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Autore Discussione: Pier Luigi BATTISTA  (Letto 108618 volte)
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« Risposta #210 inserito:: Agosto 08, 2017, 06:24:37 pm »

La puzza sotto il naso degli ex turisti low cost

  Di Pierluigi Battista

Questa campagna ridicola e malmostosa contro il cosiddetto «turismo low cost», che pena. Che spocchia da nuovi ricchi, da penultimi arrivati che vogliono dimenticare quando low cost erano loro e le ciabatte che indossavano non erano più eleganti di quelle di adesso e le code per una visita mordi e fuggi ai musei non erano meno colpite dalla zaffate di afrore quando a inondare le città del mondo erano quelli che adesso si ergono a paladini del borgo natio, che poi natio non lo è mai stato perché veniamo tutti, immenso ceto medio vagante per il pianeta, da qualche provincia, da qualche periferia, da qualche ricerca della trattoria low cost.
In quel film formidabile che è «C’eravamo tanto amati» di Ettore Scola, noi italiani poveracci usciti da una guerra catastrofica e perduta facevamo pellegrinaggio al «Re della mezza porzione», perché non potevamo permettercene una intera e Nino Manfredi affamato invocava «una mezza porzione, ma abbondante». E poi per sentirci cittadini del mondo, vagabondi di una patria universale, ci si sdilinquiva con le gesta e la retorica dell’epopea «on the road». E adesso? Adesso ci fanno schifo i nuovi vagabondi inquadrati dai tour operator, i milioni di poveracci che ora consumano solo una bottiglietta d’acqua minerale, e facciamo finta di apparire buoni e rispettosi con la tradizione difendendo la botteguccia, il ciabattino d’una volta, il falegname che non si frequenta più dopo essere andati in massa all’Ikea: low cost.
Barcellona, città moderna e cosmopolita, boicotta i turisti che tirano fuori pochi soldi, fa la schizzinosa, se la prende con la nuova volgarità, dimenticata quella vecchia di tutti noi.
Che poi una cosa in realtà non facevamo: gettarci ignudi nelle fontane, per esempio, oppure scaraventarsi nella laguna di Venezia dal ponte claudicante di Calatrava, o vergare graffiti osceni sui monumenti pensando di fare street art, chissà, o abbuffarci di pastasciutta sulle scalinate delle dimore storiche. Perché eravamo beneducati, forse?
No, perché sapevamo che le locali forze dell’ordine, i vigili urbani o chi per loro ci avrebbero ruvidamente preso per un orecchio prima di pagare una cospicua multa, se ti trovavi a vandalizzare in qualche democrazia, o di trascorrere qualche ora in una inospitale stazione di polizia, in quei Paesi che non erano propriamente campioni dei diritti umani.
E allora prendiamocela con le autorità che non si fanno rispettare. E smettiamola di fare i sussiegosi, gli snob ridicoli, noi che ancora dobbiamo nascondere le pezze ai pantaloni con cui giravamo il mondo per conoscere posti fantastici. Low cost.

6 agosto 2017 (modifica il 6 agosto 2017 | 20:40)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/opinioni/17_agosto_07/puzza-sotto-naso-b8f95308-7ad4-11e7-8803-6174d9288686.shtml
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« Risposta #211 inserito:: Marzo 09, 2018, 06:39:33 pm »

Politica e corpi intermedi, quella folla adesso è sola

Si chiama «disintermediazione», ma ora nessuno appartiene più a niente.

E scatta la ribellione. «Dicono che la Nazione sia un ferrovecchio e un’altra appartenenza viene meno»

  Di Pierluigi Battista

Che abbaglio colossale abbiamo preso, noi che abbiamo inneggiato incantati alla modernità che ci avrebbe fatto più simili agli altri, ai Paesi più avanzati. L’abbiamo chiamata liberazione, ed era solitudine di massa. Emancipazione dalle appartenenze, dalle ideologie, dalle corporazioni, oppure, con termine gergale più sofisticato, «disintermediazione», annullamento dei mille corpi intermedi che fanno da cuscinetto tra lo Stato e l’individuo. Ma ora, a emancipazione avvenuta, nessuno appartiene più a niente. È solo, senza vincoli, senza luoghi in cui ritrovarsi, senza una comunità in cui vivere insieme agli altri. Solo con una tastiera, escluso da tutti, forgotten man, ma nel senso che è dimenticato da tutti, non solo dal potere lontano, quello che non si occupa più di te. E ti tratta pure con disprezzo. E non sa più come parlarti. E in quale lingua poi, visto che è una lingua che appartiene solo a pochi. Una delle cose più stupide predicate in questi decenni è stata per esempio il disprezzo per i partiti. Mea culpa. I partito erano quello che erano, elefantiaci, costosi, mostri burocratici, arroganti, molto disinvolta con una certa intermediazione che conoscevano bene, quella con cui gonfiavano le risorse che consentivano apparati mastodontici. Ma le sezioni dei partiti erano cose serie. Ce n’erano in ogni quartiere, in ogni rione: tre, cinque, otto sezioni di partito, non molto distanti. Qualche volta volavano cazzotti, ma solo qualche volta. In quelle sezioni ci si riuniva, si andava la sera dopo il lavoro, si discuteva, ci si confrontava, si litigava, si giocava a carte e a biliardino. La sezione di partito era un corpo intermedio pieno di vita, un punto di riferimento, un luogo caro a cui appartenere.

Periferia abbandonata
Oggi non ce n’è più neanche una (o forse qualcuna, vuota, riempita solo a ridosso di scadenze elettorali, non con militanti ma con subalterni malpagati che preparano i volantini). Non ci sono giornali di partito in cui riconoscersi all’edicola. Non ci sono più tante edicole. Se hai un problema con il lavoro, i sindacati, altro corpo intermedio potentissimo, sempre più burocratico e autoriferito oramai, non ti danno più una mano, per il semplice fatto che non esistono più, svaniti nei loro bunker. Non esiste più un cinema di quartiere. Non esiste più un teatro di quartiere, non esiste più un luogo dove andare a sentire qualche concerto nelle periferie abbandonate: ma ormai è tutto periferia abbandonata. E non ci si affeziona alle periferie abbandonate. Sei solo, asserragliato in casa, non vai più al cinema, non vai più «al partito», non vai più «al sindacato», hai paura anche, ma in tv dicono che statisticamente non dovresti più avere paura. E allora non voti più, e se vai a votare voti quelli che ti sembrano l’unica comunità rimasta, e che almeno riesce a dare una lezione a quelli che contano ma non contano più nulla per te.

Arcaiche «corporazioni»
David Riesman, già negli anni Cinquanta, la chiamava «folla solitaria». Ecco, la «folla solitaria» è arrivata, trascinata dalla «disintermediazione». Si svuotano le parrocchie, anche. E i campetti dove i ragazzi giocavano a pallone: «alla viva il parroco» si diceva appunto. Come diceva Paolo Conte: «Neanche un prete per chiacchierar». Le organizzazioni di mestiere sono state liquidate come arcaiche «corporazioni»: al loro posto, il nulla. Le banche popolari: erano un’istituzione sociale, fondata sulla fiducia che si deve alla banca dei padri, dei nonni, dei bisnonni, e adesso cosa sono diventate? E le cooperative, che hanno di diverso oramai da una gelida organizzazione industriale dove il sentimento di appartenenza è semplicemente sparito? E i consorzi, le reti che ti tenevano legati a un territorio, a un sapere condiviso, a un mestiere, a una competenza? Tutti svanito, tutto disintermediato: la «folla solitaria».

L’ingresso nella tumultuosa post-modernità
Le statistiche, quelle davvero interessanti, dicono che i ceti disagiati, mandano sempre meno i loro figli all’Università: e quando il merito viene strapazzato, resta solo il privilegio, oppure la raccomandazione, l’ultimo legame che unisce le persone alla politica, detto anche «voto di scambio». È stata una liberazione, ma che ne è delle strade dei quartieri periferici in cui non c’è più un negozio? Una folla solitaria nelle strade solitarie. C’è qualcosa di sbagliato nel modo con cui abbiamo concettualizzato l’ingresso nella tumultuosa post-modernità. La famiglia in cui sei un po’ meno solo? Una gabbia. Anche la Nazione dicono che sia un ferrovecchio e un altro luogo mentale dell’appartenenza viene meno, salvo sfogarsi quando la Nazionale vince i Mondiali. E allora scatta la ribellione cieca. E sopra ci si lamenta della rozzezza, come se ai sanculotti occorresse fare l’esame di eleganza.

7 marzo 2018 (modifica il 8 marzo 2018 | 00:18)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/elezioni-2018/notizie/elezioni-2018-politica-corpi-intermedi-quella-folla-adesso-sola-a9d056ec-224f-11e8-a665-a35373fafb97.shtml
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« Risposta #212 inserito:: Aprile 05, 2018, 05:11:30 pm »


IL COMMENTO

Il blog di Grillo difende Orbán? Una caricatura del leghismo

Di Pierluigi Battista

Che terribile confusione, nel ribollente calderone dei 5 Stelle. Mentre i rifugiati siriani marciano verso l’Occidente che li accoglie con Beethoven, umiliando la Budapest che aveva soppresso i convogli verso ovest, sul blog di Beppe Grillo escono panegirici sull’Ungheria di Orbán e sui pericoli del «multietnico». Un impasto di umori che riaffiorano periodicamente nel magma grillino, ancor prima che una linea politica razionale e decifrabile. Per Orbán un’obliqua simpatia, che riecheggia i toni salviniani che di tanto in tanto condizionano l’atteggiamento ambiguo del Movimento sul tema dell’immigrazione. Una simpatia per i regimi chiusi e intolleranti che più volte sembra permeare l’ambigua politica estera, se così si può definire, di questo movimento.

Da non dimenticare che Grillo, in uno dei suoi spettacoli, prese tanti applausi quando spiegava che non c’era nulla di male per «due schiaffetti» assestati in caserma «ai marocchini rompicoglioni». Da non dimenticare l’onorevole Di Battista che inveiva contro l’imperialismo americano dicendosi favorevole a una trattativa con i decapitatori dell’Isis. Da non dimenticare i negazionismi sull’11 settembre, l’elogio delle donne iraniane velate contro quelle peccaminose dell’Occidente tessuto da Grillo sul bordo di una piscina nel relax della Costa Smeralda. E le accuse al sionismo che controllerebbe i media occidentali e le ribadite posizioni di durezza sull’immigrazione mentre i disperati sbarcavano a Lampedusa. Solo pezzetti di un mosaico poco chiaro. Eppure rivelatori di uno stato d’animo, di un’ambiguità, di una tentazione mai sopita o domata. Orbán sarà contento di questa inattesa solidarietà. Gli elettori del Movimento 5 Stelle forse, anzi certamente, un po’ meno. Fare la caricatura del leghismo non è poi questa gran trovata promozionale.

6 settembre 2015 (modifica il 6 settembre 2015 | 08:14)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/15_settembre_06/blog-grillo-difende-orban-caricatura-leghismo-cdc61c3e-545d-11e5-b241-eccff60fea73.shtml
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