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Autore Discussione: Viviana Mazza. LO STUPRO COME ARMA DI GUERRA IN SIRIA  (Letto 2242 volte)
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« inserito:: Luglio 13, 2012, 06:32:28 pm »

LO STUPRO COME ARMA DI GUERRA IN SIRIA


di Viviana Mazza

I numeri nei cerchi rossi indicano le violenze sessuali denunciate in diverse zone della Siria negli ultimi tre mesi.

La città più colpita è Homs, centro di proteste anti-regime oggi ridotta a città fantasma.

La mappa, aperta purtroppo a nuovi aggiornamenti, è un progetto di  Women Under Siege, un’iniziativa lanciata dalla femminista americana Gloria Steinhem. E’ il primo tentativo di raccogliere le testimonianze di abusi sessuali in Siria. I dati sono stati analizzati da un team della Columbia University di New York, e ieri è stato pubblicato un primo rapporto, che accusa soprattutto le forze governative siriane. Il rapporto prende in esame 117 resoconti, raccolti tra il marzo 2011 (quand’è iniziato il conflitto) e fine giugno 2012. Il 58% degli abusi sessuali vengono attribuiti a soldati o ufficiali,  il 26% a sconosciuti, il resto a shabiha (miliziani volontari pro-regime). Ci sono anche alcuni uomini che denunciano di aver subito simili violenze in prigione.

Il fatto che nel 42% dei casi le donne sono state stuprate ripetutamente da più uomini fa pensare ai ricercatori che ”la violenza venga usata come strumento di guerra, anche se non necessariamente secondo una strategia organizzata“.

In Siria gli oppositori raccontano storie simili a quelle contenute nel rapporto, accusando le forze di sicurezza. Il governo invece attribuisce le violenze, anche sessuali, a terroristi armati; e i cittadini – e le cittadine – che appoggiano il regime dicono di credere alla versione governativa e di sentirsi protette dall’esercito. La mappa tiene anche conto di testimonianze mandate in onda dalla tv di Stato siriana, che ad esempio il 9 luglio ha trasmesso le presunte confessioni di quattro uomini che affermano di aver commesso omicidi, stupri, rapimenti come pure di aver portato armi dal Libano in Siria.

Il problema resta la verifica.

In molti casi, le fonti del rapporto di “Women Under Siege” sono filmati diffusi in Rete.  Le ricercatrici non nascondono questo limite: “Si tratta sempre di testimonianze di seconda o terza mano che non possono essere indipendentemente confermate“, scrive la giornalista Lauren Wolfe, che dirige il progetto.

Ad esempio, in un video su YouTube dello scorso febbraio, una donna, con il volto coperto e il Corano in mano, racconta di essere stata violentata da cinque uomini, che dopo aver perquisito la sua casa a Homs in cerca di armi le avrebbero “strappato gli abiti e bruciato il corpo con le sigarette”. Continua, piangendo: “Mi hanno stuprata in cinque. Non uno o due! Cinque uomini!”

In un altro filmato è un ragazzo delle forze di sicurezza a parlare: dice di essere stato reclutato nel suo villaggio con un compito esplicito, quello di “rapire le ragazze… le ragazze che portano l’hijab”, cioè il velo sulla testa. “Ne abbiamo prese circa 25 – racconta – da zone benestanti della città”. Dice che sono state portate “nelle celle di una sede della sicurezza”, dove sono state stuprate. In altri casi, le storie usate nel rapporto sono state riportate da giornali arabi e occidentali.

DA - http://27esimaora.corriere.it/articolo/lo-stupro-come-arma-di-guerra-in-siria/
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