IL CAVALIERE E LA GIUSTIZIA
De Gregorio smentisce Berlusconi «I pm non mi costrinsero a parlare»
L'ex Idv sconfessa quanto detto in mattinata dal Cavaliere: «Nessuna costrizione dei pm, ho parlato io»
MILANO - Torna ad infuocarsi la battaglia fra Silvio Berlusconi e la giustizia. E su più fronti in contemporanea. Venerdì mattina a Milano, nel processo di appello del caso Mediaset, per il Cavaliere è stata chiesta una condanna a quattro anni. Ma è in serata che è arrivata la seconda sorpresa per l'ex premier, sul fronte dell'inchiesta di Napoli questa volta. Il senatore Sergio De Gregorio ha infatti smentito l'interpretazione dei fatti data da Berlusconi in mattinata. Il leader del Pdl, indagato dai pm partenopei con l'accusa di aver corrotto il senatore, aveva infatti detto: «De Gregorio ha parlato per paura di finire in cella». L'ex Idv, invece, in una nota replica secco: «La scelta di sottopormi ad interrogatorio è stata il frutto di una mia libera determinazione». Romano Prodi, commentando questa vicenda al Tg1, ha detto: «Se le cose stanno così, si tratta di un vero attentato alla democrazia».
IL CASO DE GREGORIO E LA SMENTITA - Berlusconi da Milano aveva voluto commentare con i giornalisti l'inchiesta della Procura di Napoli che lo vede indagato con l'accusa di aver pagato il senatore De Gregorio, eletto nelle fila dell'Idv, per passare con il centrodestra e togliere così il sostegno al governo Prodi. Il Cavaliere si è detto convinto che il senatore ha dichiarato di aver ricevuto tre milioni di euro perché «i magistrati gli hanno detto: "O ci dici qualcosa su Berlusconi o vai in galera", e lui che ha paura del carcere ha parlato». Per l'ex premier si tratta di una «barbarie» compiuta dalla magistratura che avrebbe costretto De Gregorio a parlare, dichiarando una cosa che secondo Berlusconi non è comunque mai avvenuta. Di segno completamente opposto però la nota del senatore, arrivata in serata: «In relazione a notizie di stampa dalle quali si apprende che sarei stato "costretto dai pm" a rendere dichiarazioni accusatorie contro l'onorevole Berlusconi, mi corre l'obbligo di precisare che la mia scelta di sottopormi ad interrogatorio è stata il frutto di una mia libera determinazione».
LA SEGRETARIA DEL SENATORE -Ai pm napoletani Patrizia Gazzulli, segretaria di De Gregorio da molti anni, ha raccontato di come l'ex presidente della commissione Difesa del Senato avesse investito somme spropositate per la sua iniziativa politica. Somme che «non poteva permettersi». Riguardo al passaggio di denaro tra Berlusconi e l'ex Idv, al centro dell'inchiesta, la donna ha dichiarato: «Mi disse sorridendo che da lì in poi, almeno per un certo periodo, non avremmo avuto più problemi, saremmo stati almeno per un po' tranquilli dal momento che Berlusconi gli aveva dato del denaro».
LA COMPETENZA DI NAPOLI - Per quanto riguarda poi la competenza della Procura di Napoli a svolgere l'inchiesta Berlusconi-De Gregorio, è stata decisa, riporta l'Ansa, dal pg della Cassazione che ha risolto a favore dei pm partenopei un conflitto sollevato dalla Procura di Roma. L'inchiesta per corruzione in corso a Napoli nei riguardi del Cavaliere è infatti «diversa e non sovrapponibile» rispetto a quella a suo tempo svolta dalla magistratura di Roma sul passaggio del senatore De Gregorio al Pdl.
IL PROCESSO MEDIASET - Sul fronte del processo Mediaset, il sostituto pg di Milano, Laura Bertolè Viale, ha chiesto per Silvio Berlusconi la conferma della sentenza di condanna a quattro anni di carcere e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici al termine della requisitoria nel processo d'appello Mediaset, in cui l'ex premier è accusato di frode fiscale. Chiesta anche la condanna del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, a tre anni e quattro mesi per frode fiscale: in primo grado era stato assolto. Silvio Berlusconi era in aula, venerdì mattina; alla stessa ora, alle 9.30, è iniziato anche il processo «Ruby» a carico di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. L'ex premier ha reso dichiarazioni spontanee, sostenendo di essere «totalmente estraneo» alla situazione contestata. «Nel periodo 2002/2003 ero presidente del Consiglio e non mi sono mai occupato di diritti televisivi», ha detto. Ha spiegato di essere «trasecolato» dopo la condanna in primo grado e ha ricordato: «Per i sei miliardi di tasse che il mio gruppo ha pagato dal 1994 merito una medaglia d'oro da mettere sul petto, per questo considero la condanna nei miei confronti in primo grado una grande cantonata giudiziaria». «Mi aspetto una sentenza giusta», ha concluso.
IL CASO UNIPOL - «Un'altra invenzione della Procura di Milano» è secondo l'ex premier anche il processo con al centro l'intercettazione Fassino-Consorte sulla vicenda Unipol. Ha annunciato che sarà in aula il 6 marzo: «È paradossale che io sia l'unico italiano sotto processo per aver contribuito a pubblicare una notizia coperta da segreto istruttorio», quando vengono pubblicate quotidianamente dalla stampa.
IN PIAZZA A ROMA - Ancora una volta Berlusconi si è scagliato contro una «parte della magistratura che è una patologia del nostro sistema, un cancro della nostra democrazia. Che utilizza la giustizia per combattere ed eliminare gli avversari politici che non si riescono a eliminare con il sistema democratico delle elezioni». E fuori dall'aula, l'annuncio: «Queste accuse ci porteranno in piazza il 23 marzo». Una manifestazione a Roma, sulla giustizia, non ha detto dove, ma la sede potrebbe essere piazza San Giovanni.
L'ANM E ALFANO- Pronta la risposta l'Associazione nazionale magistrati: «Invocare la piazza in un momento come questo è molto pericoloso - ha detto il presidente dell'Anm, Rodolfo Sabelli -. Vuol dire screditare l'istituzione magistratura in un sistema complesso e unitario come lo Stato, significa indebolire lo Stato stesso e le istituzioni tutte». Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha subito reagito: «Mai nella storia dei pur turbolenti rapporti tra magistratura associata e politica si era raggiunto il livello di oggi. Mai la Anm si era spinta a diffidare, a tentare di impedire la manifestazione di un libero pensiero e di libere proteste in una piazza di un Paese democratico e repubblicano. Invitiamo la Anm a non superare, non tanto i limiti del buon senso, ampiamente varcati, quanto quelli delle leggi e della Costituzione, a cominciare dagli articoli 21 e 49».
Redazione Milano online
1 marzo 2013 | 20:36© RIPRODUZIONE RISERVATA
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