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Autore Discussione: Paolo Soldini. Germania, Francia, Regno Unito dove dimettersi è normale  (Letto 1716 volte)
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« inserito:: Agosto 04, 2013, 08:15:43 am »

Germania, Francia, Regno Unito dove dimettersi è normale

su Casa Europa

Autore: Paolo Soldini
Data:2013-08-02


Attenzione a quelli che in Francia chiamano i «faux amis», i falsi amici: ovvero i casi apparentemente simili che a ben guardare non lo sono affatto. Certo, Silvio Berlusconi non è il solo, in Europa. Anche a considerare soltanto agli ultimi anni, i personaggi politici che sono finiti travolti dagli scandali riempiono gli archivi della nostra e dell’altrui memoria. Ci sono stati in quasi tutti i paesi: in quelli più simili, per qualità dello spirito pubblico, all’Italia come la Spagna o la Grecia, ma anche in quelli che siamo abituati a considerare guidati da princìpi più severi, più «protestanti» dei nostri, per buttarla sulla religione, come la Germania, o ispirati da un più storicamente radicato senso dello Stato, come la Francia o il Regno Unito. Scegliere fior da fiore gli uomini (o le donne) su cui fare i confronti non è così semplice, ma c’è una costante comune che può guidare nel giudizio: l’atteggiamento degli establishment e delle opinioni pubbliche. Non dappertutto gli scandali che hanno coinvolto i politici hanno portato a condanne giudiziarie e neppure sempre alle loro dimissioni e alla scomparsa dalla vita pubblica (non sta succedendo, per esempio, in Spagna con Mariano Rajoy e il suo Partido Popular), ma in nessun luogo, se non in Italia, è accaduto che una quota importante dell’opinione nazionale si sia schierata a difesa del reprobo pretendendone una sorta di intangibilità giudiziaria. E che tutto il suo partito abbia fatto della sua possibile condanna un fatto immediatamente politico, tanto da praticare la strada delle leggi parlamentari e dei decreti ad personam. Questi sono fenomeni davvero solo italiani.
Sotto questo profilo, il confronto più istruttivo è quello con il caso di Helmut Kohl. Il cancelliere dell’unificazione tedesca non fu eliminato dalla vita politica dal giudizio di un tribunale, ma dalla Cdu di cui era stato, fino a pochissimo tempo prima, il capo assoluto. Fu proprio il suo partito a non accettare il metodo omertoso con cui l’ex cancelliere nel 1999 ammise, sì, di aver incassato fondi neri ma rifiutò di confessare da chi e perché. Fra le ipotesi sul silenzio sul misterioso finanziatore circolarono all’epoca molte indiscrezioni. Una riguardava proprio Silvio Berlusconi, il quale aveva con il leader tedesco un amico comune, il tycoon televisivo Leo Kirch, uomo di molti maneggi. L’anno prima Kohl, ancora cancelliere, aveva cambiato improvvisamente parere sull’adesione di Forza Italia al Ppe e più d’uno aveva avuto qualche sospetto. Comunque, l’abbandono dell’ex capo da parte della Cdu fu drastico, persino un po’ crudele. Anche per il ruolo che fu giocato allora da quella che lui aveva in un certo senso adottato, la sua «ragazza» dell’est Angela Merkel. Oggi Helmut Kohl vive appartato, malandato e controllato a vista da quella che i suoi figli considerano una dispotica megera, la sua seconda moglie Maike Richter, sposata quattro anni dopo il suicidio della prima, Hannelore.
Ha un certo interesse anche il confronto con Jacques Chirac. L’ex presidente francese è stato condannato nel dicembre 2011 per aver fatto assumere dal Comune di Parigi, quando era sindaco, molti amici di partito che lavoravano per lui a spese dello stato. Berlusconi e i suoi lo indicarono come esempio vivente, quand’era presidente, della immunità che avrebbe dovuto essere garantita anche in Italia a chi occupava cariche di governo. Il modo arrogante con cui Chirac aveva rifiutato ogni spiegazione quand’era all’Eliseo gli alienò tutte le simpatie di cui godeva nell’opinione di destra francese. E il ricordo del suo caso deve aver avuto una certa influenza sulla fretta con cui François Hollande si è liberato del ministro Jérôme Cahuzac, l’ideatore della tassa ai superricchi pizzicato con una serie di conti alle Caymanes.
Nessun altro paese europeo, per farla breve, ha reagito agli scandali politici cercando di elevare barriere di protezione. In molti casi l’atteggiamento è stato proprio opposto. Il presidente della Repubblica federale Christian Wolff si è dovuto dimettere (ed è sotto inchiesta) per un prestito illecito di 400 euro; due ministri di Berlino se ne sono dovuti andare perché s’è scoperto che avevano copiato parte della tesi di laurea; in Gran Bretagna l’uso un po’ disinvolto d’una carta di credito è costato il posto a un ministro. In Grecia nessuno ha preso le difese dei funzionari dello stato scoperti ad evadere il fisco. Persino in Spagna, dove il premier Rajoy sta cercando di resistere alle richieste di dimissioni per aver riscosso fondi neri, il suo Partido Popular, che pure ne ha beneficiato, non lo difende più di tanto. Insomma, ci sono cose che succedono solo in Italia.

DA - http://casaeuropa.com.unita.it/mondo/2013/08/02/germania-francia-regno-unito-dove-dimettersi-e-normale/
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