Pomigliano, respinto il ricorso
Landini: "Un regalo dagli altri sindacati"
Il segretario Fiom spiega: "Fim, Uilm, Fismic e Ugl, hanno firmato a Pomigliano un verbale che riconosce che ci sono più di 2000 esuberi".
Quindi, ha spiegato a margine dell'assemblea degli attivi Fiom dell'Emilia-Romagna a Bologna, "questo atto ha permesso al tribunale di riconoscere oggettivamente che l'azienda può aprire la procedura di mobilità".
Il giudice del Tribunale di Roma ha respinto questa mattina il ricorso presentato dalla Fiom contro le 19 procedure di mobilità annunciate da Fabbrica Italia Pomigliano lo scorso 31 ottobre, e sulle quali non si è trovato un accordo tra azienda e sindacati. Una decisione, spiega il leader della Fiom Maurizio Landini, dovuta "al fatto che due giorni prima gli altri sindacati, Fim, Uilm, Fismic e Ugl, hanno firmato a Pomigliano un verbale che riconosce che ci sono più di 2000 esuberi. Questo atto ha permesso al tribunale di riconoscere oggettivamente che l'azienda può aprire la procedura di mobilità".
"Un regalo insperato alla Fiat da parte degli altri sindacati, che ora dovranno spiegare ai 2000 lavoratori che ciò che è stato firmato due anni fa non vale più". Ma per Landini la sentenza non è totalmente negativa: "Il tribunale - ha spiegato infatti il leader metalmeccanico - riconferma però che esiste una discriminazione quando dice che i 19 lavoratori della Fiom che sono rientrati al lavoro non possono essere licenziati". Dunque, ha concluso, "io credo che il problema non sia la sentenza, il problema sono le altre organizzazioni sindacali che hanno firmato a Pomigliano quel verbale, modificando gli accordi di due anni fa che impegnavano l'azienda a far rientrare tutti i lavoratori e riconoscendo che ci sono degli esuberi".
Ma Fabbrica Italia Pomigliano non potrà licenziare i 19 iscritti alla Fiom assunti lo scorso 28 novembre. E' quanto
si evince dalla sentenza del Tribunale di Roma sul ricorso presentato dalla Fiom che chiedeva di accertare un comportamento "pregiudizievole" da parte della newco, nell'attivazione delle 19 procedure di mobilità nei confronti di altrettanti dipendenti, come reazione alla sentenza della Corte d'Appello di Roma, che ha disposto l'assunzione nello stabilimento di 145 iscritti ai metalmeccanici della Cgil (19 entro il 28 novembre e gli altri 126 entro metà aprile).
Il giudice, nel sottolineare che dall'ordine di assunzioni degli iscritti alla Fiom "non appare conseguire l'obbligo per l'impresa di mantenere un determinato numero di lavoratori nell'organico aziendale", ha anche specificato, però, che "diverso è l'obbligo di mantenere una determinata percentuale di iscritti alla Fiom nell'ambito dell'organico complessivo".
"Obbligo specificamente - si legge nel dispositivo - individuato dal Tribunale di Roma e dalla Corte di appello di Roma, sul quale, in questa sede non è, peraltro, sorto alcun contrasto, allo stato non ipotizzabile, non essendo ancora scaduto il termine per l'assunzione dei 126 lavoratori iscritti alla Fiom e non avendo la società adottato alcun licenziamento".
La storia. Tre mesi fa la Fiat annuncia che a Pomigliano, nella nuova fabbrica dove si produce la Panda, sarebbero stati licenziati 19 operai, per far posto agli iscritti alla Fiom che la Corte d'Appello di Roma ha imposto all'azienda di assumere per sanare l'evidente discriminazione di uno stabilimento dove è stata praticata una sistematica esclusione nei confronti dei tesserati alla Cgil.
Il tribunale comanda il rientro dei primi 19 cassintegrati Fiom (su 145) entro il 28 novembre 2012 (40 giorni dopo la sentenza del 19 ottobre) e la Fiat risponde con 19 nuovi licenziamenti.
Contro i 19 licenziamenti scende in campo il Governo. "L'azienda è libera ma non mi sono piaciuti", commenta il ministro Corrado Passera (Sviluppo economico). E Elsa Fornero, con una nota, chiede esplicitamente alla Fiat di bloccare i licenziamenti: "Constato con rammarico e preoccupazione - scrive il ministro del Lavoro - la novità che fa evolvere le relazioni industriali nel senso dello scontro e dell'indurimento della contrapposizione; la mancanza di una volontà di dialogo da entrambe le parti; l'assenza di una posizione comune da parte sindacale".
La Chiesa prende posizione: don Giuseppe Gambardella, parroco del centro storico di Pomigliano, durante l'omelia chiede alla gente di "pregare per gli operai di Pomigliano". "C'è dolore e tanta rabbia - spiega don Gambardella - nella mia comunità dove abitano tanti operai della Fiat. Alcuni hanno ripreso a lavorare, altri sono da molto tempo in cassa integrazione.
C'è dolore e disappunto per l'atteggiamento di una fabbrica che dovrebbe essere l'orgoglio della nostra Italia e che invece disprezza i nostri concittadini, i nostri lavoratori".
"È un'assurdità. L'uomo non è una merce che si può cambiare a nostro piacimento", tuona il vescovo di Nola, don Beniamino De Palma.
Sulla mossa della Fiat, che intende mettere in mobilità 19 operai dello stabilimento di Pomigliano d'Arco, si muove la Procura di Nola. Il procuratore capo, Paolo Mancuso, vuole capire se l'iniziativa configuri un comportamento antisindacale e violi le norme previste dall'articolo 28 dello Statuto dei lavoratori.
Anche i sindacati che hanno approvato gli accordi Fiat contestati dalla Fiom chiedono al Lingotto un passo indietro sui licenziamenti di Pomigliano.
Ma la Fiat mantiene i licenziamenti. Il 6 novembre i dirigenti di Pomigliano si presentano all'incontro con i sindacati senza modificare di una virgola l'impostazione annunciata: "Il Lingotto intende licenziare 19 tra gli attuali dipendenti impiegati sulla linea della Panda per far posto ad altrettanti cassintegrati della Fiom".
Il 27 novembre i 19 operai Fiom firmano per un'assunzione ex novo e tornano in fabbrica.
L'ultimo round tra azienda e sindacati lo scorso 14 gennaio. L'incontro si chiude con una fumata nera. In linea con la legge 223 sulle procedure di mobilità e licenziamenti, l'ultimo arbitrato in sede istituzionale - alla scadenza dei 75 giorni dall'annuncio dell'azienda - si tiene all'Ormel dell'Ufficio del Lavoro regionale. Una riunione di mezz'ora che si chiude con un verbale di mancata intesa. Da questa data l'azienda automobilistica ha 120 giorni di tempo per decidere la messa in mobilità unilateralmente.
(22 gennaio 2013) © Riproduzione riservata
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