LA SCHEDA
Investigatori, finanzieri e geni del computer l'esercito dei 46mila cacciatori di evasori
Sono quasi tutti laureati. Per reclutare nuovi ispettori è saltato anche il blocco delle assunzioni.
Scandagliano le banche dati, aprono i conti correnti, sanno in tempo reale se compriamo un'auto o una casa.
Quanti sono e come lavorano gli uomini messi in campo dall'Agenzia delle Entrate e dalla Finanza
di FABIO TONACCI
ROMA - Sono in missione per conto dell'Italia. Se non di tutta, almeno di quella parte onesta che paga le tasse. Sono un po' investigatori e un po' geni del computer. Intuito da sbirro, calcolo da ragioniere. Sono cacciatori di evasori, un esercito di 46.500 uomini, 31.500 finanzieri di polizia tributaria e 15 mila accertatori dell'Agenzia delle Entrate. Insieme, "fanno" una città come Rovigo. Scandagliano le banche dati. Aprono tutti i nostri conti correnti, sanno in tempo reale se compriamo un'auto o una casa, se siamo soci di un club esclusivo, quanto spendiamo di bolletta della luce, se abbiamo una colf. Alla bisogna, pedinano e intercettano. Una cassetta degli attrezzi che non ha eguali nel resto d'Europa e che di recente ha fatto sollevare qualche dubbio al Garante della privacy. Ma l'obiettivo è stanare l'homo evadens.
TUTOR PER LE IMPRESE -All'Agenzia delle Entrate hanno un funzionario, un "tutor", per ognuna delle 3100 grandi imprese italiane con un fatturato superiore ai 100 milioni di euro. Le hanno schedate, una per una, con i relativi profili di rischio. Quando fiuta possibili impicci fiscali, frequenti nei casi di fusione o accorpamento, il tutor fa visita all'azienda. Senza preavviso. "Ci mettiamo su un loro computer - raccontano all'Agenzia - e tiriamo fuori tutte le informazioni utili. Bisogna essere furbi e bravi perché spesso i file più interessanti sono tenuti ben nascosti". E l'azienda, per legge, non può opporsi alla verifica.
Basta questo per capire che non tutti possono fare i cacciatori. All'Agenzia si accede solo per concorso, in deroga al blocco delle assunzioni (anche se dal 2007 ad oggi i dipendenti si sono ridotti di 4 mila unità). I 15 mila sono quasi tutti laureati. Una volta assunti devono seguire corsi di specializzazione in materia fiscale. Ma nessuno entra se non sa "smanettare", e bene, con il computer. Anche perché all'Agenzia la carta è antiquariato. Tutto passa sullo schermo del terminale. Atti, dati, accertamenti.
IL RUOLO DEL COMPUTER - Una parte dei controlli sulle dichiarazioni dei redditi soggetti a ritenute, circa 400 mila verifiche all'anno, avviene senza che i funzionari alzino un dito. Fa tutto il computer. E l'accertamento, l'atto finale che quantifica gli obblighi tributari evasi, parte in automatico. Così viene scoperto, ad esempio, chi non ha inserito affitti o altre fonti di reddito nel 730. Dai 15 mila terminali ci si collega a Serpico, il grande fratello del fisco, il maxi cervellone che spara 22 mila informazioni al secondo sui contribuenti italiani.
Serpico è a un passo dall'accesso diretto ai nostri conti correnti. Serve ancora l'ok del Garante a un provvedimento attuativo emanato dalla stessa Agenzia dopo la riforma Monti. Dopodiché non solo saprà quanti conti abbiamo e dove, come adesso, ma avrà contezza anche della loro consistenza liquida. "È una vera rivoluzione - spiega un accertatore - potremo usare quel dato preventivamente. Come? Confrontando il saldo di un soggetto con il suo tenore di vita reale, descritto dallo "spesometro", lo strumento fiscale che obbliga a fornire al venditore il codice fiscale per acquisti superiori ai 3 mila euro".
Ragionamento induttivo, dunque, che si fa certezza grazie a un occhio elettronico sempre più invadente. È il caso ancora delle "liste nere" dei finanzieri. Quasi la metà dei 63 mila militari della Finanza è impegnato in attività di polizia tributaria. Il controllo dello scontrino sul territorio è solo una piccola parte della vastissimo campo di azione delle divise grigie. Sulle scrivanie dei 103 comandanti dei nuclei provinciali ci sono liste con migliaia di nomi (imprese e lavoratori con partita Iva) su cui saranno fatte nell'arco dell'anno verifiche fiscali. Si finisce lì sopra in base a degli indici di capacità evasiva, quantificati ancora una volta incrociando informazioni sul tenore di vita (auto, case, barche, viaggi, beni di lusso e non acquistati), controlli sul territorio, segnalazioni, studi di settore.
LE FINANZIARIE ESTERE - Per mettere il naso dentro il conto corrente al finanziere serve comunque l'autorizzazione del comandante regionale. Ma con la riforma Monti l'accertamento finanziario si è allargato fino alle garanzie prestate da finanziarie estere. E questo sta facendo emergere migliaia di frodi fiscali (le cifre ufficiali saranno diffuse entro giugno, insieme con quelle degli sprechi della spesa pubblica e le frodi internazionali) realizzate con San Marino e altri paradisi fiscali.
"Ma l'intuito vale ancora più della macchina - spiega Giuseppe Arbore, comandante del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania - pochi giorni fa a Treviso durante un controllo in un'azienda di pellami un agente si è accorto che dietro un attaccapanni c'era una parete mobile, che nascondeva i libri con la vera contabilità. Così abbiamo scoperto un'evasione da 100 milioni. Queste cose i computer non le sanno fare".
(29 aprile 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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