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Autore Discussione: MARCO SARNO. La rivoluzione viaggia in rete  (Letto 2574 volte)
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« inserito:: Giugno 17, 2012, 06:32:52 pm »

L'INCONTRO

Facebook, datteri e zafferano

La rivoluzione viaggia in rete

Bernardo Valli  e la blogger siriana Aya Homsy, sollecitati da Giovanni Valentini, illustrano il ruolo dei social network nella grande "primavera araba" e nelle trasformazioni in atto nei paesi del Nordafrica

di MARCO SARNO

BOLOGNA - Facebook: la rivoluzione va veloce. E ha tante condivisioni. Soprattutto nei Paesi arabi. Uno strumento considerato inusuale fino a poco tempo fa e per nulla considerato nello sviluppo delle democrazie. Ma la rivolta ha pure tanti padri (in senso metaforico) quanti sono coloro che hanno raccontato le tragedie attraverso i social network che sono stati gli sguardi del mondo laddove la censura ha chiuso gli occhi e la voce dei dissidenti. E raccontare non è mai semplice. Ma la storia di quei luoghi ha anche la voce, la memoria e soprattutto gli occhi  di Bernando Valli, in cui scorre la Storia. E Valli va veloce come la rete e riannoda le fila di un rapporto tra informazione scritta in senso tradizionale e nuove tecnologie: Facebook, in particolare, come collettore di umori e impegno. D'altronde le sue cronache sono la testimonianza del lavoro di un cronista che non ha mai perduto la voglia di raccontare in prima persona gli eventi di quei Paesi solo così apparentemente lontani da noi. "Facebook ha avuto un ruolo fondamentale - spiega Valli - E' stato non un motore, ma lo strumento per accedere a cose che probabilmente non avremmo conosciuto in tempi così rapidi. E il giornalismo, la carta stampata, si è dovuta adeguare al cambiamento. L'informazione della rete ha avuto un impatto decisivo ed ha permesso di superare le censure locali, il deficit di dibattito e avvicinando il concetto di democrazia". Un meccanismo che accende una miccia, garantisce una spinta e contamina le realtà di quelle aree dove si combattono guerre civili.

Ma Facebook ha avuto anche il merito di accorciare i tempi delle rivoluzioni scardinando frontiere che sembravano invalicabili. Gli spunti per queste riflessioni sono a margine dell'incontro nella Sala del Podestà a cui hanno partecipato Bernardo Valli, inviato ed editorialista di Repubblica, e la blogger siriana ini Aya Homsy (coordinati da Giovanni Valentini) che in quest'ultimo anno e mezzo è stata una sorta di sentinella. La voce metallica delle grida nelle piazze siriane mischiate alle urla e al fragore dei colpi di proiettili sparati dagli uomini dell'esercito di Assad. I video caricati su YouTube dai dissidenti e veicolati dalla Homsy sono stati una delle armi a cui si è affidata la testimonianza di quei soprusi. Ma tutto va preso con moderazione, perché la rete è tante cose insieme e deve tener conto dei contesti. "Non va dimenticato - prosegue Valli - che la rete ha potuto contare anche su sezioni di società rappresentata da giovani altamente scolarizzati e poliglotti che vivono in quei Paesi e che con le loro conoscenze" sono riusciti ad aprire un varco, a squarciare un velo su un mondo del quale si sapeva ancora poco in termini di lotta e resistenza alle dittature silenziose del sistema. "Certo esistono delle forzature - ammette Aya Homsy - non tutto ciò che è stato veicolato è stato sempre onesto. Ma il mio lavoro e quello degli amici che ho in Siria ha dovuto fare i conti con l'impossibilità di poter girare liberamente per raccontare le storie di chi è stato torturato e ucciso. Naturale che in qualche caso si è dovuto 'forzare' la mano cercando di mettere alle corde il governo ed esporlo al giudizio delle democrazie". L'equazione che sembra suggerire la blogger è: informazione uguale a speranza.

La temporalità è l'elemento aggregante. Arrivare subito nel raccontare. Accelerare i processi di conoscenza e diffondere quelle immagini e quelle voci. Contaminare per rendere più semplice la fruizione dei materiali e raccontare le trasformazioni. Un passaparola che ha avuto la capacità di sfuggire all'occultamento delle verità e lo testimoniano i follower della Homsy che quando iniziò scoprì che nel giro di brevissimo tempo erano già diventati 70mila. Una comunità che è riuscita a sfuggire agli apparati polizieschi. Un catena che non conosce limiti e che pone la rete in prima linea. Il rumore di quei clic sulla tastiera del computer sono il rumore di sottofondo di chi chiede partecipazione e democrazia. Un ticchettio che scandisce la voglia di rinnovamento delle giovani generazioni. Il sogno di vivere nel rispetto delle minoranze e dove nessuno possa decidere del destino di chi viene considerato fuori dalle regole. C'è un bisogno intrinseco di raccontarsi e condividere i dolori che rilanciano a migliaia di chilometri dagli epicentri storie individuali che diventano collettive, che creano opinione e aiutano a comprendere meglio ciò che ci circonda. Un diario che non sostitusce la storia ma che aiuta a costruirla sotto forma di partecipazione. "Sono uomini, ma soprattutto donne e mamme che applaudono alle inziative dei propri figli che rischiano la vita - conclude la Homsy - Donne disposte a privarsi del bene più prezioso che hanno. E questo significherà pur qualcosa". La rivoluzione va veloce nei Paesi arabi, ma finché ci sarà voglia di raccontare e custodi della memoria come Bernardo Valli, allora anche in Paesi così lontani da noi, quel clic sulla tastiera sarà un suono e non un rumore.

© Riproduzione riservata (15 giugno 2012)

da - http://www.repubblica.it/speciali/repubblica-delle-idee/edizione2012/2012/06/15/news/facebook_datteri_e_zafferano-37272259/
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