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Autore Discussione: Petrocelli: «Quiz blindati, poliziotti all’ingresso:...  (Letto 2970 volte)
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« inserito:: Settembre 11, 2007, 10:00:56 pm »

Petrocelli: «Quiz blindati, poliziotti all’ingresso: ma che potevo fare di più?»

Marco Bucciantini


Ci mancano solo i metal detector all’ingresso, le perquisizioni coi cani. Per il resto sono attrezzati. Ma non basta. «Da luglio mi scervello su come prevenire questi imbrogli», fa Corrado Petrocelli, filologo classico, preside dell’ateneo barese, che si rigira fra le mani una lettera che adesso suona beffarda: «È del ministro Mussi, è arrivata il primo settembre, tre giorni prima dei test. Mi ringrazia per tutti i controlli predisposti. Per la severità, la voglia di dare un messaggio di credibilità in questo posto dove - va ricordato - le indagini sulle ammissioni a Medicina vanno avanti da più di un anno».

Una lettera di complimenti: fa ridere o piangere?

«Fa ridere e piangere. Ma io sono sereno, ho fatto il possibile: quest’anno abbiamo 3 mila iscritti in più. Voglio accoglierli a testa alta».

Cosa ha fatto, preside?

I test sono arrivati dal Cineca (centro di calcolo di Casalecchio di Reno, che stampa e elabora tutti i test delle facoltà italiane, Ndr) e consegnati in plichi blindati. I sigilli sono stati tolti davanti ai miei occhi. Questi documenti sono stati depositati in una stanza “cieca”, della quale pochi conoscono l’esistenza, qui, dentro il rettorato».

Nessuno poteva accedere alla stanza?

«No. Il giorno stesso dell’arrivo dei plichi aveva fatto cambiare la serratura da un fabbro di fiducia».

Inutile blindare, se la gente s’accorda e imbroglia...

«Infatti avevo cambiato completamente il personale addetto a sovrintendere lo svolgimento delle prove d’ammissione».

Chi controllava?

«Con la questura e il Prefetto avevamo concordato una sorveglianza militare: l’accesso alle aule è stato consentito solo ai “legittimati”. Chi faceva i test, chi distribuiva e controllava le prove. Nessun altro poteva entrare».

Eccesso di zelo?

«Forse. E fra i rappresentanti degli studenti ne abbiamo sorteggiati alcuni perché assistessero alle prove».

Poi, si sa, dentro spesso è caciara, i ragazzi copiano, si mettono d’accordo: tu pensa a queste risposte, e me le passi. Io penso alle altre...

«Da noi era impossibile. Abbiamo assegnato i posti nelle varie stanze dividendo i candidati in base all’anagrafe».

Perché questo scrupolo?

«Per compicare la vita ai falsi candidati. Gente di 40 anni già esperta in materia, parenti, amici, che entravano per dar man forte al candidato, suggerire, pronti anche a farsi “beccare”, tanto quello che contava era il risultato dell’altro. Arrivavano ai test aspiranti dottori di mezza età».

Gioco di squadra.

«Scongiurato. Ma qui si gioca col trucco. Avevo vietato i movimenti dal posto d’esame per un’ora: mi rimproveravano di essere cattivo».

Eppure a guardie e ladri - se la procura ha ragione - hanno vinto i ladri.

«Sono attrezzati con le tecnologie più sofisticate. Hanno comunicato con l’esterno. Chissà come: un comitato ben allenato».

Spesso sono semplici cellulari...

«Può darsi. Non dovrebbero entrare, ma durante il test di Medicina abbiamo scovato tre candidati con il telefonino. Sono stati espulsi e denunciati alla procura».

Come va?

«Sono amareggiato, indignato. Ho fatto tutto il possibile, sono la prima vittima. E con me l’Ateneo. Lo dice anche lo procura, lo pensa anche Mussi: a loro ho dato tutta la collaborazione, ci costituiremo parte civile per seguire da vicino le indagini».

Cosa la indigna?

«Questa insanabile degenerazione. Ma che carriera promette un medico che comincia così, cercando di truffare?».

Pubblicato il: 11.09.07
Modificato il: 11.09.07 alle ore 8.22   
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