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Autore Discussione: Gaza: «Dialogo con Fatah». Proposta Hamas in 5 punti  (Letto 2474 volte)
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« inserito:: Settembre 05, 2007, 04:42:55 pm »

Gaza: «Dialogo con Fatah». Proposta Hamas in 5 punti


Ismail Haniyeh, il leader di Hamas e premier del governo di unità nazionale deposto dal presidente Abu Mazen dopo la presa del potere, con un attacco armato, da parte del movimento islamico a Gaza lancia sulla stampa palestinese le sue cinque condizioni per la ripresa del dialogo con Fatah. Sono cinque punti elencati in un documento pubblicato mercoledì dal quotidiano palestinese Al Quds che sembrano fatti apposta per allacciare un canale di comunicazione con la diplomazia italiana e con il ministro degli esteri Massimo D'Alema che proprio oggi in Israele vedrà la collega Tzipi Livni e il ministro della Difesa Ehud Barak. 

Haniyeh afferma infatti che «la soluzione della crisi deve avvenire attraverso il dialogo», che le parti devono riconoscere «l'unità territoriale palestinese» e dovrebbero inoltre ribadire «l'unità del sistema politico». Sostiene - per la prima volta - che «non può essere proclamato uno Stato a Gaza e non può esserci uno Stato palestinese senza Gaza» e che se le parti - cioè sia Fatah che Hamas - riconosceranno questo si dovranno anche impegnare «a rispettare lo Statuto e la legge».

È chiaro che la legge in questione elettorali - visto che l'Anp non si è dotata di una vera e propria carta costituzionale - fa riferimento oltre al ripristino dellibertà di espressione e di organizzazione di Fatah a Gaza, sia alla sicurezza e più ancora alle norme elettorali che Abu Mazen ha annunciato di voler cambiare prima di tornare alle urne. Attraverso un decreto presidenziale emanato qualche giorno Abu Mazen ha emendato la legge elettorale consentendo la presentazione solo alle liste dell'Olp, di cui Hamas, che nelle elezioni del 2006 conquistò la maggioranza assoluta dei voti, non ha mai fatto parte.

Haniyeh naturalmente si oppone a questo decreto e ribadisce che solo il Parlamento di Ramallah - che non si riunisce più da mesi e mesi - ha la facoltà di modificare le leggi. Altro punto cruciale, lo status delle forze di polizia e di intelligence. Haniyeh si dice pronto a riunificare tutti i servizi di sicurezza, inclusa la nuova milizia creata da Hamas - la Forza esecutiva - che insieme alla polizia di Fatah alle dipendenze di Abu Mazen dovrebbe andare a formare una unica forza dell'ordine incaricata di «proteggere la popolazione palestinese».

Sono segnali di disponibilità ai quali però fanno da contraltare provvedimenti restrittivi volti a colpire la possibilità dei rivali di Fatah di riorganizzarsi a Gaza. Hamas ha infatti confermato a Gaza il divieto di pregare di celebrare per strada le preghiere del venerdì, un modo con cui gli uomini di Fatah nelle ultime settimane stavano cercando di tornare a inscenare manifestazioni di piazza che sono state represse dalla Forza esecutiva agli ordini di Hamas.

Intanto in Israele in seno al governo si confrontano due posizioni sull'atteggiamento da prendere nei confronti di Hamasland, la Striscia di Gaza da mesi passata sotto il completo controllo di Hamas. : Alcuni ministri sono per la ripresa di azioni militari mirate contro i miliziani indicati come responsabili degli attacchi con razzi Qassam verso la cittadina di Sderot. Altri, tra cui il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, il ministro della Difesa, Ehud Barak ,e il vice premier, Haim Ramon, chiedono invece che siano tagliati i rifornimenti di beni primari alla Striscia, per indurre la popolazione locale (che ammonta a 1,4 milioni di abitanti) a abbandonare il consenso verso Hamas, ritenuto responsabile anche se non autore degli attacchi.

Anche il presidente palestinese Shimon Peres, che proprio mercoledì è in visita ufficiale a Roma per incontri con il presidente Giorgio Napolitano, ha detto alla radio pubblica israeliana che Hamas, il movimento islamico al potere nella Striscia di Gaza, deve «fare un esame di coscienza e scegliere se preferisce continuare a lanciare i razzi Qassam (contro Israele) o piuttosto nutrire i bambini palestinesi». Ai media italiani ha Peres si è detto invece convinto che Romano Prodi sia «stato frainteso» quando le sue parole su Hamas vennero interpretate come un'apertura al movimento di resistenza islamico. Intervistato dai telegiornali della Rai Peres ha sottolineato che «comunque parlare con Hamas è come parlare da soli. Un monologo perchè Hamas non risponde».

A confermare la scelta quasi fatta della linea dura, in via preventiva in mattinata carri armati e bulldozer israeliani sono entrati nel nord della Striscia di Gaza, per un'apparente operazione limitata contro i miliziani responsabili del lanci di razzi Qassam.

Tre soldati israeliani sono rimasti feriti nel corso di un'operazione a Nablus, in Cisgiordania, per l'esplosione di una mina colpita dalla loro jeep e l'attacco non è stato rivendicato da Hamas ma dalle Brigate dei Martiri di al Aqsa, cioè dalla milizia di Fatah. Mentre un miliziano della Forza esecutiva di Hamas è stato ucciso in una sparatoria scoppiata nel quartiere di Zeitoun a Gaza.

A complicare la ripresa di un dialogo tra i due principali attori della politica palestinese c'è da segnalare la presa di posizione dell'ex comandante delle milizie Tanzim e leader di Fatah durante la prima Intifada, Marwan Barghuti. Barghuti, intervistato a distanza nella sua cella in una prigione israeliana,finora è sempre stato sostenitore del governo di unità nazionale e dell'intesa con Hamas tramite il "documento dei prigionieri". Ora accusa ora il Movimento di resistenza islamico di Haniyeh di aver creato a Gaza «una dittatura politica, culturale e intellettuale, tagliando definitivamente i ponti del dialogo con Fatah» e di tentare ora un nuovo «golpe» anche in Cisgiordania. Marwan Barghuti chiede che «a questo punto Hamas accetti le elezioni anticipate», anche se sostiene che le votazioni non potranno svolgersi prima che sia stata rieletta, a ottobre, la struttura dirigente di Al-Fatah. Evidentemente Barghuti ha netti segnali che i consensi verso Hamas stiano crescendo anche in Cisgiordania e che per cercare di frenare questo netto calo di popolarità della dirigenza di Fatah sarà necessario un profondo ripulisti prima del voto, altrimenti anche il risultato delle urne potrebbe peggiorare la situazione.


Pubblicato il: 05.09.07
Modificato il: 05.09.07 alle ore 13.31   
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