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Autore Discussione: Ricardo Franco Levi. Le riforme che rischiano di peggiorare la crisi  (Letto 2251 volte)
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« inserito:: Dicembre 07, 2014, 05:23:36 pm »

‘Falsi miti
Le riforme che rischiano di peggiorare la crisi
Non è la perdita di competitività il problema dell’economia italiana, ma la debolezza della domanda interna.
Politiche tese a incoraggiare investimenti e innovazione non devono passare da taglio dei salari e aumento della precarietà

Di Ricardo Franco Levi

L Italia è sotto esame. Proprio ieri Standard & Poor’s ha declassato il nostro Paese. Nei rapporti che riassumono i risultati delle osservazioni di istituzioni europee e internazionali, delle principali banche del mondo e delle agenzie di rating, sul banco degli imputati finiscono immancabilmente due fattori: l’alto livello del debito pubblico e la perdita di competitività del settore produttivo.

Sul primo punto c’è poco da obiettare. Sul secondo, invece, c’è molto da dire: perché indica che le imprese italiane sono incapaci, o sempre meno capaci, di vendere i propri prodotti sui mercati esteri, di reggere confronti con i concorrenti stranieri.

Ma è questo che dicono le cifre?
Guardiamo agli scambi con i Paesi che non appartengono all’Unione europea. Nei dodici mesi che vanno dall’ottobre dell’anno scorso all’ottobre di quest’anno il saldo tra quanto abbiamo esportato e quanto abbiamo importato è positivo per 20 miliardi. Se togliamo acquisti e vendite di energia, la differenza è quasi tre volte tanto, poco meno di 54 miliardi. Un dato, quest’ultimo, che non è il frutto - come pure si potrebbe pensare considerando il perdurare della crisi della nostra economia - di un calo delle importazioni che, anzi, sono cresciute del 7,5 per cento.

L’analisi dei dati potrebbe essere molto più approfondita, ma quanto abbiamo visto basta per mettere in dubbio l’immagine di un’Italia che avrebbe perduto la propria capacità di imporsi sui mercati internazionali con i propri prodotti.

Certo, a partire dal 2008 abbiamo passato anni terribili: al punto che letture impietose dei dati porterebbero a concludere che da allora la nostra economia abbia imboccato una strada in discesa senza alcuna interruzione, neppure per un singolo trimestre. Ma imputare questa penoso sviluppo - anzi, questa assenza di sviluppo - alla «perdita di competitività» delle nostre produzioni appare discutibile.

I forti incrementi registrati nel mese di ottobre nelle vendite verso la Turchia, gli Stati Uniti, la Cina e l’America Latina sono il segno di un apparato produttivo capace di cogliere le opportunità offerte dalla domanda estera quando e là dove questa si manifesta più sostenuta.

Una rilettura come quella proposta non è priva di conseguenze: sia nei rapporti con tutte le istituzioni e i soggetti che si applicano sui nostri conti - a partire dal primo e principale dei nostri vigilanti, cioè l’Unione europea - sia nella definizione delle strategie di politica economica da adottare in casa nostra.
Se a soffocare le nostre possibilità di sviluppo non è - o almeno non è nella misura che viene raccontata - la nostra mancanza di competitività, cioè la nostra capacità di vendere le nostre produzioni sui mercati internazionali sfruttando la domanda estera, ma è, invece, l’impossibilità di produrre per e di vendere sul mercato italiano per la mancanza di una domanda interna, allora qualche interrogativo e qualche aggiustamento è lecito.
Politiche tese a incoraggiare lavoro, investimenti e innovazione, cioè disegnate per sostenere l’offerta, non dovrebbero al medesimo tempo indebolire la domanda. «Questo - scrive Martin Wolf, primo editorialista economico del Financial Times - è uno dei problemi delle consuete raccomandazioni sulla riforma del mercato del lavoro, che prevedono di ridurre i salari ad una larga parte degli occupati e di permettere ai datori di lavoro di assumere e licenziare con più facilità». «Le riforme - conclude Wolf - dovrebbero promuovere la domanda. È per questo che l’eurozona dovrebbe adottare una strategia equilibrata, evitando di affidarsi in modo eccessivo alle riforme strutturali». Difficile non essere d’accordo.

7 dicembre 2014 | 10:47
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Da - http://www.corriere.it/economia/14_dicembre_07/riforme-che-rischiano-peggiorare-crisi-67e048a2-7df0-11e4-9639-7f4a30c624ee.shtml
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