Intervista
'Per il Cav. niente salvacondotto'
di Susanna Turco
'La legge sulle intercettazioni è contro la libertà. Berlusconi deve andarsene, senza tutele legali.
E Casini ha capito prima di Fini che con Silvio non si andava lontano"
Colloquio con l'ex presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno
(13 ottobre 2011)
Di Berlusconi parla solo al tempo imperfetto, o comunque al passato: "E' arrivato al tramonto. Dovrebbe andarsene e basta. E altro che salvacondotto". Su Alfano è cortesemente scettica: "Dimostrerà di avere le doti da leader quando imparerà a dire no al premier, senza viverlo come un tradimento". Di Casini dice un gran bene: "Ha capito prima di Fini che con Berlusconi non si andava lontano". Fino a poco tempo fa, di tutta questa politica Giulia Bongiorno non avrebbe accettato di parlare. Occhio dunque all'avvocato inflessibile, regina di spade affilate nel far la guerra a Berlusconi ("Ma combattere non è una scelta, è una necessità").
Ex legale prodigio del processo Andreotti, ex sostenitrice del referendum contro la legge sulla fecondazione assistita, ex tecnico "semplice" prestato alla politica, la Bongiorno sembra in procinto di reincarnarsi di nuovo, anzi forse ha già cominciato. In un politico a tutto tondo, magari. Terremoto permanente, lei, del resto. Così, dopo aver messo tutta la sua determinata prudenza nell'impersonare il ruolo di consigliere giuridico di Gianfranco Fini, ha allargato il suo spettro d'azione. Nell'ultimo anno è, fra l'altro, saltata sul palco di "Se non ora quando", ha ribaltato la sentenza di primo grado del processo Meredith, partorito un figlio, finito di sistemare foto e libri nello studio che fu di Andreotti, avviato un'azione legale contro il policlinico Gemelli per il caso Tbc, valutato la candidatura a sindaco di Palermo. Insomma, non solo commi, non più discussioni con Ghedini, basta pure con lo stereotipo di "signorina No" che si è guadagnata, appunto rifiutando sempre i diktat del premier. Sono gli altri che dicono sempre sì "a uno schioccar di dita del premier", ha chiarito giorni fa. Quando, al Cavaliere, ha messo il suo ultimo paletto sul disegno di legge sulle intercettazioni, dimettendosi da relatrice dopo che il Pdl ha confermato la sua volontà di dare una ulteriore stretta alle norme che limitano gli ascolti.
"Ritengo che quella sulle intercettazioni sia la legge simbolo di questa legislatura", dice: "Simbolo, anzitutto, della grande illusione che ha voluto dare Berlusconi". Quale illusione? "La sua fortuna è stata quella di aver saputo intercettare gli umori post Mani Pulite. E' stato capace di dare una risposta a coloro che ritenevano ci fossero stati degli eccessi: si è presentato come l'uomo che voleva portare avanti un'idea di libertà, contro il giustizialismo e le manette. Una grande trovata iniziale, che gli ha portato molti voti. Tanti anni dopo, la legge sulle intercettazioni, oltreché naturalmente - scopo principale - servire a lui, voleva rappresentare anche un segnale del tipo "sono dalla parte delle vittime della giustizia". Però, alla fine, come al solito, Berlusconi ha fatto prevalere il proprio interesse su quello degli elettori: così ha creato una legge che tradisce persino il nome del suo partito. Questa è una legge che tradisce la libertà: di informazione, di cronaca. Quindi non è vero che a Berlusconi interessi la libertà: gli interessa la sua propria, di libertà, casomai. Così come pensare o prevedere il carcere per i giornalisti dimostra che il suo garantismo viene annunciato in teoria, e tradito in realtà". L'illusione, dunque, è svelata, dice Bongiorno, e la "maschera calata": ed è per questo che "Berlusconi non riesce a comunicare più se stesso: perché dopo tutto quello che ha fatto, nessuno può credergli più".
Sulle gambe della legge per limitare le intercettazioni, del resto, ha camminato anche la rottura tra il premier e Fini. Storia che lei conosce bene, e da vicino. "Dopo tanto discutere eravamo arrivati a un compromesso, un accordo che il Pdl ha stravolto senza nemmeno averne pronto un altro. Una scelta che non riesco a capire. Hanno dimostrato mancanza di politica, alla fine. Si dice sempre che Berlusconi è un grande e cattivissimo stratega: secondo me, invece, c'è tanta improvvisazione; cambiano idea quotidianamente a seconda di quel che si legge sui giornali, e così diventano poco credibili. E faticano anche a raggiungere i loro obiettivi".
Anche Angelino Alfano cade sotto la scure. "Come ministro della Giustizia, ha solo siglato col suo nome il famoso lodo: per il resto si è prodotto in semplici annunci, né mi pare che in commissione Giustizia in questi anni abbiamo fatto altro che occuparci di Berlusconi". Come potenziale leader del Pdl, il giudizio è appena più sfumato: "E' un politico intelligente, però questa sua grande fedeltà a Berlusconi, se da un lato gli ha dato tanto potere, dall'altro pare bloccarlo. Le doti necessarie a fare il leader dimostrerà di averle se si distaccherà da Berlusconi: se continuerà a credere che ogni no significhi un tradimento, non credo che ce la farà". Un futuro del Pdl senza Berlusconi, del resto, Bongiorno stenta a vederlo: "Partito e leader per ora coincidono, e non so quanta strada possano fare, come organizzazione, tutte queste persone che dal premier hanno sempre accettato tutto".
Una cosa è certa: l'ora politica di Berlusconi è giunta. "Qualcuno gli chiede di fare come Zapatero, ma io sono contraria. Fargli fare altre due, tre cose? Per carità. Di tempo ne ha avuto, abbiamo visto quel che ha prodotto, in una legislatura la cui immagine simbolo potrebbe essere giusto quella di Berlusconi che racconta barzellette in mezzo all'Aula della Camera. Quell'istantanea rappresenta bene il suo disinteresse per ciò che accade al Paese. Del resto la produzione legislativa, tolte le leggi ad personam, per quanto concerne il mio campo è pari a zero. E già immagino cosa farebbe: processo breve, brevissimo, istantaneo". Rifiuta, Bongiorno, pure l'idea di un salvacondotto: "E' un discorso che mi fa ridere. Non mi pare che, quando Andreotti ha chiuso la sua carriera politica, ci siamo preoccupati di andare a risolvere il suo processo: lo è andato a fare lui, in aula. Non riesco a capire perché il problema giudiziario di Berlusconi dovrebbe diventare un fardello mio, o del Parlamento: è solo il suo".
In tutto questo discorso, che la Bongiorno sia deputata di Fli quasi si dimentica. Qualcuno vocifera di un raffreddamento del rapporto con Fini, ma lei parla di "piena sintonia". "Come mia scelta non sono mai stata al centro delle riunioni politiche, sia in An che in Fli. Ma nel progetto del Terzo polo io ci credo". Andreotti, del resto, aveva scelto l'Udc come approdo politico per lei, prima che lei preferisse Fini. "Casini ultimamente sta facendo molto bene: anche i sondaggi pare che lo premino. Ha indovinato in pieno, prima di Fini, che con Berlusconi il percorso non sarebbe stato lungo, e di questo gli va dato atto". Ciò detto, specifica Bongiorno, "io credo che il problema non sia tanto la condivisione di antichi ideali, ma dei metodi per affrontare i problemi concreti. E' una questione di finalità delle battaglie e di qualità delle persone. E mi sembra che ce ne siano di valide: nell'Udc Roberto Rao, per esempio, è una persone particolarmente capace, attenta, ed esperta".
L'avvocato, però, non intende farsi imbrigliare: "C'hanno tutti quest'ansia da collocamento, su di me. Ma io mi sento collocata benissimo anche senza avere un riquadro in cui scrivere destra, sinistra, centro. Mi arrivano miliardi di mail in cui si dice "anche se la penso diversamente da lei, perché sono di sinistra, le faccio i miei complimenti". Io ringrazio, ma mi sento avulsa da queste etichette che ritengo stra-superate. Io credo nelle battaglie, non mi interessa la matrice: "Se non ora quando" era di sinistra? Bene, per me è uguale".
Su Facebook, e in generale sul Web, c'è ogni tanto qualcuno che la candida come ministro della Giustizia, o addirittura come premier, ma lei non si scompone. "Mi fa piacere che mi vedano anche a prescindere dal ruolo tecnico, mi ha fatto piacere anche la proposta di correre a sindaco di Palermo. Però io per ora sto bene in questa posizione".
Con tutte le battaglie "neofemministe" che ha sempre fatto, non vedrebbe con favore la candidatura a premier di una donna, per le prossime elezioni? "Eccome. Sarebbe quella secondo me la vera svolta. Ma le vieto di farmi la domanda successiva".
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