Malati d’Europa e sorvegliati speciali
Di Francesco Daveri
Sono passati tre anni dall’estate 2011 quando l’Italia iniziò a precipitare arrivando a far temere un default, vale a dire la possibile incapacità di restituire il debito. Divenne così una sorvegliata speciale che dovette sottoporsi a un drastico aggiustamento di bilancio attuato dal governo Monti con il decreto Salva Italia a cavallo del 2011 e del 2012.
Da allora, il deficit non si è azzerato ma perlomeno è rimasto sempre sotto il vincolo europeo del 3% rispetto al Prodotto interno loro (Pil); mentre il debito pubblico, anche in conseguenza dei contributi versati dal nostro Paese ai fondi salva stati dell’Europa, ha continuato ad aumentare fino a sfiorare il 135% del Pil. Sempre da quei mesi terribili è scomparsa la crescita che era riapparsa timidamente nel 2010-11.
A differenza che nel 2008-09, gli anni della grande crisi, quando fu tutto il mondo occidentale a far registrare valori del Pil in picchiata, l’Ocse ci dice che nel 2014 l’Italia sarà l’unica nota stonata nei G7 e negli altri grandi Paesi occidentali. Saremo l’unica nazione con crescita negativa, e quindi ancora una volta sorvegliato speciale, ma per una ragione diversa. Prima lo eravamo perché ogni anno spendevamo più di quanto riuscivamo a coprire con le entrate dello Stato.
Oggi perché l’aritmetica del deficit non basta più: rispettiamo il vincolo europeo, ma ci serve la crescita. Nonostante gli annunci e le tante parole i governi precedenti e quello attuale hanno mostrato di non affrontare con la necessaria determinazione il tema dello sviluppo. Senza di esso i conti pubblici si avvitano. Se si continua ad attardarsi con le riforme (da attuare e non solo approvare), se la crescita non diventa la priorità sotto la quale iscrivere qualunque azione di governo l’Italia rimarrà inchiodata allo stupido vincolo del 3 per cento.
Un vincolo che sta strozzando l’economia italiana. Ma non per colpa della Germania o dell’Europa cattiva, quanto per il modo da ragionieri con il quale abbiamo inteso rispettare il 3 per cento. Paesi che non crescono, a lungo andare, non riescono a far fronte ai loro impegni di rimborso del debito, anche se apparentemente tengono a bada i loro conti anno per anno. Una lezione della storia che abbiamo dimenticato.
16 settembre 2014 | 11:45
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