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Autore Discussione: Franca RAME  (Letto 3395 volte)
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« inserito:: Settembre 23, 2007, 04:08:45 pm »

Franca Rame nasce nel 1929, a Villastanza (Milano), da una famiglia con antiche tradizioni teatrali, risalenti al 1600, e inizia giovanissima come attrice teatrale, esordendo proprio nella compagnia di provincia diretta dal padre. Dopo qualche esperienza, si dedica al teatro da camera.

Qui, la sua recitazione brillante e vivace, ricca di humour e sostenuta da una notevole scioltezza e disinvoltura gestuale, le procura un immediato successo di pubblico e critica. La sua attività nel cinema, iniziata dapprima con l’interpretazione di qualche parte secondaria, viene poi coronata anch’essa da successo dopo il ruolo da lei brillantemente sostenuto ne Lo svitato (1956, Carlo Lizzani); da allora appare in diversi film comico-brillanti, nelle vesti di donna dalla bellezza vistosa, affascinante ed eccentrica, talora simpaticamente “svanita” e imprevedibile.

Tuttavia, l’attività cinematografica di Franca Rame è rimasta marginale, rispetto a quella assai più significativa, in teatro e in televisione.

È sposata con l’attore premio Nobel Dario Fo, con il quale ha scritto e interpretato molte opere. Inoltre ha curato, per la pubblicazione, tutta la sua produzione teatrale ed artistica. Ha debuttato nel mondo dello spettacolo nella stagione 1950-51 nella compagnia primaria di prosa di Tino Scotti per lo spettacolo “Ghe pensi mi” di Marcello Marchesi, in scena al Teatro Olimpia di Milano. Nel 1958, insieme al marito, fonda la Compagnia Dario Fo-Franca Rame (il marito è il regista ed il drammaturgo del gruppo, la Rame la prima attrice e l’amministratrice) che, negli anni seguenti, ottiene grandissimo successo commerciale nel circuito dei teatri cittadini istituzionali.

Nel 1968, sempre al fianco di Dario Fo, abbraccia l’utopia sessantottina e fonda il collettivo Nuova Scena dal quale, dopo aver assunto la direzione di uno dei tre gruppi in cui era diviso per rispondere alla domanda del pubblico, si separa per divergenze politico-ideologiche assieme al marito: ciò porta alla nascita di un altro gruppo di lavoro, detto La Comune con cui interpreta spettacoli di satira e di controinformazione politica anche molto feroci.

Si ricordano almeno Morte accidentale di un anarchico e Non si paga! Non si paga. A partire dalla fine degli anni anni ‘70, la Rame partecipa al movimento femminista: inizia a interpretare testi di propria composizione come Tutta casa, letto e chiesa, Grasso è bello!, La madre.

Nel marzo del 1973, Franca Rame viene rapita da esponenti della estrema destra e subisce violenza fisica e sessuale, ricordata a distanza di tempo nel lavoro Lo stupro, del 1981. Le rappresentazioni teatrali della Rame e di Fo vengono da anni messe in scena in tutte le parti del mondo dall’Argentina al Bangladesh, dagli Stati Uniti a Singapore.

Nelle elezioni politiche del 2006 Franca Rame si candida capolista al Senato in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Umbria tra le file dell’Italia dei Valori. Viene eletta senatrice in Piemonte.

da www.bollettario.it
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 30, 2013, 11:49:18 pm »

Lettera d’amore a Dario

di Franca Rame | 30 gennaio 2013


CHI È DI SCENA…
Sono nata nel 1929.

Quando ero piccola, sette, otto anni, mi veniva in testa un pensiero che mi esaltava: morire.
Quando morirò?
Com’è quando si muore?
Come mi vestirò da morta?
Forse mamma mi metterà quel bel vestito che m’ha cucito lei di taffetà lilla pallido orlato da un bordino di pizzo d’oro.
“Sembri un angelo! Quanto è bella la mia bimba che compie gli anni!” mi diceva.
A volte mi stendevo sul lettone di mamma: vestito, calze, scarpe, velo bianco in testa, una corona del rosario tra le mani poste sul petto (tutta roba della Cresima), felice come una pasqua aspettavo che qualcuno mi venisse a cercare e si spaventasse…scoppiando in singhiozzi. “E’ mortaaa! Franchina è mortaaaaa?!” E tutti a corrermi intorno piangendo… arrivavano i vicini, il prete e tutti rosariavano in coro.
Arrivasse un cane di un cane. Nessuno spuntava.
Nell’attesa mi addormentavo.
Al risveglio ero incazzata nera.
“La prossima volta vi faccio vedere io!” bisbigliavo minacciosa.
Poi mi sgridavo: “Cattiva, sei cattiva!!! Dare un dolore così grande alla tua mamma. Vergognati! Con tutti il bene che ti vuole…”
“Ascoltami Franchina… – mi diceva mamma – ci sono delle regole nella vita che vanno rispettate, ogni giorno: non poltrire nel letto, la prima cosa che devi fare, come apri gli occhi è sorridere. Perché? Perché porta bene. La seconda correre in bagno, lavarti con l’acqua tiepida, orecchie comprese, velocemente, vestirti. Far colazione e via di corsa a scuola. Salutare con un sorriso le persone che conosci, se aggiungi al sorriso un ciao-ciao con la manina è ancora più gentile. Non dare confidenza ai maschi. Tenerli a rispettosa distanza. Non accettare dolci o regali da nessuno…specie se uomini. Non parlare mai con gli estranei. Mi raccomando bimba, non prendere freddo, d’inverno sempre la cuffietta di lana all’uncinetto con i pom-pom rosa che ti ha regalato la zia Ida…gli stivaletti rossi di Pia (mia sorella maggiore) che non le entrano più. Ti voglio bene-bene-bene.” Lo ripeteva tre volte con ardore perché mi si inculcasse bene nel cervello. “Fai attenzione a tutto… come attraversi la strada…guai se vai sotto a una macchina. Ti rompi tutta…ricordati che ci ho messo nove mesi a farti!”
Me ne andavo felice…Un po’ soprappensiero per quei nove mesi di lavoro per la mia mamma a farmi. E’ stata impegnata per un bel po’ di tempo…tutti quei mesi!
La vedevo intenta a mettere insieme i pezzi.
Ma dove li prendeva?
Forse c’eran dei negozi nascosti che li vendevano: “Vorrei due gambette con i piedini, due braccine con le manine, un corpicino, la testolina no…ho una bellissima bambola lenci di quando ero piccola…ci metto quella. “Chiederò a mamma, quando sarò più grande che mi spieghi come ha fatto a confezionarmi.
Ora siamo nel 2013. Da allora sono passati molti anni. Sono arrivata agli 84 il 18 luglio. Faremo una bella festa tutti insieme.
Quando Jacopo era piccolo, a Natale arrivavano regali da ogni parte…più i nostri.
Li posavamo tutti sul tavolone della sala da pranzo. Come il bimbo si svegliava lo si portava tenendolo in braccio davanti a tutto quello che aveva portato il Bambin Gesù. Ci si incantava a guardarlo.
Meraviglia, felicità, grida, risate. “Grazie Bambin Gesù…grazie!!!” gridava guardando verso il soffitto come fosse il cielo…poi seduto sul tappeto a scoprire e godersi i suoi giochi.
All’arrivo della torta con le candeline, non riuscivamo a convincerlo a soffiare per spegnerle.
“Lo devi fare! Soffia!!”
“Perché?”
“Perché cresci più in fretta! Soffia!”

Era un bimbo molto curioso e pensoso. Chiedeva sempre: e cosa vuol dire questo e perché no…Una volta sui 5 anni, stava appoggiato al davanzale del balcone su di una sedia con un filo in mano che agitava. “Che fai Jacopino?”
“Do da mangiare al vento…”
Ero un po’ preoccupata.

Mi diverto molto con le mie nipotine. Quando Mattea (la figlia di Jacopo) era piccola, sui sei anni e veniva a trovarci a Sala di Cesenatico a passare l’estate con noi, le preparavo una festa alla grande. Compravo al mercato di tutto…non che spendessi tanto. Nascondevo i regalini spargendoli nel giardino tra alberi e cespugli e via con il gioco del “freddo e caldo”: si girava di qua e di là…davo segnali dei nascondigli dicendo “fredddo… freddo… tiepidino caldino… caldo, caldissimo… oddio brucia!” Mattea infilava la manina nel cespuglio, trovava il pacchetto, si sedeva su prato e lo scartava mandando grida di gioia.
Una mia cara amica, Annamaria Annicelli aveva un grande negozio dove vendeva di tutto e mi regalò per Mattea un mare di Barbie con fidanzato Ken. Cartoncini con guardaroba completo: abiti per tutte le occasioni.
Come ogni estate per anni, arrivò la mia dolce bimba più bella che mai. Le sbatto un uovo con zucchero e cacao – la rusumàta si chiama a Milano – che le piace tanto. Se la mangia leccandosi i baffi.
“Vieni, andiamo a fare il gioco del caldo-freddo.”
Lancia un urlo di felicità.
Le avevo preparata una festa alla grande. E via che si parte: freddo… freddo… tiepidino… caldo… caldissimo! E dal cespuglio estrae una Barbie…poi un’altra…poi il fidanzato Ken, cartelle con abiti…ad un certo punto si lascia andare sull’erba sfinita: “E’ troppo nonna… è troppo!” Quando Jacopo, dopo tre mesi, veniva a prenderla era un momento triste per tutte e due. Ce ne stavamo abbracciate e silenziose in attesa della partenza. Saliva in macchina. La salutavo con la mano e mi scendevano le lacrime…pure lei piangeva. Cercavamo tutte e due di sorridere… ma si faceva fatica.
Una gran fatica.
Una volta, quando eravamo più giovani Dario ed io ci si faceva festa ai compleanni. Festa? Una festicciola…nulla di speciale. La torta, le candeline…dell’anno prima, qualche amica, amici…Ricordo invece un fantastico compleanno, il mio settantesimo a Sala di Cesenatico. Non mi aspettavo nulla di speciale. Invece…
Quella mattina mi svegliai un po’ tardi, Jacopo venne a prendermi in camera dicendomi che Dario aveva bisogno di me…Neanche la mattina del mio compleanno posso restare disoccupata…scendo le scale, esco in veranda, e lì mi trovo una folla con i musicisti che suonavano, clown e maschere e tanta gente, amici venuti da ogni parte, ci saranno state cento persone, tutti a cantare tanti auguri a te…Mi sono messa ad abbracciare tutti uno per uno…Erano veramente tanti, che a un certo punto mi sono dovuta sedere…Anche per l’emozione. Poi siamo andati a mangiare fuori, sul porto canale di Cesenatico, e anche lì c’erano parecchi amici che erano venuti a festeggiarmi. Ogni tanto mi stupisco di quanta gente mi voglia bene. È proprio una grande fortuna…

UNA STELLA SUL LETTO?!

Una volta mi piaceva guardare il cielo di notte. Specie in inverno. Sottozero il blu è più intenso. Le stelle spiccano come brillanti.
Preziose.
Ieri notte niente. Ce ne erano poche ma una ha attirato la mia attenzione era una stella senza luce, piatta come fosse di plastica opaca.
“Vieni qui” le ho detto… hai dei problemi? Ti vedo giù….” In un attimo eccola sul mio letto, senza nemmeno rompere i vetri della finestra.
La guardo incredula… non so come comportarmi…

UNA STELLA SUL LETTO?!

L’astro si rizza su una punta… prendendo colore lentamente.
Una luce iridescente illumina la mia stanza…ma non smargiassa di chi vuol strafare…appena appena per farsi notare.
“E’ così facile avere una stella vera in casa? Basta chiamarla?” penso. “E’ facile per forza… – mi risponde – sono te.”
“Sono una stella?” – dico senza meraviglia, anzi un po’seccata – mi stai prendendo per il sedere?” Avrei detto volentieri culo, ma non volevo darle confidenza.
“Dì pure culo cara, non mi scandalizzo…” e fa una risata a piena gola.
Una stella che dice culo e mi sghignazza dietro!
Ero scandalizzata! Non c’è più religione!
“Bigottona! Son qui per aiutarti… sono te, quindi la tua più grande amica. Sei giù di morale…hai pensieri fissi che ti fan dormire male. Perché vuoi ammazzarti?”
Mi manca il respiro. Un qualcosa mi sale lento dallo stomaco alla gola: un magone che mi soffoca.
“Lasciati andare… non trattenere le lacrime…ci sono io vicino a te…sono scesa apposta da lassù…tutta per te!”
Le lacrime non si fanno pregare, si rincorrono sulle mie guance una dopo l’altra. I singhiozzi escono strazianti anche se in realtà non si sentono.
Allunga una punta, quella di sinistra e mi fa una carezza.
Ma dai…sto sognando…la stella sul letto in punta di stella che mi accarezza con la sinistra…una stella mancina…Mio dio…ha pure 5 punte!
Una stella delle Brigate Rosse!
“Non stai sognando…conosco la ragione della tua voglia di morire ma solo se ne parli, se svisceriamo il problema insieme, lo risolviamo. Parola di Stella!”
Respiro profondamente. Sto per dire qualcosa che mi costa.
“Sono tanto triste perché sono disoccupata. Ho perso il mio lavoro.”
“Come hai perso il tuo lavoro? Sei dalla mattina alla sera al computer…scrivi, scrivi, scrivi senza alzare nemmeno gli occhi.”
“Sì lo so, ma questo non è il mio lavoro. Sono nata il teatro, a 8 giorni ero già in scena…ho sempre recitato. Da 8 giorni a 81 anni… avevamo in scena “L’anomalo bicefalo” una satira su Berlusconi. Ci divertivamo un sacco! Ma eravamo nell’’83… quanti anni son passati?”
“Ti stai dimenticando di Mistero buffo,….L’avete fatto tanto…”
“Sì hai ragione…ma ora non si fa più nemmeno quello.
Poi uno spettacolo ogni morte di vescovo, che ne muoiono pochissimi.
Sono felice di aiutare Dario che è il MIO TUTTO, curare i suoi testi, prepararli per la stampa, ma mi manca qualcosa… quel qualcosa che non mi fa amare più la vita.
È per questo che voglio morire.
Ma non so come fare.
Immersa nella vasca da bagno e tagliarmi le vene?
Poi penso allo spavento di chi mi trova in tutto quel rosso.
Buttarmi dalla finestra, ma sotto ci sono gli alberi e finisce che mi rompo tutta senza morire: ingessata dalla testa ai piedi.
Avvelenarmi con sonniferi…ci ho già provato una volta…tre, quattro pastiglie e acqua… avanti così per un po’ e mi sono addormentata con la testa sul tavolo…
Insomma, morire è difficilissimo!
A parte che mi ferma anche il dolore che darei a Dario a Jacopo alla mia famiglia, Nora, Mattea, Jaele (la più bella della famiglia) e tutto il parentado…alle amiche, amici.
Penso anche al mio funerale e qui, sorrido. Donne, tante donne, tutte quelle che ho aiutato, che mi sono state vicino, amiche e anche nemiche… vestite di rosso che cantano “bella ciao”.

Che tristezza essere disoccupata. “Hai messo in scena molti spettacoli che hanno avuto gran successo ed eri sola – prosegue la Stella…Tutta casa letto e chiesa, Parliamo di Donne, Sesso? Grazie tanto per gradire, Legami pure che tanto spacco tutto lo stesso, Il funerale del padrone, Il pupazzo giapponese, Michele ‘Lu Lanzone e altri ancora che non mi ricordo… dovrei andare su internet ma non ne ho voglia.
Perché non ne rimetti uno in scena?”
Ma…sono abituata con Dario…
L’ho conosciuto in palcoscenico nel ’51… abbiam fatto tourné, avuto successo… anche troppo. Dopo anni di fermo abbiam debuttato per due soli spettacoli in settembre del 2012 con “Picasso desnudo”.
E adesssssso? Ci metto sei S per sottolinearti bene il concetto. Adesso nulla! Nessun programma futuro. Deglutisco per mandar giù il magone
Dovresti aiutarmi tu Stella, dammi la forza… la voglia.
“Che piagnona! – mi urla, mi hai proprio rotto i…No, non lo posso dire perché lassù si incaz…Mamma mia solo parolacce mi vengono…è perché sono scesa in terra…qui ci si sporca!
Potresti mettere in scena un testo da recitarti tutto da sola…hai un mare di materiale a disposizione. Li conosco tutti i tuoi monologhi mai rappresentati.”
“Ma smettila, conosci i miei monologhi….”
“Certo, sono te!”
“Ah sì…Hai ragione…Sì, potrei farlo…ma poi penso a Dario la sera sperduto davanti alla tv… che se ne va a letto senza chiudere né tapparelle, né porta. Lo sento che si gira e rigira tra le lenzuola pensandomi…preoccupandosi e…quindi sto qui, accanto a lui. Lo amo tantissimo…ma sono proprio triste… infelice…ciao me ne vado…”
“Ma dove vai? Ti vuoi nascondere a piangere? Piangi qui piccola…tra le mie braccia…”All’improvviso si ingrandisce a vista d’occhio si trasforma in una coperta di lana morbida lucente e mi avvolge tutta. Un brivido di piacere attraversa il mio corpo… mi sento via via rilassata e sulla bocca mi spunta un sorriso…il più dolce della mia vita
Caro Dario tutto quanto ho scritto è per dirti che se non torno in teatro muoio di malinconia. Un bacio grande…

da - Il Foglio Clandestino
« Ultima modifica: Febbraio 22, 2013, 07:07:36 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #2 inserito:: Febbraio 22, 2013, 07:06:54 pm »

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Un esercito di grattanti

di Franca Rame | 22 febbraio 2013

Non so che giorno sia oggi, ma non è un bel giorno.
Vorrei riassumervi la mia condizione di vita degli ultimi 15 mesi. 455 giorni… 455 giorni che mi “gratto”. Sì mi gratto. 455 giorni possono essere tanti o pochi. Se stai facendo il giro del mondo con la persona che ami in prima classe con annesso e connesso, di meglio non c’è.
Se invece sei tormentata da un prurito folle, nel senso di pazzo, volubile, isterico, è proprio una schifezza. Un momento ti prude la schiena, poi passa al seno, poi al ventre, poi dietro il collo, poi una caviglia, e così via. Si ricomincia da capo.
Vado su google alla voce prurito trovo: “Il 64% degli anziani in Italia soffre di prurito senile.”
Non basta diventare vecchi… devi sopportarti pure il prurito.
Faccio due conti aiutata da Chiara, altra preziosa assistente. Gli anziani in Italia sono 12,3 milioni – Fonte Istat: il 64% di 12,3 milioni dà il seguente risultato: 7.872.000. Sette milioni ottocento settantadue mila grattosi. Non c’è altro termine.
 
Ci penso un po’ su, poi li sistemo tutti in Piazza del Duomo e in mezzo a loro grido in un enorme megafono: “Grattiamoci!” E via che parte una specie di danza mongola. Tale danza enfatizza ampi movimenti delle braccia… le braccia terminano con le mani e con le dita rapaci ci si gratta. C’è chi si gratta da solo, chi gratta chi gli sta davanti che a sua volta è grattato da chi gli sta dietro, si formano file interminabili di grattanti, gemiti di piacere riempiono la piazza… gratta, gratta che ti gratto e di lassù La Madonnina sorride.
“Madonnina mia, non ti pare che quasi 8 milioni di persone si grattano in continuazione siano troppe?”
 
Partiamo da Milano per raggiungere Jacopo e goderci la famiglia per una po’ di tempo. Siamo nel mese di giugno… e mi gratto.
 
I circa 455 giorni trascorsi da allora ad oggi con tutte le loro disgrazie sono stati orribili. Ne ho viste di tutte.
 
La prima disgrazia: scivolo in bagno, batto il torace sul bidét, 2 costole incrinate. Dolore ad ogni respiro, immaginatevi il resto.
La seconda: Luca, uno dei nostri preziosi assistenti, mi sta collegando il computer nel mio studio ad Alcatraz. Naturalmente inciampo nel filo elettrico che è a terra tra una stanza e l’altra e mi faccio un bel volo e frano a terra. Mi alzo subito. Muovo ogni arto, fianchi, un po’ di danza del ventre… tutto a posto. Ok. Mi duole appena appena il polso sinistro. Non ci faccio caso. Devo sbrigarmi, tra 10 minuti, alle 17, ho il corso di teatro. Ecco Jacopo che mi viene a prendere. Dopo un attimo siamo nel piccolo teatro colmo di giovani e qualche anziano. Quattro chiacchiere di presentazione e poi: “Vorrei montare due brani, uno comico, Il risveglio e uno drammatico, lo stupro, vi potranno servire per i provini quando vi presenterete a registi per essere assunte… scritturate per un ruolo in una commedia.
 
L’atmosfera è festosa. C’è molta attenzione. Vengono distribuiti i testi. Il polso mi fa un po’ male. Cerco di non pensarci. Decido di proiettare i due brani per fare entrare più facilmente le attrici nel personaggio. Dopo la proiezione invito a salire sul palcoscenico e cimentarsi nel monologo. “Forza, chi vuole essere la prima?” chiedo. Un timido “Io” mi arriva dal fondo platea. “Vieni!” parto con un applauso seguito da tutti. La ragazza sale in palcoscenico e via che inizia. La lascio andare per un po’ poi la interrompo: “Bene. Ora ricomincia da capo.” L’Interrompo dandole i giusti toni e indicazione per i movimenti. “Scusa, non posso fartelo vedere perché ho male al braccio… cerca di immaginarti bene quello che stai facendo… ecco così… brava…” Molte sono le giovani che affrontano la prova.
Sono le 8, tutti a cena.
Passo una notte nell’impossibilità di addormentarmi causa polso dolente.
Il giorno appresso passa nello stesso modo.
Il terzo giorno mi decido per la radiografia che tutti mi consigliano.
Ospedale di Perugia. Radiografia: frattura multipla scomposta. Bisogna ricomporla. L’infermiere non fa complimenti: “Le farò un po’ male.”
E’ stato di parola. Una tortura ragionata, dito dopo dito. Professionale. Competente. Calmo. Pure bravo visto il risultato.
Gesso: 30 giorni.
Rassegnata me ne torno a casa. La vita con un braccio solo è un po’ complicata. Per mia fortuna m’è capitato in casa un angelo che mi protegge. Si chiama Tommasa ma preferisce farsi chiamare Tata.
Viene dalle Filippine. Ha lasciato marito e 4 figli laggiù. E’ venuta in Italia per lavorare e guadagnare denari e dare un futuro ai suoi figli. Tata è bella. Il suo viso sprigiona dolcezza. Ci abbiamo messo poco tempo a volerci bene. Sono spesso ammalata, e lei mi aiuta in tutto. Ormai sono Tata-dipendente.
La terza disgrazia: Tosse, una gran tosse che arriva non so da dove: temperatura 38. Il mio secondo angelo protettore, Prof. Milazzo, scienzato del corpo umano, consiglia radiografia: polmonite. Il professore scuote la testa come a dire: “Questa non ci voleva.”
Antibiotici. Ok. Sarà finita, no?
No.
Ogni tanto Dario mi dice: “Devi farti benedire”.
Fra poco inizierò a pensare che ha ragione.
Tre giorni fa, scivolo sullo scendiletto all’indietro.
Da non crederci.
Piombo a terra battendo testa, schiena, coccige.
Solitamente se mi serve qualcosa comunico tramite gli interni telefonici con studio Dario, cucina, oppure con un campanellino.
Con uno sforzo estremo riesco a sedermi. Studio la situazione. Di alzarmi neanche a parlarne. Chiamare è inutile: la porta è chiusa. Vedo gli oggetti dei miei desideri, apparecchio telefonico e campanellino, irraggiungibili.
Decido per una operazione azzardata: raggiungere la porta, aprirla e chiamare aiuto. Strisciare sul sedere sino all’uscio con un dolore alla schiena insopportabile. Mi allungo tutta per raggiungere la maniglia. Apro. Chiamo.
Non sentono. Dario sta al computer tutto il giorno sul sito di Grillo. Sono certa che se gli fosse possibile lo sposerebbe. “Tutta la mia vita con te, amore mio, per sempre!”
Urlo: “Jessicaaaaaa”.
Nessuno mi sente.
Mi lascio andare a terra stremata… prima di notte spero passi qualcuno… o tutti hanno abbandonato la postazione famiglia?
Sento freddo. Mi arriverà qualche altro accidente. Chiudo gli occhi rassegnata.
Ora qualcuno mi raccoglie, tutti parlano, mi posano sul letto. Arriva prof. Milazzo. Visita accurata, costola dopo costola, vertebra dopo vertebra. Tutto a posto. Mi pratica una iniezione Voltaren. Dormo.
“Domani è un altro giorno” diceva la perfida Rossella.
Me lo sto ripetendo anch’io… e mi gratto.
Jacopo fa un appello su Internet raccontando del mio prurito. Arrivano un mare di consigli, il più intelligente? “Ha prurito? Si gratti.”
Mio figlio mi ha inviato una quantità eccessiva di creme. Quella che a volte mi dà sollievo l’olio di iperico che Tata usa per massaggiarmi. Oggi ad esempio sto benino. Forse perché mi sto distraendomi snocciolandovi le mie disgrazie.
Vediamo domani.
Vi ho raccontato la mia storia nella speranza che qualcuno mi possa suggerire un rimedio.

Un bacio a tutti,
Franca

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02/22/esercito-di-grattanti/507428/
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