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Autore Discussione: MARCO ROSSI-DORIA La vittoria di De Magistris? Quasi come lo scudetto  (Letto 2021 volte)
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« inserito:: Giugno 01, 2011, 05:42:39 pm »

1/6/2011

La vittoria di De Magistris? Quasi come lo scudetto

MARCO ROSSI-DORIA

Lunedì sera le strade di Napoli si sono riempite di una gioia immane, quasi che il Napoli avesse vinto lo scudetto. Sono forze potenziali inaudite e, fino a poco fa, insperate. Che spingono Napoli fuori dalla lunga depressione.

Poi ci sarà un mondo da ricostruire. Ci saranno le fatiche. Ora, però, va riconosciuto che Luigi de Magistris ha colto il momento, la situazione matura e l’ha trascinata in avanti. Sì, in avanti. Perché si è sgretolato un intero sistema di potere che sembrava inossidabile, a sinistra come a destra. E che ha mutilato la terza città d’Italia per oltre tre lustri.

Non sappiamo cosa succederà. Ma da lunedì la politica buona a nulla ma capace di tutto, che ha attraversato gli schieramenti della città, non esiste più. E i suoi esponenti sono finiti.

Camminavo domenica per il mio quartiere. C’era aria d’attesa. Ma c’era dell’altro. I ragazzi, il piccolo commerciante, l’elettricista che va per le case, il disoccupato che s’arrangia da sempre, la signora che la trovi sempre là ti dicevano che avrebbero votato come gli pareva. Parole pacate, dette a voce quieta ma senza segreto. Che promettevano libertà di voto. Una cosa straordinaria per Napoli. Tanto straordinaria che da decenni i politologi dell’accademia e gli organizzatori di campagne elettorali, le famiglie di politici e i mestieranti di quartiere, a ogni nuova elezioni, qualunque discorso politico tu facessi, ti rispondevano ogni volta, con sapiente cinismo e dati alla mano: «Ma quanto è il voto libero a Napoli, il 4 per cento, il 6?». E tu sapevi che era vero. Che la democrazia, nella tua città, era monca. Sapevi, perché lo avevi visto e rivisto. Quando avevi venti anni il voto controllato era quello in cambio del posto fisso. Quando ne avevi trenta era quello per un lavoro. Quando ne avevi quaranta per la promessa di un lavoro, per un permesso, per l’iscrizione alla lista dei disoccupati, per seguire una pratica. Poi - nel mezzo dell'esclusione sociale di massa, con la ripresa della migrazione di tanti ragazzini verso il Nord, come al tempo dei nonni ma con molta meno sicurezza -, i mediatori che manovrano i «pacchetti di voti» promettevano una giornata per un trasloco o per l’affissione dei manifesti, la ricarica di un cellulare, il biglietto della partita, un pagamento Enel, l’annullamento di una multa, una piccola banconota. E riconoscevi a memoria le parole, i gesti, i modi, le regole non scritte che accompagnano questo sfruttamento sistematico delle vecchie e nuove povertà da parte della cattiva politica.

Domenica queste cose sembravano evaporate nel sole di maggio. Certo, il voto affrancato dall’obbligo è stato favorito dal turno di ballottaggio, nel quale scompare la pressione per fare votare tizio o caio per il consiglio comunale o la municipalità. Ma è successo qualcosa di più profondo. Come accade nei momenti di svolta, il meccanismo si è svelato per quello che già era: voto in cambio di… niente. E questa volta tante persone - che o si rifugiavano nell’astensione o usavano il voto per chiedere sempre meno - hanno voluto rompere il meccanismo. Un ragazzo che fa l’idraulico a ventidue euro a giornata me lo ha detto così: «Io voto e voto come c… mi pare. Perché non è nient’o vero e nun te danno niente».

La Napoli popolare è tornata al voto libero. Ovunque. Ecco cosa è successo. Ed è questo voto che ha premiato Luigi de Magistris. E' un risultato enorme. Sospinto dalla crisi e dall'usura del sistema. E' un risultato democratico. Ancora molto fragile. Ma potenzialmente tale da cambiare ogni ragionamento sulla politica in questa città.

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