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Autore Discussione: Luciano Floridi Il diritto all’oblio  (Letto 2330 volte)
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« inserito:: Settembre 10, 2014, 11:20:00 pm »

Il diritto all’oblio

10/09/2014
Luciano Floridi *

Oggi a Roma si riunisce l’Advisory Council di Google sul «diritto all’oblio», di cui faccio parte. Incontreremo pubblicamente esperti di diversi settori per raccogliere opinioni e ricevere suggerimenti sulla recente sentenza della Corte di Giustizia Europea sul cosiddetto «diritto all’oblio». 

La controversia è nota. La Corte ha stabilito che il gestore di un servizio di motore di ricerca è responsabile del trattamento dei dati condotto su informazioni personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi. Quindi, se la persona alla quale queste informazioni si riferiscono lo richiede, e se queste informazioni sono ritenute «non adeguate, irrilevanti o non più rilevanti», il gestore del motore deve rimuovere il link con cui le rende accessibili sulle proprie pagine. Nel caso in questione, relativo al signor Mario Costeja González, Google ha dovuto rimuovere il proprio link a un trafiletto che pubblicizzava la vendita di un immobile legalmente pignorato al signor Costeja e messo all’asta. Era stato pubblicato sul giornale «La Vanguardia» nel 1998. L’annuncio era diventato disponibile tra i primi risultati ottenuti digitando «Mario Costeja González» sul motore di ricerca.

La rimozione di un link a un trafiletto pubblicato 16 anni fa sembrerebbe un’inezia. E invece, è stata la scintilla che ha innescato un dibattito enorme, su un tema cruciale, che sta definendo la nostra epoca. Come si possono conciliare privacy e libertà di parola nella società dell’informazione? Sono due diritti ugualmente fondamentali, ma che si incastrano tra di loro meno facilmente nel contesto delle tecnologie digitali. Vorremmo che le informazioni personali si sedimentassero gradualmente, per favorire lo sviluppo e il benessere dell’individuo (diritto alla privacy). Ma vorremmo anche poter accedere in modo facile, affidabile e non filtrato a tutte le informazioni legalmente disponibili (diritto alla libertà di parola, inteso come il diritto di poter fornire e ricevere informazioni non illegali). 

Parlare di «diritto all’oblio» è fuorviante. Il trafiletto sul Sig. Costeja è legalmente disponibile sul sito del giornale, la relativa pagina web non è stata rimossa o bloccata. È ancora raggiungibile facilmente da qualsiasi motore di ricerca non europeo (per esempio google.com), perché la sentenza si applica solo all’Europa. Tuttavia, per le stesse ragioni, parlare di «censura» è esagerato. Tra l’altro, è stato il Sig. Costeja a richiedere la rimozione del link, non qualche regime estremista.

La sentenza è stata criticata sul piano legale. Personalmente, concordo con l’opinione dell’Avvocato Generale, il finnico Niilo Jääskinen, che non riconosceva il ruolo di «data controller» a un gestore di un motore di ricerca. Sul piano logico, la sentenza si basa su una difficile interpretazione di che cosa significhi per un’informazione essere «non più rilevante». Tutto può essere rilevante, a seconda della domanda formulata e dell’interesse che la motiva.
Sul piano pratico, ho indicato sopra come la sentenza sia poco efficace. Purtroppo, quando ha qualche efficacia, si presta ad abusi da parte di chi ha le risorse e l’interesse per richiedere a tutti gli operatori di motori di ricerca in Europa la rimozione di ogni link rilevante. Infine, paradossalmente, la sentenza ha finito per costringere i gestori di motori di ricerca ad esercitare di fatto il ruolo di custodi dell’accessibilità online. Oggi è Google che decide quali link debbano essere rimossi sulla base delle richieste ricevute. 

Per queste ragioni, resto scettico sul valore della decisione. Tuttavia, la Corte ha avuto il merito di far emergere, nella sua complessità e importanza, un problema cruciale e irrisolto della nostra cultura digitale. Va poi riconosciuto che è facile criticare la sentenza, ma è difficile capire come si possa fare di meglio per bilanciare privacy e reperibilità dell’informazione. Per questo c’è bisogno di buona volontà e collaborazione da parte di tutti gli interessati. Il dibattito non deve essere impostato come uno scontro tra vincitori e vinti. Dobbiamo dialogare costruttivamente per convergere su una soluzione soddisfacente. 

Nel corso degli incontri che ci porteranno, dopo Madrid e Roma, a Parigi, Varsavia, Berlino, Londra e infine Bruxelles, spero che raggiungeremo due obiettivi. Individuare i principi fondamentali per armonizzare il diritto alla privacy con l’accessibilità dell’informazione online. E formulare le procedure soddisfacenti per concretizzare questa armonizzazione. Sembra un’antinomia irrisolvibile, ma forse è per questo che serve anche un filosofo nell’ Advisory Council.

* Professore Ordinario di Filosofia e Etica dell’Informazione presso l’Università di Oxford e membro dell’Advisory Council di Google sul «diritto all’oblio» 

Da - http://lastampa.it/2014/09/10/cultura/opinioni/editoriali/il-diritto-alloblio-5FI7Uw291pKkCbmoC3rrKJ/pagina.html
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