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Autore Discussione: Frana del Vajont, cinquant'anni dopo. LE CAUSE SONO ANCORA TRA NOI...  (Letto 3585 volte)
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« inserito:: Ottobre 09, 2013, 04:34:54 pm »

Frana del Vajont, cinquant'anni dopo.

Napolitano: "Non fu una fatalità"

Mezzo secolo dopo il disastro che uccise quasi duemila persone, il presidente della Repubblica sottolinea che la tragedia poteva essere evitata e cita "precise colpe umane".

Epifani:"Non dimentichiamo". Grasso a Longarone


ROMA - Sono  passati cinquant'anni da quando un'enorme frana scivolò dal monte Toc sopra Longarone e piombò con il fragore di un'esplosione nell'invaso artificiale della diga del Vajont. La diga tenne l'urto, ma l'ondata d'acqua che fuoriuscì si riversò nella valle spazzando via case, chiese e quasi duemila vite umane. Dopo mezzo secolo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il presidente del Senato Pietro Grasso e il leader del Pd Guglielmo Epifani ricordano il disastro naturale che colpì il Veneto e il Friuli.
In un messaggio il capo dello Stato ribadisce che il cedimento della diga non fu una fatalità, ma un errore umano. "La memoria - scrive Napolitano - del disastro che il 9 ottobre 1963 sconvolse l'area del Vajont suscita sempre una profonda emozione per l'immane tragedia che segnò le popolazioni con inconsolabili lutti e dure sofferenze. Il ricordo delle quasi duemila vittime e della devastazione di un territorio stravolto nel suo assetto naturale e sociale induce, a cinquant'anni di distanza, a ribadire che quell'evento non fu una tragica, inevitabile fatalità, ma drammatica conseguenza di precise colpe umane, che vanno denunciate e di cui non possono sottacersi le responsabilità".
"È con questo spirito - riprende il presidente della Repubblica - che il Parlamento italiano ha scelto la data del 9 ottobre quale Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall'incuria dell'uomo, riaffermando così che è dovere fondamentale delle istituzioni pubbliche operare, con l'attivo coinvolgimento della comunità scientifica e degli operatori privati, per la tutela, la cura e la valorizzazione del territorio, cui va affiancata una costante e puntuale azione di vigilanza e di controllo".
"Nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario del disastro, desidero rendere omaggio alla memoria di quanti hanno perso la vita, alla tenacia di coloro che ne hanno mantenuto fermo il ricordo e che si sono impegnati nella ricostruzione delle comunità così terribilmente ferite e rinnovare, a nome dell'intera nazione, sentimenti di partecipe vicinanza a chi ancora soffre", scrive ancora il capo dello Stato. "Desidero, inoltre, esprimere - conclude - profonda riconoscenza a quanti, in condizioni di grave rischio personale, si sono prodigati, con abnegazione, nell'assicurare tempestivi soccorsi ed assistenza, valido esempio per coloro che, nelle circostanze più dolorose, rappresentano tuttora un'insostituibile risorsa di solidarietà per il Paese".
Al cimitero delle vittime del disastro a Longarone, il presidente del Senato Pietro Grasso depone una corona d'alloro. Accanto a lui il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. "Ricordare quanto accaduto - afferma Grasso - significa essere consapevoli che nessun interesse, nessuna convenienza, nessuna scorciatoia può concedersi di incidere 'sulla pelle viva' di una popolazione". E ancora: "Dove 50 anni fa tutto era fango e ghiaia, oggi c'è la più grande zona industriale della provincia di Belluno e il quarto polo fieristico del Veneto. È enorme la mia ammirazione verso le popolazioni di questa valle per la forza e la determinazione che hanno dimostrato, per la pazienza e la perseveranza con le quali hanno saputo rinascere dal fango".


"Il Vajont - conclude il presidente del Senato - è anche la storia di uno straordinario esempio di solidarietà e virtù civiche, da molti considerato alla base della nascita del sistema della Protezione civile. E' la storia di tutti quelli che accorsero con tempestività: Alpini, Vigili del Fuoco, Forze dell'ordine, volontari da tutta l'Italia. Persone che, con abnegazione, generosità e impegno hanno offerto la propria opera nel momento del dolore e dell'orrore. Persone che, in qualche modo ancora oggi portano il segno di quell'esperienza".
"Molte - dice il presidente del Pd Gugluielmo Epifani - e pesanti furono le responsabilità per una tragedia che si poteva evitare se la ricerca del profitto non fosse stata messa davanti alla tutela della sicurezza e della vita di migliaia di persone innocenti. Anche la giustizia non ha fatto il suo corso e, forse, è il risarcimento negato che più pesa sulle popolazioni colpite. Insieme ad un'attenzione che per troppi anni è mancata, come se una tragedia così grande potesse conoscere l'oblio". "La memoria - aggiunge Epifani -  infine è la ricerca incessante di chi rimane, è qualcosa che resta nella mente di chi partecipò ai soccorsi, e un Paese perde il senso di sé, della sua storia, se non ha la capacità di fermarsi a condividere il ricordo".

http://www.repubblica.it/cronaca/2013/10/09/news/frana_del_vajont_cinquant_anni_dopo_napolitano_non_fu_una_fatalit-68217355/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_09-10-2013
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