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Autore Discussione: Il Cavaliere assediato pensa a Casini e incassa il no di Marcegaglia  (Letto 2780 volte)
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« inserito:: Maggio 16, 2010, 12:03:09 pm »

RETROSCENA

Il Cavaliere assediato pensa a Casini e incassa il no di Marcegaglia

Timori di nuovi colpi giudiziari.

Il premier: "Per aprire all'Udc voglio il sì di Bossi".

E il presidente di Confindustria rifiuta il ministero di Scajola

di CARMELO LOPAPA


ROMA - La condizione del boxeur all'angolo del ring è quella che il premier Silvio Berlusconi trova insopportabile come poche altre. Stretto dal cerchio giudiziario che sembra stringersi attorno ai collaboratori più vicini, di partito e di governo, incalzato dal colpo di coda della crisi finanziaria internazionale che lo costringerà a una manovra lacrime e sangue da 25 miliardi di euro, il presidente del Consiglio si ritira a Milano e mette a punto in solitudine una exit strategy tutta politica.

"La prossima settimana chiederò a Umberto di farsi carico con me del sacrificio di un'apertura della maggioranza. Dobbiamo proporre un patto all'Udc di Casini, ci occorre una base più ampia per affrontare la crisi economica e un'eventuale escalation giudiziaria. Soprattutto ci spianerebbe la via delle riforme". Così spiegava ieri il Cavaliere a chi lo ha sentito da Arcore. Il capo del governo non vuole prendere nemmeno in considerazione l'idea di un governo di "unità nazionale" quale è stato prospettato nei giorni scorsi dal leader centrista e che inizia a far breccia perfino tra qualche popolare del Pd (Fioroni). Ma al tempo stesso Berlusconi è sempre più convinto che occorra dare una scossa, una svolta che consenta a lui e alla maggioranza appunto di uscire dall'angolo, anche a costo di dar vita a un complicato maxirimpasto. La scialuppa di salvataggio dei centristi, semmai dovesse arrivare in porto, gli consentirebbe per altro di "rimpiazzare" l'ala sempre più recalcitrante dei finiani. "Casini dentro e Fini fuori? Potrebbe essere l'esito di un percorso politico e la diretta conseguenza di quello che sta avvenendo" ragiona il vicepresidente dei senatori Pdl, Gaetano Quagliariello.

Ma i propositi del leader Pdl rischiano di infrangersi contro due ostacoli. Il primo è la riluttanza dell'alleato Bossi nei confronti del "democristiano" Casini, ritenuto ormai ex alleato "infido" e acerrimo avversario del Carroccio. La mission dell'incontro a inizio settimana col Senatur è quasi improba. Ma il secondo ostacolo sembra essere ancor più insuperabile: il rifiuto già ventilato dall'ex presidente della Camera. "Mi spiace per Silvio, ma non sono interessato a fare da stampella" ragiona in queste ore Casini. "Sarebbe trasformismo che la gente non accetta, degradante per noi e per la stessa maggioranza" ha chiuso lo stesso leader Udc davanti alle telecamere del Tg2. Il suo refrain non cambia: al premier, a suo dire, non resta che lanciare un appello all'opposizione, perché "o andiamo tutti nella stessa direzione o rischiamo di andare a fondo, dietro l'angolo c'è la Grecia".

Il fatto è che la tenaglia finanziaria allo studio di Tremonti cammina di pari passi con quella giudiziaria, in queste ore, negli incubi del Cavaliere. Alimentati dai boatos che parlano di nuovi passi avanti che potrebbero scandire le inchieste sui grandi appalti, di posizioni che potrebbero farsi più delicate, giusto per gli uomini più vicini all'inquilino di Palazzo Chigi. Quella del coordinatore Verdini, ad esempio. Mentre ieri è tornato nel mirino il ministro Bondi per l'affare relativo alle nomine agli Uffizi ("Infamie" dice lui). Come pure non è ancora chiaro a Palazzo Chigi cos'altro emergerà sul capo della Protezione civile Bertolaso, da Perugia a Napoli. Per non dire del governatore sardo Cappellacci, figlio del commercialista del premier e da lui fortemente voluto alla guida di quella Regione, chiamato in causa per l'eolico.

Ecco: il timore, raccontano nella cerchia ristretta, è che lo slogan "chi ha sbagliato pagherà" lanciato da Berlusconi, e perfino l'annunciato ddl anticorruzione, possano rivelarsi tardivi e superflui di fronte a una crescente insofferenza dell'opinione pubblica nei confronti di ipotetiche malefatte degli uomini di più stretta fiducia del presidente del Consiglio. Un sondaggio Sky di ieri attestava come l'88 per cento dei votanti, nove su dieci, si dica "arrabbiato" per quanto sta emergendo dall'inchiesta sui grandi appalti. E a Berlusconi è assai chiaro come tutto questo stia determinando ripercussioni dirette sulla fiducia nel governo. Gli ultimi sondaggi riservati che gli hanno consegnato farebbero registrare un calo di consensi pari al 3-4 per cento.

In tutto questo, ci sarebbe anche il posto del ministro Scajola da ricoprire. L'ultima ad essere contattata personalmente dal premier, che detiene ad interim lo Sviluppo economico, è stata Emma Marcegaglia. La presidente di Confindustria lo ha ringraziato, come nei giorni scorsi avrebbe fatto Montezemolo, preferendo anche lei restare al suo posto.

(16 maggio 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/05/16/news/no_marcegaglia-4094818/
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