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Autore Discussione: Marina SERENI  (Letto 5045 volte)
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« inserito:: Settembre 02, 2007, 03:57:50 pm »

Dal welfare al Pd, quante occasioni a sinistra

Marina Sereni


Ormai da diversi anni per varie ragioni la politica non va del tutto in vacanza in agosto. Quest'anno accanto alla cronaca, spesso triste e drammatica - dall'uccisione di diverse giovani donne, alle morti sulla strada, alla strage di Duisburg, ai roghi che hanno colpito tanti boschi in Italia e non solo - alcuni temi politici hanno avuto notevole spazio nelle pagine dei giornali. Quattro mi sembrano le questioni sulle quali, con la ripresa piena dell'attività politica e parlamentare, vale la pena ritornare con maggiore attenzione.

La prima riguarda il welfare. A luglio il governo ha firmato con le parti sociali un protocollo col quale: si supera lo «scalone» introdotto con la legge Maroni; si aumentano le pensioni sotto i 650 euro; si introducono maggiori garanzie per la previdenza e si avvia una riforma degli ammortizzatori sociali pensando ai giovani lavoratori; si investe sulla produttività; si cancellano le forme di lavoro più precarizzanti previste dalla Legge 30 e si pongono dei limiti ai contratti a termine. Su questi ultimi punti il giudizio di una parte del sindacato non è di piena soddisfazione e forse, nel lavoro parlamentare si può cercare di raccogliere la richiesta di abolire lo «staff leasing». Trentotto miliardi di euro in dieci anni verranno spesi per le voci che prima ricordavo. Per questo il dibattito agostano su questi temi mi è sembrato sbagliato e surreale. Perché non valorizzare i risultati che tutti insieme abbiamo raggiunto in questo primo anno di governo a difesa del lavoro e dei ceti più deboli? Trovo incomprensibile che una parte della coalizione di governo si prepari a manifestare contro i contenuti del protocollo e apprezzo Fabio Mussi che pensa di trasformare la protesta in un'assemblea. Discutere è importante, manifestare contro il governo di cui si fa parte, mi pare un grande errore.

La seconda questione che ha assunto una centralità tra toni urlati e parole davvero grosse è il fisco. In agosto ne abbiamo sentite di tutti i colori. Da destra con l'invito allo sciopero, alla rivolta fiscale, alla disobbedienza ghandiana, ad imbracciare i fucili… Ma anche da alcuni autorevoli esponenti del mondo dell'impresa, che di fatto si sono messi sulla scia della campagna della destra, e da membri del governo, che hanno pensato bene di rilanciare il tema della tassazione delle rendite finanziarie «senza se e senza ma» in questo clima e a dispetto di ogni idea di collegialità.

I dieci punti presentati da Veltroni sul fisco e le prime mosse del Ministro Padoa Schioppa in preparazione della prossima Finanziaria, mi sembra si muovano nella giusta direzione. Le tasse vanno pagate perché con le entrate fiscali si finanziano la sanità, la scuola, i trasporti, tutte quelle politiche che contribuiscono a rendere una comunità più moderna e coesa. Ma i cittadini chiedono trasparenza, vogliono sapere per cosa i «loro soldi» vengono spesi, vogliono avere in cambio servizi efficienti, investimenti. E vogliono che il fisco sia giusto, proporzionale alla ricchezza effettiva delle famiglie e delle imprese, e semplice, non eccessivamente appesantito da procedure e adempimenti burocratici.

La terza questione che mi sembra meriti di essere riflettuta con toni più pacati è quella della sicurezza. Il ministro Amato ha ricordato a tutti noi che uno sforzo è in atto per migliorare la situazione delle nostre città, per contrastare i fenomeni piccoli e grandi di illegalità. Negli ultimi giorni si è acceso un dibattito sull'ordinanza del Comune di Firenze sui lavavetri. Non entro nelle considerazioni sulla validità giuridica o sull'efficacia dello strumento. Mi interessa mettere a fuoco alcune domande che considero fondamentali. Se la sinistra non assume seriamente il tema della sicurezza, i più deboli e indifesi (le persone anziane, i bambini, le donne sole, gli immigrati onesti) a chi si debbono rivolgere? Siamo sicuri che abbiamo chiaro chi sono oggi nelle nostre città i più deboli? E in ogni caso si può combattere le grandi illegalità senza combattere anche le piccole? E chi decide la soglia di tollerabilità dell'illegalità? Non credo che gli elettori del centrosinistra siano così divisi come i partiti su questi temi. La domanda di legalità e sicurezza a tutti i livelli è molto diffusa soprattutto tra gli strati più popolari, sbaglieremmo se ne facessimo un dibattito astratto e teorico tra «buoni» e «cattivi». La dura e concreta realtà delle contraddizioni che i Comuni devono affrontare ogni giorno meriterebbero che la politica nazionale sostenesse di più gli sforzi degli Enti locali e non che tutti ci mettessimo a fare la lezioncina.

Infine il quarto oggetto di questo dibattito agostano è stato il Pd. Non mi riferisco al confronto tra i diversi candidati alla carica di segretario nazionale del Partito Democratico. Ho già detto nei giorni scorsi che spero in una competizione sui contenuti e in un'attenuazione dei toni polemici perché il 15 ottobre saremo tutti nello stesso partito e dovremo fare un cammino lungo e difficile tutti insieme. Ma il tema che vorrei mettere a fuoco è un altro: da diverse parti, soprattutto alla nostra sinistra, sentiamo arrivare attacchi a Veltroni e al Pd come se la nascita del nuovo partito comporti uno scivolamento verso posizioni moderate della componente più grande dell'Unione e un indebolimento del governo. È esattamente il contrario: il Pd nasce per rafforzare oggi la capacità di azione del governo e per contribuire, oltre la legislatura, ad un deciso rinnovamento del sistema politico italiano.

Con la nascita del Pd a sinistra, semmai, si apre una competizione nuova: tra chi riesce meglio a coniugare radicalità nei principi e nei valori ed efficacia delle risposte. I tre temi che ho citato fin qui - welfare, fisco, sicurezza - non sono altro che alcuni dei terreni sui quali emblematicamente il Pd e la «sinistra radicale» si contenderanno il consenso e le relazioni con pezzi di società a volte contigui, come ad esempio i giovani o i lavoratori dipendenti. Personalmente credo che vincerà chi riuscirà ad imboccare con più determinazione la strada dell'innovazione, indicando soluzioni praticabili, verificandone l'efficacia, correggendo dove necessario. Penso dunque ad un confronto sano, utile perfino al Paese, se lo si depura dalla caricatura delle posizioni altrui, dalla polemica troppo aspra, dalla preoccupazione di perdere visibilità. Certo questa ipotesi implica da parte della «sinistra radicale» una scelta che personalmente auspico: quella di considerare l'orizzonte e l'impegno di governo come un'occasione per cambiare l'Italia e non come un accidente o un incidente di percorso.

Pubblicato il: 01.09.07
Modificato il: 01.09.07 alle ore 8.37   
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« Ultima modifica: Aprile 21, 2009, 03:13:49 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 26, 2009, 12:19:54 am »

«Abbiamo sconfitto in aula il modello secessionista»

di Simone Collini


«Questa astensione noi ce la siamo conquistata sul campo», dice Marina Sereni alla fine di una lunga giornata. «E anche loro se la sono sudata», aggiunge con un sorriso la vicecapogruppo del Pd alla Camera.
Ma non era meglio votare un chiaro no, piuttosto che scegliere un’astensione non proprio di immeditata comprensione?
«Noi avevamo di fronte due strade: dire semplicemente no, rigettando un’ipotesi che non era coerente con la nostra idea di federalismo, oppure misurarci seriamente con questa riforma».

L’Udc ha scelto la prima strada, votando contro.
«Ecco, noi no, abbiamo scelto la seconda. E abbiamo deciso l’astensione dopo una battaglia parlamentare rigorosa e molto seria, che ha prodotto risultati importanti. Quello che esce da qui è un disegno di legge molto diverso da quello originario della Lega e del governo».

Dov’è questa differenza?
«Il modello secessionista, per il quale le aree ricche del Paese si tengono le tasse prodotte senza alcuna cura delle disparità con le regioni più deboli, non c’è più. E questo è un risultato ottenuto grazie agli emendamenti presentati dal Pd».

Il risultato lo userà alle amministrative contro di voi a mo’ di bandiera la Lega, non crede?
«Questa è la bandiera della Lega se lasciamo che lo sia. Sta a noi dimostrare che il modello leghista non esiste più. Non esito a dire che il prodotto finale è molto più vicino alla nostra impostazione che non a quella che il centrodestra aveva venduto in campagna elettorale».

E allora perché non votare sì, come ha fatto l’Italia dei valori?
«Perché è una delega».

Cioè?
«Stiamo parlando di un disegno di legge che pur dopo un lavoro di modifica dei principi direttivi, mantiene il carattere di una delega al governo. Ma noi non ci fidiamo di questo governo».

Che però con la vostra astensione ha ottenuto un’apertura di credito.
«Un’apertura su un federalismo solidale, che punta a ridurre le differenze tra le aree forti e quelle deboli del Paese. Ma ora vogliamo continuare a monitorare in Parlamento, attraverso la commissione bicamerale che noi abbiamo proposto e che loro hanno accettato».

E che però non avrà un carattere vincolante, come voi avevate chiesto.
«È vero, avrà un parere rafforzato, ma questo vuol dire che se il governo non adeguerà i decreti attuativi al parere delle commissioni dovrà rivolgersi all’Aula. La vicenda cioè non finisce qua, con l’approvazione del disegno di legge si pare un processo sul quale noi vigileremo con grande rigore. E intanto però, proprio perché abbiamo assunto questa posizione, noi saremo l’unica forza che potrà dire con limpidezza le stesse cose al Nord, al Centro e al Sud. E cioè che siamo a favore del federalismo come modernizzazione della pubblica amministrazione, centrale e locale».

Perché dice che gli altri non possono dire le stesse cose nelle diverse regioni?
«Il governo è federalista al Nord e centralista a Roma, toglie ai comuni e non risolve il problema del patto di stabilità. Insomma predica bene e razzola male sul terreno delle autonomie».

E gli altri partiti di opposizione?
«Casini in Sicilia dice di essere contrario al federalismo perché penalizza il Sud, poi va al Nord e dice di essere d’accordo con la proposta dei sindaci veneti di lasciare il 20% dell’Irpef ai Comuni».

All’assemblea del gruppo Franceschini ha invitato tutti, anche chi si è espresso contro, a non dissociarsi nel voto in Aula: richiesta giusta?
«Assolutamente. È un modo corretto di essere pluralisti e contemporaneamente di essere un partito».

Che cosa vuole dire?
«Come gruppo abbiamo discusso e votato. È giusto che chi ha un dissenso lo possa esprimere. Però poi su una questione così, esplicitamente politica, è giusto che in Aula si rispetti la posizione che a maggioranza il gruppo ha scelto».

scollini@unita.it

25 marzo 2009
da unita.it
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« Risposta #2 inserito:: Maggio 10, 2013, 11:08:01 pm »

Vigilia difficile per un'Assemblea che non possiamo sprecare

10 Maggio 2013


L'editoriale di Marina Sereni


E’ la vigilia più difficile per il Pd. Domani l’Assemblea Nazionale dovrà eleggere un segretario che possa condurre il partito al Congresso entro l’autunno e produrre uno scatto, una ripartenza, mentre l’esperienza del Governo Letta muove con fatica i primi passi. Le dimissioni di Bersani hanno messo a nudo le divisioni, la mancanza di lealtà e di generosità nel gruppo dirigente, mentre il nostro sostegno e la nostra partecipazione al governo con il Pdl e Scelta Civica hanno prodotto disorientamento, rabbia, dubbi tra i nostri elettori e militanti. A questi dubbi e a queste domande possiamo rispondere solo con dei risultati concreti, dimostrando che è per il bene del Paese – e in particolare delle fasce più deboli – che abbiamo accettato il rischio e la responsabilità di un governo con i nostri avversari politici.

Il Congresso dovrà essere un luogo di confronto sulle idee più che sulle persone, un momento di verità sul progetto e il profilo del Pd, un’occasione per ridefinire e rilanciare l’idea di una grande forza riformista di stampo europeo. Ma per compiere questo percorso democratico serve oggi – qui ed ora – un  Pd in piedi, capace di  iniziativa politica, mobilitazione, proposta. Ecco perché è indispensabile che dall’Assemblea di domani esca un messaggio di rassicurazione: sia che si scelga un Segretario “di garanzia”  tra le personalità più in vista e sperimentate del nostro partito sia che si scelga una guida tra i dirigenti più giovani è importante che prevalga la ricerca di una figura capace di raccogliere un consenso ampio, di impegnare da subito il Pd nelle nuove e gravose responsabilità di questa straordinaria esperienza di governo,  di promuovere un Congresso vero e di rilancio.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=16816
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« Risposta #3 inserito:: Giugno 07, 2013, 07:06:10 pm »

Avviso ai naviganti

07 Giugno 2013

L'editoriale di Marina Sereni

Non c’è più tempo per polemiche sterili, per i tatticismi, per i rinvii. Vale per l’attività di Governo, per il Parlamento, per il partito. Chi ha voglia di fare sul serio, chi ha voglia di cambiare lo dimostri con i comportamenti concreti.

Il Governo ha tracciato i binari su cui intende muoversi. Nei prossimi giorni arriva alla Camera il Disegno di Legge per riformare radicalmente il finanziamento ai partiti mentre al Senato si avvia l’iter del Disegno di Legge costituzionale per dare vita al Comitato parlamentare che, al termine del lavoro dei Saggi, dovrà formulare una proposta di riforma. Non è un caso che su entrambi questi ddl il Governo abbia chiesto la procedura d’urgenza.

Fare bene e fare presto, se non si fa ora non si fa più. Mi spaventano le interviste il cui unico scopo è quello di marcare una posizione radicale (“o si fa così oppure io non ci sto”), le semplificazioni, l’invocazione di referendum tra gli iscritti su materie che dovrebbero essere invece approfondite, confrontate, mediate. Ha fatto bene Epifani a proporci una riunione seminariale della Direzione sulle riforme istituzionali: spero sarà l’occasione per un confronto tra di noi che vada oltre le formule. Anche perché le riforme non le possiamo fare da soli e anche questo punto politico dovrebbe essere trattato con maggiore moderazione e senso della realtà. Non mi piace la parola “pacificazione” ma non capisco neppure quelli che ritengono che ogni scelta condivisa con il centrodestra sia, per questa sola ragione, sbagliata e inaccettabile. Se avessero ragionato così i nostri Padri e Madri costituenti avrebbero fallito!

Letta e i suoi ministri stanno cominciando a lavorare nel merito anche sul terreno delle politiche economiche e sociali: attivismo in Europa, priorità lavoro e impresa, fare il possibile per uscire dalla morsa della recessione e dell’austerità. Il Pd ha tutto l’interesse a far sì che lungo quella linea si ottengano risultati. Risultati veri, non promesse o miracoli. Non ci aiuta leggere ogni giorno di qualche esponente del Pd che starebbe lavorando per accorciare la vita del Governo. Magari sono solo ricostruzioni giornalistiche, retroscena fasulli, ma se non ci fossero saremmo tutti più contenti…

Infine il Pd. Quasi completati gli assetti, con la nomina della nuova segreteria e della commissione per il Congresso. Abbiamo tante risorse, fuori e dentro il Parlamento, che forse non sono ancora pienamente impegnate e valorizzate. Sento una forte insofferenza verso il correntismo e la rappresentazione del Pd come somma di pezzi differenti che trovano composizione soltanto nella spartizione degli incarichi. E leggo che Epifani ha intenzione di superare questo stato di cose. Bene, ma attenzione: non confondiamo il pluralismo – delle idee, delle culture, delle sensibilità – con il correntismo e il personalismo esasperato. Un grande partito ha bisogno sia di parlare alla società nel suo insieme – e dunque a sensibilità, esperienze, generazioni, territori diversi – sia di offrire una visione, un progetto, una sintesi. E’ illusorio pensare di poter ottenere una identità più chiara semplicemente comprimendo il pluralismo. Semmai si tratta di rifondare il Pd come comunità, come grande casa comune, come progetto aperto ma non indefinito. In fondo è questo il primo passo per fare un Congresso utile.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=16998
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« Risposta #4 inserito:: Luglio 20, 2013, 06:54:51 pm »

Governo: Marina Sereni, se nel Pd c’è qualcuno che vuole la crisi, lo dica


16 Luglio 2013



“Se c'è qualcuno nel Pd che vuole mettere in crisi l’esecutivo Letta farebbe bene a dirlo con chiarezza e affrontare negli organismi dirigenti un discussione esplicita. Se invece si ritiene, come io ritengo, che da questa fase si possano e si debbano ottenere risultati concreti per rispondere alle aspettative e alle domande della maggioranza dei cittadini allora dobbiamo stare al merito dei problemi, smettere di punzecchiare ogni giorno il Governo e fare proposte serie”.

Lo scrive Marina Sereni, vice presidente della Camera sul suo sito www.marinasereni.it e nella sua newsletter settimanale.

“So  - aggiunge - che l'avvicinarsi di un congresso comporta anche un "mettersi in mostra" di personalità che intendono competere per la leadership Però non mi riconosco in un dibattito sul "chi" piuttosto che sul "per cosa". Evocare il cambiamento è molto più semplice che costruirlo. È più facile dire come non si dovrebbe fare che come si può e si deve fare. È più comodo criticare che sporcarsi le mani e cercare di sbrogliare le matasse intricate dei problemi che venti anni di populismo e mancate riforme hanno prodotto”.

“Questa sera il gruppo parlamentare del Pd  alla Camera  - conclude - si riunisce con il segretario del partito Epifani, martedì prossimo si incontrerà con il presidente del Consiglio Letta, la settimana successiva faremo un approfondimento sul tema delle riforme istituzionali. Mi auguro davvero che queste assemblee siano utili a confrontare le idee tra di noi”.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=17312
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« Risposta #5 inserito:: Settembre 12, 2013, 11:19:51 am »

E' competizione tra progressisti e conservatori

20 Aprile 2012

L'editoriale di Marina Sereni

 

Due temi occupano in vario modo le prime pagine dei giornali in questi giorni: i dati negativi sulla crescita e il lavoro, che continuano pesantemente a condizionare la vita di milioni di italiani, e i sommovimenti in atto nel sistema dei partiti. Il malessere sociale si salda alla disaffezione verso i partiti, crescono sia gli umori antipolitici sia i tentativi autentici di mettere in campo riforme che possano restituire credibilità ai partiti e fiducia ai cittadini. Il Pd in particolare si sta battendo in Parlamento per avere subito una nuova legge sui bilanci dei partiti, al fine di introdurre regole di trasparenza non aggirabili  e sanzioni severe per chi compie illeciti. Subito trasparenza e sanzioni perché ciò che e' emerso sin qui dai casi Lusi e Belsito, pur nelle diversità delle situazioni, e' la totale assenza di controlli da parte di autorità esterne.  Se la soluzione individuata nella proposta di legge presentata da Alfano, Bersani e Casini, non e' praticabile, come sembra sottolineare la lettera del Presidente della Cassazione, si trovi un'altra strada che consenta di ottenere l'obiettivo di sottomettere finalmente i partiti all'azione di un'autorità indipendente. Chi minimizza il tema dei controlli e delle sanzioni dimentica che dall'entrata in vigore della Costituzione ad oggi mai i partiti hanno visto una legge regolare la loro vita interna. Chi ha impedito di approvare questa norma in sede legislativa in commissione forse ha qualcosa da nascondere e non vuole che immediatamente si possano verificare i bilanci dello scorso anno. La Lega dice di voler fare pulizia ma poi cerca di sottrarsi ai controlli. Noi non lo permetteremo.

Certo e' necessario anche intervenire sulla quantità delle risorse spese dai partiti. Noi difendiamo il principio di un contributo pubblico alla vita dei partiti, perché pensiamo che partiti trasparenti e rinnovati siano indispensabili in una democrazia moderna che non voglia cedere le armi alla "plutocrazia". Ma e' evidente che si sono raggiunti livelli non sostenibili e che e' urgente ridurre i finanziamenti, riportare i costi della politica ad una dimensione di sobrietà e ragionevolezza. La decisione di sospendere la seconda rata del finanziamento previsto ai partiti deve essere dunque solo il primo passo per una ridefinizione più complessiva dei meccanismi di finanziamento. La Segreteria nazionale del Pd ha avanzato delle proposte, entro breve dobbiamo farle diventare legge.

Allo stesso modo, con la stessa consapevolezza, il Pd in Parlamento prosegue la sua iniziativa per una nuova legge elettorale e per alcune modifiche costituzionali, come la riduzione del numero dei parlamentari, strettamente connesse.

In questo quadro, di fronte ad una crisi evidente del centrodestra e all'uscita di scena di uomini come Bossi e in parte Berlusconi, e' legittimo e fisiologico che altri leader politici tentino di riempire un vuoto, magari cercando di proporre agli elettori una nuova offerta politica. Casini sembra muoversi con questa ambizione. Nulla quaestio, soltanto due  sottolineature. Innanzitutto attenzione a non mettere in difficoltà il Governo Monti. Siamo ancora nel pieno della crisi finanziaria, economica e sociale e dopo quattro mesi e' evidente che nonostante le riforme e i sacrifici non siamo fuori dall'emergenza. Si può creare ostacoli all'azione del Governo sia dando fiato alle resistenze e ai "mal di pancia" dentro i partiti ma anche cedendo alla tentazione di volersi "appropriare" della stima di cui godono il premier e molti ministri... Approfittiamo di questa fase - e questa e' la seconda considerazione - per rendere finalmente normale il sistema politico italiano, per avere nel 2013  come nel resto del mondo democratico una competizione tra conservatori e progressisti a partire dalle risposte che siamo in grado di dare alle sfide che dobbiamo fronteggiare in questo passaggio d'epoca. Non cerchiamo scorciatoie, non inseguiamo altre anomalie dopo l'anomalia Berlusconi.

Il Pd da questo punto di vista ha una grande responsabilità. Siamo stati e siamo una novità nel panorama politico italiano, non solo perché - con tutti i nostri limiti - abbiamo cercato di costruire un partito plurale, aperto, non leaderistico. Ma anche perché, lavorando all'incontro tra la  tradizione del popolarismo cattolico e quella della sinistra socialdemocratica, abbiamo aperto una ricerca originale, rendendo possibile unire i riformisti, i progressisti, divisi da una storia ormai lontana.

da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=13147
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