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Autore Discussione: Mauro Munafò 'Guerra, l'Italia ha già perso'  (Letto 2123 volte)
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« inserito:: Marzo 24, 2011, 05:44:31 pm »

'Guerra, l'Italia ha già perso'

di Mauro Munafò

«I bombardamenti sono stati decisi per gli interessi privati delle compagnie energetiche. Ma sarà un conflitto più lungo del previsto.

Quanto al nostro governo, ha sbagliato tutto dall'inizio: e ora i vertici militari sono allo sbando perché non capiscono che cosa vuole la politica».

Intervista al generale della Nato Fabio Mini

(23 marzo 2011)

Una guerra motivata dagli interessi delle compagnie energetiche, che durerà più del necessario per colpa dell'incapacità dei politici, e che mette a nudo tutte le ambiguità e il dilettantismo della classe dirigente italiana. Non conosce mezze misure il generale Fabio Mini, già comandante delle forze Nato in Kosovo, intervistato dall'Espresso sull'evoluzione del conflitto libico.

Che cosa sta succedendo in Libia? Si può parlare di guerra?
«A livello giuridico non si può parlare di guerra, ma dal punto di vista militare le somiglia molto. Di sicuro una missione che doveva concludersi in pochi giorni sta andando avanti in maniera statica. E non è certo per le difficoltà incontrate sul campo che questo avviene, quanto per le indecisioni della politica. Doveva finire in un paio di giorni e invece non sarà possibile prevedere quanto durerà».

Quali indecisioni?
«I litigi e le beghe per il comando e per il controllo. Non ci sono problemi organizzativi, perché in Europa esistono delle procedure consolidate e le forze militari ricevono addestramenti simili, anche se provengono da Paesi diversi. Nasce tutto dalle vere ragioni del conflitto».

E quali sarebbero?
«Io sono convinto che le ragioni non siano umanitarie o di rimozione del regime di Gheddafi. Si stanno decidendo i nuovi equilibri energetici dell'area nordafricana e degli Stati che la controllano. Gheddafi da parte sua ha sbagliato nel credere di poter sedare la rivolta come fosse un movimento del pane, e questo perché i movimenti sono stati solo un innesco di un procedimento ben più grande. Ci sono in gioco gli interessi delle compagnie energetiche e tutti gli Stati vogliono dire la loro nella nuova spartizione».

Una corsa alla colonizzazione, insomma?
«Si può parlare di una "guerra coloniale", è vero, tenendo questo termine tra virgolette. Il riassetto del Nord Africa può seguire solo due vie: la ricerca di un equilibrio e di una stabilità che permettano degli investimenti futuri, oppure la balcanizzazione dell'area. La seconda soluzione è quella che è stata applicata più spesso negli ultimi anni in tutti gli scenari di guerra: nei Balcani certamente, ma anche in Afghanistan. Se non si riesce a trovare un punto di accordo, allora si destabilizzano le istituzioni e si frammentano, in modo che il potere vada nelle mani di chi ha degli interessi diversi, come le compagnie private energetiche».

In tutto questo, l'Italia che fa?
«La posizione italiana è un enigma. Ogni giorno vengono fatte dichiarazioni dai politici che non fanno che aumentare la confusione o mettere in mezzo degli obblighi che sono in realtà inesistenti e si usano per minare il successo dell'operazione. E' un po' come se qualcuno desiderasse che la missione fallisca o si concluda con una vittoria di circostanza, con Gheddafi che resta al potere e il rispetto formale della no fly zone. Tanto non gli servono gli aerei per sedare le rivolte».

Ma noi per chi tifiamo in questo momento?
«L'Italia sarà sconfitta in entrambi i casi e questo è sicuro, però ci converrebbe comunque puntare alla caduta di Gheddafi che, ricordiamolo, ha detto solo a noi che siamo dei traditori. Una volta che si è baciato la mano una volta lo si può fare anche una seconda certo, ma con lui abbiamo chiuso. Forse la prossima volta bisognerà baciargli i piedi».

Non è che i ribelli ci vedano troppo di buon occhio però.
«Questo perché non siamo ancora riusciti a trovare un interlocutore alternativo a Gheddafi, mentre i francesi hanno riconosciuto subito la legittimità del consiglio dei ribelli. Faremmo meglio a lasciar fare alle compagnie private ormai».

Cioè?
«Nella logica degli estremi e della provocazione, visto che la politica italiana si è dimostrata inefficace, tanto vale lasciar andare avanti l'Eni e stare a guardare».

Qual è lo stato d'animo dei militari italiani di fronte a questa situazione?
«I piloti sono usciti in missione una volta e appena sono tornati è successo un pandemonio politico, con ministri della Difesa che finiscono per prendersela con i maggiori. Credo che in questo momento i vertici militari siano allo sbando perché non capiscono che cosa vuole la politica da loro e così anche chi è sul campo non capisce. E magari ci penserà due volte prima di eseguire gli ordini e rischiare di vedersi condannato per crimini di guerra».

 
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