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Autore Discussione: Alessandro Fulloni. Lo Stivale dei 1142 siti a «rischio-Seveso»  (Letto 2167 volte)
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« inserito:: Luglio 10, 2013, 12:22:34 pm »

La mappatura Condotta dall'Ispra, l'agenzia governativa per l'ambiente

Lo Stivale dei 1142 siti a «rischio-Seveso»

Al Nord il 50 % degli impianti pericolosi

Aziende chimiche, siderurgia, raffinerie: ecco dove possibili incidenti possono trasformarsi in catastrofi. «Più controlli»

I siti pericolosi, regione per regione su - http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_09/italia-rischio-seveso-1142-stabilimenti-industriali-pericolosi_e78a9bb4-e898-11e2-ae02-fcb7f9464d39.shtml



La fumata nera che lunedì 8 luglio si è sprigionata da una delle ciminiere dagli impianti della raffineria Eni di Taranto (Ingenito/Ansa)La fumata nera che lunedì 8 luglio si è sprigionata da una delle ciminiere dagli impianti della raffineria Eni di Taranto (Ingenito/Ansa)

Un fulmine che colpisce la raffineria dell'Eni a Taranto e che provoca la fuoriuscita di gasolio in mare. Un incendio che divampa in un'altra raffineria, stavolta dell'Api, a Falconara Marittima, dove solo un mese fa un operaio è morto dopo essere stato colpito da un getto ustionante. Incidenti avvenuti nelle ultime 48 ore in due dei 1142 siti italiani che l'Ispra (l'agenzia governativa per il controllo ambientale) considera a «rischio Seveso»: ovvero potenzialmente pericolosi.

37 anni fa, la nube tossica a Desio e Seveso 37 anni fa, la nube tossica a Desio e Seveso    37 anni fa, la nube tossica a Desio e Seveso    37 anni fa, la nube tossica a Desio e Seveso    37 anni fa, la nube tossica a Desio e Seveso    37 anni fa, la nube tossica a Desio e Seveso

All'incirca ce ne stanno uno ogni 9 comuni dello Stivale - (oltre il 50 % nel Nord, guarda l'elenco regione per regione) - e sono quegli stabilimenti industriali dove, a causa della produzione o della lavorazione di sostanze tossiche, infiammabili, esplosive e più in generale dannose per l'ambiente, è possibile che un guasto apparentemente secondario possa scatenare una catastrofe. Come accadde il 10 lugli0 1976 (esattamente 37 anni fa) quando una nube tossica composta da diossina, fuoriuscita dalla fabbrica Icmesa di Meda, in Lombardia, investì Desio, Seveso e altre località della Brianza.

1977: la bonifica in Brianza (Fotogramma)1977: la bonifica in Brianza (Fotogramma)
SEVESO, LA NUBE TOSSICA - Un disastro ecologico micidiale, l'evacuazione di migliaia di persone, case e coltivazioni «off limits» per un decennio, il tempo della durata della bonifica. E ricadute sulla salute indecifrabili. Proprio per ridurre i rischi, ed evitare conseguenze devastanti a seguito di possibili esplosioni, incendi e rilasci di sostanze pericolose, l'Unione Europea si è dotata di norme severissime. Sono quelle inserite nella «direttiva Seveso» - chiamata proprio così - che mescola sicurezza degli impianti, tutela di città e popolazioni e indicazioni di protezione civile. Ed ecco perché si è resa indispensabile la mappatura dei siti pericolosi, un lavoro colossale che in Italia è stato condotto dal team dell'Ispra diretto dall'ingegner Alberto Ricchiuti.

INCIDENTI MORTALI - Dei 1142 stabilimenti a rischio di incidente rilevante, il 25% circa è concentrato in Lombardia. Regione che, assieme ad Emilia Romagna, Veneto e Piemonte, comprende oltre il 50% degli stabilimenti pericolosi. Una consistente presenza è anche in Sicilia, Lazio e Campania (ciascuna con poco più del 6%), Toscana (circa 5%), Puglia e Sardegna (circa 4%). Mentre la regione con il minor numero di stabilimenti da «bollino rosso» è la Valle d’Aosta con 6. Si tratta di impianti chimici, depositi di gas, oli minerali, fitofarmaci, sostanze tossiche, raffinerie, centrali termoelettriche, acciaierie, impianti di trattamento, stoccaggi sotterranei di gas naturale, impianti per la produzione di esplosivi e per la distillazione. Nomi celeberrimi, multinazionali, aziende private e di Stato. Aziende dove in passato si sono già verificati incidenti gravi. La già citata raffineria di Falconara (due «morti bianche» anche nel 1999 in un rogo in cui perirono due operai), la Simmel di Colleferro (una vittima in un'esplosione nel 2007). L'Ilva di Taranto, rebus aperto per tutta la città.

OGNI 9 COMUNI - Se nella quasi totalità (con l’eccezione di Macerata) delle province italiane è collocato almeno uno di questi 1142 impianti classificati con la dicitura RIR (rischio d'incidente rilevante), è sempre il nord a fare da capofila. Primeggia Milano (69 stabilimenti), poi Brescia (45), Ravenna (37), Novara e Varese (28), Venezia (26), Torino (24). Al centro è Roma in testa con 26 stabilimenti, seguita a ruota dalla provincia di Frosinone (21) mentre al Sud svetta Napoli con 33 stabilimenti. I Comuni a rischio Seveso sono 756 (il 9% del totale): in 40 sono presenti 4 o più stabilimenti. Gli stabilimenti più a rischio sono i petrolchimici (il 25% del totale), concentrati in particolare al nord, seguiti a ruota dai depositi di gas liquefatti (sopratutto GPL, il 24%), presenti in particolare in Campania e Sicilia. Impianti vicino casa, nelle vicinanze di paesi, città, snodi stradali, immersi nelle campagne, accanto a fiumi e laghi, nelle vicinanze di falde acquifere.

«PIU' CONTROLLI» - La certosina mappatura condotta dall'Aspra lascia aperto un dubbio, fortificato dalla scarsissima attenzione che in Italia vige attorno al tema della sicurezza del lavoro. A ricordarlo basta il dato delle 3 morti bianche giornaliere certificato dall'Inail. «Si deve fare di più in alcuni ambiti - è l'esortazione che arriva dall'ingegner Ricchiuti, il curatore del rapporto -. Mi riferisco ai controlli, allo snellimento di alcune procedure di valutazione fatte dai gestori, alla sperimentazione dei piani d’emergenza esterni. Temi su cui occorre un impegno forte della pubblica amministrazione». Anche se non mancano esempi di municipi virtuosi (su tutti Ferrara e Venezia, osservano dall'Ispra, che inviano a casa della famiglie opuscoli informativi sulla direttiva-Seveso) nella Penisola il panorama riguardante la prevenszone dei pericoli resta sovente sconfortante.

Al centro, il presidente dei Verdi, e consigliere comunale a Taranto, Angelo BonelliAl centro, il presidente dei Verdi, e consigliere comunale a Taranto, Angelo Bonelli
BONELLI: «NON SOLO NEGLIGENZA» - L'elenco dei siti a rischio rimane in genere «appeso negli albi pretori dei comuni di cui i cittadini nemmeno conoscono l'esistenza» osserva preoccupatissimo il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. «Sono le Regioni ad avere la responsabilità di coordinare i piani d'emergenza previsti dalla direttiva Ue. Piani che nella maggioranza dei casi - segnala l'ambientalista - come in Puglia, non esistono. Perché? Non siamo solo davanti a ignavia o negligenza. Il problema è serissimo: in molti casi esiste una vera e propria sudditanza psicologica della politica nei confronti della grande industria. Che usa la leva del ricatto occupazionale per condizionare scelte strategiche sui temi dell'ambiente. Una soluzione per l'immediato? Commissariare le Regioni indietro con l'applicazione della direttiva Seveso. Ma bisogna fare in fretta. Il rischio è dietro l'angolo, appena fuori di casa».

Alessandro Fulloni
alefulloni

9 luglio 2013 (modifica il 10 luglio 2013)
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da - http://www.corriere.it/cronache/13_luglio_09/italia-rischio-seveso-1142-stabilimenti-industriali-pericolosi_e78a9bb4-e898-11e2-ae02-fcb7f9464d39.shtml
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