Ma chi sbaglia paga di più
L'accordo quadro per il nuovo Patto di stabilità, emerso dalla riunione dell'Eurogruppo a Lussemburgo, riduce il rischio di un irrigidimento delle regole che avrebbe compromesso la fragile ripresa europea. Per una volta, il compromesso raggiunto potrebbe sfociare in un buon equilibrio fra l'esigenza di porre sotto controllo i bilanci pubblici degli Stati-membri e l'obiettivo di non minare le già precarie prospettive di crescita dell'area dell'euro. Anzi: se letto insieme al comunicato congiunto della cancelliera Merkel e del presidente Sarkozy, che ribadiscono la necessità di un meccanismo di prevenzione e soluzione delle crisi fiscali e adombrano la revisione del Trattato di Lisbona, l'accordo quadro apre nuovi spazi di policy a livello europeo.
I capisaldi del potenziale equilibrio sono riducibili a tre. Innanzitutto, vengono rafforzati quegli strumenti di monitoraggio e di controllo delle politiche nazionali di bilancio da parte delle istituzioni europee, varati prima dell'estate nell'ambito degli interventi di sostegno alla Grecia e agli altri Paesi a rischio. Sommandosi con i meccanismi europei di prevenzione delle crisi, questi strumenti getterebbero le basi per politiche fiscali coordinate fra gli Stati-membri e costituirebbero così il primo mattone per un'Unione non solo monetaria. In secondo luogo, vengono eliminate quelle regole meccaniche di rientro dal debito pubblico, eccedente il 60% rispetto al Prodotto interno lordo (Pil), che avrebbero dato un'intonazione restrittiva alle politiche economiche di tutti gli Stati-membri e condannato a una lunga recessione i Paesi meno competitivi.
L'accordo quadro ribadisce la crucialità della progressiva riduzione dei debiti pubblici troppo elevati. Al posto delle regole meccaniche, esso introduce però criteri di valutazione delle dinamiche dei debiti pubblici che sono più articolate e realistiche. Il rapporto fra debito pubblico e Pil è infatti integrato dall'esame di altre variabili cruciali per la gestione e la qualità dei bilanci pubblici: la struttura delle scadenze del relativo debito, la determinazione delle passività - implicite o esplicite - non contabilizzate (per esempio, gli squilibri previdenziali), il grado di compensazione potenziale della ricchezza finanziaria netta dei privati. In terzo luogo, viene ribadita la necessità di correggere nel breve termine ogni deviazione del rapporto tra disavanzo pubblico e Pil rispetto alla soglia massima del 3%. Anche in questo caso però, la disciplina viene imposta mediante meccanismi concordati fra le varie istituzioni europee piuttosto che mediante l'automatica e poco credibile sanzione pecuniaria degli Stati-membri non in regola.
Nelle prossime settimane l'accordo quadro del nuovo Patto di stabilità andrà tradotto in regole operative di dettaglio. Tali regole saranno fondamentali per dare «carne e sangue» al potenziale equilibrio fra rigore e spazi di crescita. Speriamo che la presenza al tavolo di Francia e Germania, che ieri hanno chiesto un inasprimento delle sanzioni, non faccia rientrare dalla finestra quei meccanismi punitivi relegati sullo sfondo dall'accordo quadro.
Marcello Messori
19 ottobre 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
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