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Autore Discussione: Andreotti e il ministro libico confermano "Craxi avvertì Gheddafi del ...  (Letto 2956 volte)
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« inserito:: Ottobre 31, 2008, 02:52:57 pm »

ESTERI

Per la prima volta viene detto modo chiaro, e in pubblico, che nell'aprile del 1986 un messaggio del presidente del consiglio italiano salvò la vita al leader di Tripoli

Andreotti e il ministro libico confermano "Craxi avvertì Gheddafi del bombardamento Usa"

di VINCENZO NIGRO


ROMA - Giulio Andreotti e il ministro degli esteri libico Abdurrahman Shalgam raccontano una storia che più volte è stata scritta, ma mai confermata in modo così chiara e autorevole: il governo italiano avvertì il colonnello Gheddafi che il 14 aprile del 1986 la US Navy avrebbe attaccato Tripoli per punirlo degli attentati che la Libia aveva messo a segno anche contro militari americani in Germania. "Sì, quell'attacco americano era un'iniziativa impropria", ha detto stamattina Andreotti partecipando a un convegno organizzato alla Farnesina, "e credo proprio che dall'Italia partì un avvertimento per la Libia".

In effetti Bettino Craxi, all'epoca presidente del Consiglio, chiese al suo consigliere diplomatico Antonio Badini di avvertire l'ambasciatore libico in Italia, quell'Abdurrahman Shalgam che oggi è il ministro degli Esteri di Gheddafi. E infatti stamane Shalgam ha confermato la storia: "Craxi mi mandò un amico per dirmi di stare attenti, il 14 o il 15 aprile ci sarà un raid americano contro la Libia". Il ministro libico aggiunge che fu proprio grazie a questo avvertimento che probabilmente il leader libico Muammar Gheddafi si salvò. Craxi informò la Libia "due giorni prima dell'aggressione, forse l'11 o il 12 ci disse di stare attenti e che l'Italia non avrebbe permesso di usare il mare e il cielo" agli americani per condurre il raid.

Perché allora, nonostante il gesto italiano, la Libia rispose bombardando Lampedusa, chiedono i giornalisti a Shalgam: "Perché - risponde Shalgam - gli Stati Uniti usarono Lampedusa, la Libia reagì contro gli Stati Uniti non contro l'Italia".

Andreotti e Shalgam stamane partecipavano a un convegno organizzato al Ministero degli Esteri dalla fondazione guidata dall'ex ministro degli Interni Beppe Pisanu. Durante l'incontro il ministro degli Esteri Franco Frattini ha confermato che il governo italiano vuole approvare e poi far ratificare dal Parlamento al più presto l'Accordo di amicizia e partenariato che Berlusconi e Gheddafi hanno firmato a Bengasi il 30 agosto. "Spero che il Consiglio dei ministri adotterà il disegno di legge di ratifica presto", ha detto il ministro. Il processo di ratifica parlamentare dovrebbe poi seguire, secondo il capo della diplomazia, senza particolari ostacoli, perché quella dei rapporti tra Roma e Tripoli è "una questione su cui tra maggioranza e opposizione non ci sarà scontro". Per Frattini stringere i tempi è necessario, non soltanto per un'attuazione rapida dell'intesa, ma anche per dare un "segnale di amicizia" ai libici.

(30 ottobre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Novembre 01, 2008, 12:34:39 pm »

Andreotti rivela: «Salvammo Gheddafi dal raid americano»

 di Eric Salerno


ROMA (31 ottobre) - Pensare al futuro ma non dimenticare il passato: sono le parole di Giulio Andreotti a conclusione di un convegno in cui Saif al Islam al Gheddafi, il figlio del leader libico, i ministri degli Esteri di Roma e Tripoli e personalità dell'industria e della finanza hanno esaltato il trattato firmato a fine agosto. E nel passato dei nostri due paesi, oltre al colonialismo, c'è anche il gesto di notevole valore politico con cui nel 1986 l'allora premier Bettino Craxi salvò Gheddafi avvertendolo dell'imminente attacco americano contro il suo paese. L'episodio è stato rivelato nel dettaglio dal capo della diplomazia libica Mohammed Abdel-Rahman Shalgam, all'epoca ambasciatore a Roma. «Non credo di svelare un segreto se annuncio che l'Italia ci informò il giorno prima del 14 aprile 1986 che ci sarebbe stata un'aggressione americana contro la Libia».

L'attacco ordinato da Reagan voleva essere una rappresaglia per un attentato in una discoteca di Berlino, La Belle, frequentata da militari americani e attribuito ad agenti libici. Tre soldati morirono. Rimasero feriti 250 tra avventori e passanti. L'aggressione Usa, secondo la versione ufficiale, fu decisa senza consultare gli alleati europei ma che qualcosa stesse per succedere era chiaro a tutti. La flotta americana nel Mediterraneo si era spostata verso le coste libiche e cacciabombardieri arrivati dagli Stati Uniti erano stati segnalati in Gran Bretagna. L'Italia (e la Spagna) fece sapere a Washington che non avrebbe permesso l'uso delle basi Nato per l'attacco e gli F-111 nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1986 decollarono da Lakenheat e Upper Heyford. A Tripoli furono colpite installazioni militari, la caserma Bab el Azizia dove si trovano gli uffici e la residenza di Gheddafi e alcuni quartieri civili; a Bengasi una caserma e una base militare. I morti furono una ventina, tra cui una figlia adottiva del leader. Gli edifici sventrati nella caserma di Bab el Azizia sono stati a lungo conservati come ricordo di quella notte.

«Gli Stati Uniti usarono la base di Lampedusa, ma contro la volontà del governo italiano perché Roma era contraria all'uso dei cieli e dei mari per l'attacco», ha aggiunto Shalgam che aveva ricevuto da un «amico italiano» mandato da Craxi - forse il consigliere Antonio Badini - l'annuncio dell'imminente bombardamento. Sull'isola c'era un centro civile di controllo dello spazio aereo contro il quale furono lanciati due missili libici che finirono in mare. Più che una risposta militare, secondo quanto ebbe a dire qualche anno fa il senatore (Sdi) Cesare Marini, era «una finzione, un modo per coprire l'amico italiano». Andreotti (agli esteri nel governo Craxi) nel confermare le rivelazione di Shalgam ha definito i bombardamenti su Tripoli e Bengasi «un'iniziativa del tutto impropria, un errore di carattere internazionale».

Da allora sono passati molti anni e le relazioni tra Tripoli e Washington si sono quasi normalizzate. «Non siamo amici - ebbe a precisare recentemente Gheddafi - ma possiamo lavorare insieme». Con l'Italia, come ha rilevato il senatore Giuseppe Pisanu organizzatore con Saif al-Islam al Gheddafi del convegno, c'è invece un rapporto privilegiato. E il figlio del leader ha spiegato il senso del trattato: «Il colonialismo appartiene al passato e possiamo parlare di futuro, che tra Italia e Libia non è fatto solo di petrolio e gas». «Vorremmo che artigiani ed esperti italiani nel settore dei servizi possano tornare in Libia per aprire piccole e medie imprese. Insomma - ha concluso - vorremmo che esistesse di nuovo una comunità italiana in Libia». Presto, ha indicato, sarà risolto anche la questione dei visti e gli "italiani di Libia" potranno tornare per visitare i luoghi del loro passato. Italia e Libia lavoreranno anche nel settore militare e ci saranno pattuglie congiunte nel Mediterraneo per contrastare l'immigrazione clandestina ma, ha insistito il ministro Frattini «non possiamo pretendere che la Libia sia il gendarme dell'Europa».


da il messaggero.it
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