto meno glamour. Aveva ottenuto un finanziamento da 20 milioni di euro per un software «patacca» di gestione del call center. Lo aveva comprato in India, sottoprezzo, ben sapendo che non funzionava (come gli ricordava in una mail l'azienda che glielo aveva venduto). In più svuotava le casse con consulenze fittizie e portava i soldi in Lussemburgo, Delaware, Svizzera e Singapore.

Come? Facile. Basta rivolgersi a chi lo sa fare. «Ce ne sono molti - spiegano al comando generale Gdf -, sempre gli stessi. Una vera regia criminale. Figure che gestiscono decine di società e risolvono ogni problema. Tutto passa attraverso fatture false. Con il nostro approccio investigativo trasversale riusciamo a vedere cosa c'è dietro».

Come nell'operazione «Sparkling» (significa frizzante), dallo champagne con cui si brindava ai finanziamenti illeciti ottenuti. Tutto partiva da uno studio di Cosenza dove un commercialista si avvaleva di legali, funzionari di banche compiacenti e consulenti infedeli. Al cliente veniva venduto il progetto e l'iter fino all'approvazione. Avvalendosi del supporto delle banche, cui venivano presentati documenti anche falsi, e dei consulenti del ministero co-finanziatore che avrebbero dovuto controllare, ma facevano passare tutto. Nelle intercettazioni, in occasione dei collaudi, emergevano le mazzette, gli orologi e i viaggi avuti in cambio. Un migliaio le pratiche andate a buon fine. Non solo sovrafatturazioni. Ma anche imprese fantasma fatte di capannoni vuoti. O truffe alla Totò: un vecchio macchinario per riparare gomme di auto riverniciato e camuffato da quell'apparecchiatura per pannelli solari finanziata. Tra le faccende sbrogliate c'è come portare all'estero i soldi. Ci sono società svizzere che si occupano di questo. Ci si è rivolto un imprenditore calabrese che attraverso una triangolazione aveva trovato una società olandese che gonfiava le fatture di lavori e arredi per il suo hotel molto più modesto di quanto risultasse nelle carte del finanziamento. C'è chi osa di più.

Il responsabile dell'area educativa del carcere di Porto Azzurro costringeva i detenuti a lavorare in nero e faceva figurare corsi di formazione mai tenuti: ora rischia di passare dall'altra parte delle sbarre.

Virginia Piccolillo

26 gennaio 2012 | 9:23© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/economia/12_gennaio_26/professionisti-delle-frodi-rubati-due-miliardi-allo-stato-viginia-piccolillo_be908296-47ef-11e1-9901-97592fb91505.shtml
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« Risposta #2 inserito:: Marzo 04, 2012, 04:50:01 pm »

Il progetto - Le proteste ascoltate nel 2006

Tutte le modifiche al percorso originario

Il tracciato doveva attraversare il Musinè: i No Tav ottennero che non si bucassero le sue rocce ricche di amianto


ROMA - Persino le streghe hanno segnato la storia della Tav. Un'opera pubblica che dal 1991, quando venne ideata in un summit europeo a Essen, ha annoverato progetti e percorsi diversi, scontri e decennali tentativi di compromesso. Il più epocale riguardò la montagna infestata dalle Masche: megere e fascinose giovanette cui i valligiani attribuivano la colpa di qualsiasi disgrazia. Il tracciato del 2001 doveva attraversare il Musinè, rilievo a 18 Km da Torino, ricco di leggende sinistre ravvivate da avvistamenti di Ufo con umanoidi a bordo. Ai No Tav premeva che il tracciato lo evitasse. Ma più che per il timore di disturbare alieni e anime dannate, per la paura fondata di bucare rocce ricche di amianto.

Il tracciato così cambiò sponda. Dalla riva sinistra del fiume Dora, alla destra. Anche perché la linea, all'inizio, ignorava Torino. Racconta l'architetto Mario Virano, commissario straordinario Tav: «L'opposizione a quel progetto, all'epoca univa i comuni della Valle alla regione Piemonte, il comune e la provincia di Torino, perché lasciava fuori il polo di Orbassano, snodo delle merci dirette a Torino. Si pensò a una bretella. Ma siccome costava un miliardo Ferrovie dissero ai comuni: pagatevela».

Si arrivò al dicembre del 2005, la Valle si ribellò, ci furono scontri duri con la polizia. Ricorda Antonio Ferrentino, allora presidente della comunità montana, oggi capogruppo sel in provincia di Torino: «Quel progetto aveva un tracciato assurdo. Era molto impattante perché bucava la vena amiantifera. E tagliava fuori Orbassano, il retroporto di Genova. Riuscimmo a farlo accantonare».

A inizio gennaio 2006 il governo Berlusconi ritirò il progetto. E il sottosegretario Gianni Letta creò un tavolo politico, da lui presieduto, con 6 ministri, Fs, Regione, Provincia e tutte le comunità locali. E l'Osservatorio dove quei soggetti erano rappresentati da tecnici di loro fiducia presieduto da Virano che continua: «Lavorammo per un anno e mezzo per risolvere 4 quesiti informativi. Poi il Parlamento europeo accelerò. O decidevamo subito o avremmo perso i finanziamenti. Ci isolammo all'ex colonia di Pra Catinat a quota 1.760 e il 29 giugno trovammo un accordo. Il governo lo presentò e ottenemmo 700 milioni di euro di finanziamento. Il progetto è stato ultimato nel giugno 2010, ha avuto positiva VIA (Valutazione d'Impatto Ambientale) e sarà ultimato a fine anno. Ci saranno altre due VIA ed entro dicembre 2013 saranno banditi gli appalti dei 700 milioni di cui l'Ue dà il 40% a fondo perduto. Il 57,9% del resto lo mettiamo noi, il 42,1 la Francia».
Ma intanto si parte con il «progetto low cost» e il tunnel di base. Ed esplode la protesta. «Si è deciso di dividere il progetto in fasi - spiega Virano - È un priorità trasformare la linea che ora porta i treni a 1.250 metri di altezza e passa nella galleria Cavour del 1871, che dal 2002 è a senso unico alternato. Il tunnel sarà di 57 km, ma solo 12 in Italia».

Cosa c'è che non va? Lo spiega l'ingegnere Andrea De Bernardi esperto in trasporti, molto citato dai No Tav. «Il partito della spesa, che è forte, sta pensando solo alla galleria. Capisco l'interesse a scavare il buco ma non diciamo che stiamo costruendo il corridoio europeo, perché mancano le condizioni intorno». Le opere compensative? «No, le condizioni base. Il corridoio comprende la linea nuova e la storica esistente. L'Osservatorio si era impegnato a migliorarla. In tre anni non si sono trovati 40 milioni di euro per comprare le locomotive che devono essere più numerose. Non si danno le autorizzazioni per una liberalizzazione del trasporto ferroviario che è stata fatta al Brennero e porta benefici al territorio. Perché?». «Ma il problema più grosso - aggiunge De Bernardi - è lo snodo di Torino. I treni merci passano sotto la stazione. Ci sarà una strozzatura del traffico che porterà in saturazione la rete. È ovvio che ci dovranno essere modifiche al progetto. Ma non sappiamo quali. Nè quanto costeranno. E nessuno parla di questo. C'eravamo arrivati con l'Osservatorio. E ora siamo tornati allo scontro tra No Tav violenti e Si Tav integralisti della spesa cui bisogna dare ragione per forza per ristabilire l'ordine pubblico. Non va bene».

Virginia Piccolillo

4 marzo 2012 | 9:28© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/cronache/12_marzo_04/tutte-le-modifiche-al-percorso-originario-virginia-piccolillo_e215d7a0-65ce-11e1-be51-f4b5d3e60e3d.shtml
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« Risposta #3 inserito:: Febbraio 26, 2013, 04:51:28 pm »

 Da sinistra quasi metà simpatizzanti

Solo uno su dieci aveva votato Pdl

Un quarto nel 2008 aveva votato per il Pd


ROMA — Ma dove è stata più fruttuosa la pesca di Beppe Grillo? A destra o a sinistra? Tra i delusi o gli indecisi? Per rispondere al quesito che sgomenta i partiti può aiutare un’indagine svolta dal Censis in un campione rappresentativo di simpatizzanti del Movimento Cinque Stelle: quelli che venerdì scorso hanno riempito piazza San Giovanni a Roma, alla chiusura dello Tsunami tour elettorale. In gran parte (l’85,5%) già decisi a votare M5S. Scelta però, c’è da dire, definita solo dal 38,4% di «protesta». Per la maggioranza, il 61,6%, descritta come di «speranza». Anzi di fiducia nella possibilità che il movimento possa «risolvere la crisi attuale».

Dai dati Censis l’ondata di piena grillina sembra arrivare da sinistra. Oltre un quarto, il 25,3%, dei partecipanti alla manifestazione, nelle ultime politiche del 2008, aveva votato Pd; il 14,5% Italia dei valori e il 5% Sinistra arcobaleno. Per un totale del 44,8% dei presenti che, occorre specificare, arrivavano per lo più da Roma e dintorni, dunque lontani dall’area di influenza della Lega. Anche al centrodestra però il M5S ha dimostrato di poter sottrarre consensi. Uno su 10, degli intervistati, ha dichiarato di aver votato alle precedenti Politiche per il Pdl di Silvio Berlusconi. Anche se la quota più alta, il 27,5%, affermava di non aver votato per alcun partito. Astenuti.

A voler giudicare dal risultato dei questionari diffusi alla manifestazione, risulta che quasi la metà del popolo grillino, il 48,6%, non si sente né di destra né di sinistra né di centro. Però il 32,7% si definisce di sinistra; il 7,9% di centrosinistra; lo 0,8% di centro; ma l’8,4% di destra e l’1,6% di centrodestra. Del resto le motivazioni fornite dagli interpellati sulla opzione Grillo (erano possibili più risposte) non hanno colore ideologico.

Il 37,7% spiega il voto così: «La politica mi ha deluso »; il 36,6% con «condivido il programma »; il 30,2% con «bisogna dare uno scossone a un sistema marcio»; il 19,9% con «è un movimento che fa partecipare i cittadini». Così, se il 14,3% auspica una «significativa presenza del M5S in Parlamento»; il 7,2% annunciava di votare Grillo «perché è una persona pulita» e il 4,2% «perché vorrei che anche i politici si trovassero in difficoltà come me». Mentre il 3,2% motivava la scelta con la convinzione che «i candidati sono gente nuova e competente». Nell’analisi campione, in sintesi, è risultata una «partecipazione impegnata» alla manifestazione e al movimento. Minoritaria, si legge nel rapporto, era «la presenza in piazza motivata da curiosità o da esclusivo interesse per la dialettica anche spettacolare del leader Grillo, ma senza adesione politica».

Per il 90% dei trentenni e quarantenni la presenza «segnava invece un impegno di partecipazione». Un movimento, dunque, ben determinato e senza voglia di essere etichettato ideologicamente. Ma, conclude il Censis, con una «forte delusione per la politica tradizionale» e intenzionato a «dare uno scossone a un sistema "marcio"» mettendo «in difficoltà i politici giudicati inadeguati».

Virginia Piccolillo

26 febbraio 2013 | 6:11© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/speciali/2013/elezioni/notizie/26-febbraio-da-sinistra-meta-simpatizzanti-piccolillo_c561e1ea-7fc1-11e2-b0f8-b0cda815bb62.shtml
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« Risposta #4 inserito:: Dicembre 24, 2014, 11:19:35 am »

L’Intervista

Cantone: «Corruzione, ora corsia rapida, ma si poteva fare di meglio»
Il presidente dell’Authority Anticorruzione: «Difendo la scelta dell’Anm di farsi sentire su questioni politiche.
Tenga però conto delle cose importanti fatte»


Di Virginia Piccolillo


ROMA Da presidente dell’Authority Anticorruzione, Raffaele Cantone ha evitato giudizi «avventati» sulle nuove norme in arrivo.

Ma ora che l’Associazione nazionale magistrati, di cui lei è stato dirigente, critica il premier, presidente Cantone: ha ragione Renzi o l’Anm?
«Sono iscritto all’Anm da quando ero uditore. Sono stato presidente di quella napoletana. Non ho mai pensato di stracciare la tessera. E difendo la scelta dell’Anm di far sentire la propria voce, non solo sul piano strettamente sindacale, ma su questioni politiche».

Però?
«Non era una mera premessa. Ci credo davvero. È già accaduto nel passato per la lotta alla mafia».

Detto questo?
«Detto questo la critica al singolo disegno di legge, di cui ancora nessuno per altro ha letto il testo, credo non tenga conto che il governo in questo anno ha fatto cose importanti».

Si riferisce alla sua Authority?
«Veramente mi riferivo al fatto che abbiamo finalmente il reato di autoriciclaggio e che contro il voto di scambio politico-mafioso abbiamo un testo di legge che il capo della Direzione nazionale antimafia ha definito perfetto».

Aumentare le pene per la corruzione non basta dice l’Anm. Se il ddl è come gli annunci, le piacerà?
«Poteva essere qualcosa di meglio. Però è un passo avanti rispetto al passato. La valutazione deve essere complessiva, altrimenti si sbaglia la prospettiva».

Non sarebbe stato meglio un decreto?
«No, penso che il disegno di legge sia una scelta corretta non solo perché in materia penale è meglio, ma anche perché il testo può essere arricchito in Parlamento».

E se si arena di nuovo?
«No, il governo deve attivarsi per una corsia che sia più veloce possibile. È assolutamente urgente».

Tecnicamente l’intervento sulla prescrizione è debole?
«La prescrizione va modificata. Questo è certo. In commissione Giustizia, fra l’altro presieduta da una ex magistrato, c’è un testo di riforma assolutamente positivo. In questo senso la scelta del ddl è corretta. Così pure sarebbe meglio ampliare lo strumento per fare emergere la corruzione con misure premiali per chi collabora. E poi c’è da fare un intervento sulle intercettazioni».

In quale direzione?
«Utilizzare la stessa normativa dei reati di mafia. In parlamento poi il testo si può arricchire con la riforma del falso in bilancio, la prescrizione, il codice degli appalti. Sono tutte riforme che, volenti o nolenti, sono già all’esame delle Camere».

Renzi ha chiesto ai magistrati meno parole e più sentenze. Da ex pm come l’ha vissuta?
«I processi troppo lunghi sono frutto di errori normativi che si accorpano a défaillance organizzative. La magistratura, se è corretta, lo deve dire. Non dipende dal singolo magistrato, ma un pezzo di responsabilità è anche nella organizzazione degli uffici».

Tutti usano la sua nomina all’Anticorruzione come prova delle buone intenzioni del governo. Come vive la cosa?
«Un po’ mi inorgoglisce, un po’ mi spaventa».

Non teme di diventare una sorta di «foglia di fico»?
«Non sono Superman. Gli strumenti che sono stati forniti all’Authority sono importanti. Era composta da 20 persone, ora da 300. Ma se qualcuno pensa che in tempi brevi possiamo risolvere un problema così enorme è fuori dal mondo. Le responsabilità me le prendo tutte, ma non voglio portarmi sulle spalle fardelli che non mi competono».

Ma cosa spera di poter riuscire a fare?
«Alcuni piccoli passi sono stati fatti. Lo abbiamo visto in alcuni passaggi della vicenda Mose, per la prima volta si è potuto commissariare il Consorzio Venezia Nuova. O nella vicenda Expo. In sei mesi abbiamo dato una diversa impostazione della vigilanza sugli appalti e le stazioni appaltanti. Certo non ho la bacchetta magica».

Pensa che la vicenda Mafia Capitale possa accelerare una soluzione o no?
«Ha causato una grande indignazione. Ma noi siamo il Paese delle monetine e dei cappi, però dopo un po’ la gente si stanca e tutto torna come prima. Noi non abbiamo bisogno di indignazione, ma di impegno costante».

Pensa davvero che dipenda dagli italiani e non da chi ha ruoli di responsabilità?
«La corruzione è un tassello di un affresco più ampio. Ciascuno deve fare la propria parte».

22 dicembre 2014 | 08:23
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/cronache/14_dicembre_22/cantone-corruzione-ora-corsia-rapida-ma-si-poteva-fare-meglio-9636597e-89aa-11e4-a99b-e824d44ec40b.shtml
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