LA-U dell'OLIVO
Novembre 01, 2024, 05:42:09 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Un giorno con lo strozzino: ricatti e interessi al 240%...  (Letto 4761 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Giugno 26, 2007, 09:49:08 pm »

CRONACA

L'appuntamento in un bar di Trastevere a Roma, gli accordi prima dello scambio

Dal centro alla periferia, tutti i segreti dei "cravattari" della Capitale

Dentro il covo dell'usuraio "Di quanto avete bisogno?"

Un giorno con lo strozzino: ricatti e interessi al 240%

di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO

 
ROMA - Il suo bar è in un vicolo di Trastevere. Sembra gentile, quasi affettuoso. "Quanto avete bisogno?", chiede Paolo a bassa voce mentre si guarda intorno diffidente. "Non è una grossa somma ma ci serve subito", gli rispondiamo. L'uomo sorride come un vecchio zio e rassicura: "Non vi preoccupate mica siamo strozzini, voglio dire che questi sono favori che sifanno agli amici, per l'amor di Dio". Il suo favore ha un tasso di interesse del venti per cento al mese. Paolo spiega che può farci il prestito ma vuole garanzie, vuole essere certo di riprendersi tutto il suo e il nostro denaro. Cambia tono, fa una smorfia e diventa vagamente minaccioso.

Avverte: "Però bisogna parlare da uomini, avete capito?". Il "cravattaro" di Trastevere tira fuori dalla tasca dei pantaloni una piccola calcolatrice e fa i suoi conti: "Su 1200 euro che mi date con il vostro assegno post datato ve ne posso restituire al massimo 900: 300 me li tengo io, subito". È la mattina di mercoledì 21 giugno. Quello di Trastevere è uno dei tanti "cravattari" che abbiamo incontrato e filmato con una telecamera nascosta. Paolo è uno dei quasi quindicimila strozzini della capitale. Ce ne sono più qui che nel resto d'Italia. Per la prima volta siamo riusciti a smascherali in diretta, con le immagini filmate e la trattativa registrata.

Ecco il nostro viaggio nella crudele Roma usuraia. Sono tantissimi e si nascondono dappertutto. Alla Garbatella. A Monteverde. Dietro piazza Navona. Al Labaro. A Monti. A San Giovanni. Alla Romanina. All'Alberone. A Tor Bella Monaca.

Li abbiamo conosciuti, abbiamo parlato con loro di soldi e di scadenze. Altri li abbiamo visti all'opera nelle loro borgate. Appartengono tutti a una razza speciale: non hanno cuore e non hanno ritegno gli strozzini di Roma.
Ci sono quelli come Paolo che ufficialmente hanno un'attività legale e ci sono inaspettate vecchiette come "Anna e sua sorella", due ottantenni che abitano dietro via del Governo Vecchio e succhiano sangue e denaro da una vita. C'è Alvaro che è il ras di Villa Gordiani, il suo quartier generale è una bisca, fuori ha sentinelle che sorvegliano i marciapiedi e picchiatori da usare alla bisogna. C'è il "signor G." che ha un'agenzia di intermediazione finanziaria al Tuscolano, c'è Arturo che riceve i clienti da spolpare nella sua casa al Prenestino.

E poi c'è Fausto che gira sempre per Roma sul suo fuoristrada mentre gli appuntamenti con le sue prede glieli procura il tirapiedi, un tabaccaio di Testaccio. E poi ci sono Marco che ha un bel ristorante a San Lorenzo, quel Pierluigi delle pompe funebri, Adele della famigerata famiglia dei Casamonica, il violentissimo clan degli zingari.

Spremono tutti sino alla morte. E la fanno quasi sempre franca. Di regola chiedono il dieci per cento al mese di interesse su qualunque somma. A volte però si sale al venti o al trenta. È così che un prestito di poche migliaia di euro in due o tre anni si trasforma in un debito di cento o anche duecentomila euro. Gli strozzati vengono rimpallati da un usuraio all'altro, quando non possono più pagare il primo si rivolgono al secondo e al terzo e poi al quarto. Perdono amici, abitudini, affetti. Sprofondano nel pozzo. E diventano come tossici. Cercano soldi, sempre più soldi. Fanno di tutto pur di raccattare qualche spicciolo. Rubano alla vecchia madre. Falsificano la firma della moglie. Non ragionano più quando finiscono nelle mani di quelli. Nel vicolo di Trastevere siamo finiti dopo aver chiesto in giro chi poteva "darci un aiuto". Abbiamo cominciato a mettere in circolazione la voce che avevamo urgente bisogno di soldi.

Ci siamo presentati come commercianti di abbigliamento che tre o quattro volte al mese passano da Roma per qualche giorno. Commercianti "in un momento di difficoltà" per un piccolo affare andato a male. Ci siamo procurati un paio di assegni - uno da 1200 euro e l'altro da 1800 - fuori piazza e soprattutto post datati. Cioè incassabili il mese successivo.
E da offrire - nella parte che stiamo recitando per incastrare un "cravattaro" - a garanzia per un prestito. Per avere soldi in contanti e subito da un usuraio.
Non è stato facile stanare lo strozzino. Quelli di solito strangolano i loro vicini, quelli della porta accanto, che conoscono anche nelle difficoltà e nei punti deboli, che possono sempre terrorizzare per ottenere il loro pagamento.

Non si fidano mai di estranei, di sconosciuti. Ma poi abbiamo conosciuto Valerio, uno che in passato ha avuto a che fare con i più fetenti usurai di Roma. È stato lui ad accompagnarci da Paolo fino a Trastevere.
L'incontro con il "cravattaro" del bar è stato preceduto da lunghi preliminari. Manovre di avvicinamento. Lo strozzino era molto guardingo. "Ma chi sono questi due?", chiedeva al nostro contatto Valerio. Lo chiamava di mattina al telefono e domandava: "Perché vogliono soldi da uno di Roma se loro non sono di Roma?". Poi lo richiamava di sera e domandava ancora: "Valerio, vieni da me che ne riparliamo a quattr'occhi". Noi avevamo fatto sapere allo strozzino che avevamo sempre più urgenza del suo denaro. Lo strozzino faceva passare i giorni con l'obiettivo di spremerci meglio. Per infilarci il suo cappio al collo.

Dopo una settimana di tira e molla finalmente sembra che si sia convinto: ci vuole incontrare. Ci dà un appuntamento a mezzogiorno al suo bar. Poi ci ripensa. Chiama Valerio e gli dice: "Forse la prossima settimana, per ora devo ancora incassare denaro da altri clienti, dì a quei due che devono pazientare ancora". Rinvio dopo rinvio - dai primi giorni di giugno quando abbiamo avviato le trattative - siamo arrivati a mercoledì scorso.

L'incontro è fissato alle sei del pomeriggio. Da quel bar di Trastevere però noi ci siamo passati prima, di mattina. Una precauzione dopo le brutte avventure avute al Prenestino, un altro usuraio che ci aveva inseguito con un coltello fra le mani. A qualche metro dall'ingresso del bar c'è un bestione tutto tatuato, il guardaspalle di Paolo. È lì alle dieci del mattino, a cavalcioni su una motocicletta. Ed è lì anche alle sei del pomeriggio, quando finalmente siamo faccia a faccia con lo strozzino. La telecamera nascosta è accesa, il microfono aperto.

Ecco che ce l'abbiamo di fronte Paolo. Fino a quel momento avevamo solo sentito parlare di lui. Eccolo seduto dietro la cassa del suo bar che sorride e ringrazia gli avventori, che scherza con la ragazza che fa i caffè, che saluta come un vecchio amico Valerio. C'è anche lui all'appuntamento. Ed è lui che ci presenta: "Sono amici di Lucio, e siccome sono veri amici sono garantiti".

Paolo è piccolo, stempiato, la barba lunga di un paio di giorni. Addosso ha jeans sdruciti e una polo verde. La sua voce è un po' impastata, quando parla non si capiscono tutte le sue parole. Avrà una cinquantina di anni, forse anche di meno. Ha l'aria del padre di famiglia, lo sguardo però lo tradisce. Occhi di ghiaccio. Si alza all'improvviso e lascia alla cassa del bar il suo gorilla, si avvicina, ci offre qualcosa da bere. Poi dice: "Valerio mi ha spiegato tutto, vediamo come vi posso accontentare... ".

Gli diciamo quello che lui sa già: abbiamo bisogno di soldi. Non tanti. Ma subito. In mano abbiamo un assegno di 1200 euro che però possiamo incassare solo il prossimo 15 luglio. Ma non ce la facciamo ad aspettare ancora un mese per scambiarlo, quei soldi ci servono prima.

Ecco perché siamo oggi da lui. Paolo si rigira fra le dita
l'assegno e sta in silenzio. Poi comincia a parlare. Piange miseria: "Il problema mio, da quando ho comprato questo bar è che ho un mutuo forte. E tutti i mesi. L'affitto che pagavo prima oltretutto era più basso".

E chiede: "Da dove viene questo assegno?". Vuole sapere chi è l'intestatario. Gli diciamo che è un nostro amico gioielliere di Salerno. E gli assicuriamo che è coperto. Lui sta zitto ancora per qualche secondo. Gli ripetiamo che abbiamo molta fretta. Paolo chiede: "Che giorno è?". "Mercoledì". "Io in un paio di giorni posso venirvi incontro... ".

Gli diciamo che ormai - dopo tutto il tempo che ha fatto passare - i suoi soldi ci servono prima. Lo strozzino riprende in mano un'altra volta l'assegno e si rivolge a noi ma anche a Valerio, l'amico comune che ci ha presentato. E sibila lo strozzino: "Voglio dirvi una cosa a tutti, purtroppo questo, quest'assegno... ed è bene che senta pure lui (Valerio, ndr) che siamo amici da una vita... purtroppo se io faccio un favore del genere io do contanti e il giorno che scade mi devo assolutamente pigliare i soldi, sennò vado in crisi... ".

Ridiventa minaccioso: "E quello è un problema... per voi è un problema". Valerio garantisce per noi, insiste che "siamo a posto" e che l'assegno è coperto. Paolo ci stringe la mano. E poi ci fa il suo prezzo: "Vi do 900 euro... e il vostro assegno di 1200 post datato e fuori piazza me lo scambio io con comodo... ". Gli diciamo che ci sembra un po' troppo una "trattenuta" di 300 euro. Ride lo strozzino. Si allontana per qualche minuto, si apparta nell'angolo in fondo al bar con Valerio e poi torna.

Adesso sembra cordiale come all'inizio del nostro incontro. E poi ci dice: "Me ne tengo solo duecento dei vostri euro". Gli sfuggono dalla bocca anche quelle parole: "Mica siamo strozzini, questi sono favori che si fanno agli amici... ". Il "cravattaro" di Trastevere ci ha fatto uno sconto di 100 euro. Il tasso che ha preteso sfiora il 20 per cento al mese, quasi il 240 per cento l'anno.

Così Paolo probabilmente ha acquistato qualche mese fa il suo bar nel vicolo di Trastevere. Così si è fatto il gruzzolo. Come tanti altri "cravattari" di Roma. Mandando in rovina vicini di casa, conoscenti, amici, artigiani, piccoli commercianti. Paolo è un usuraio ed ha una fedina penale immacolata, è incensurato. Tutti sanno a Trastevere quello che fa. E tutti fanno finta di niente. A cominciare dalle sue vittime. È un misfatto che si consuma nel silenzio. Nell'omertà. Sono quasi centomila qui a Roma gli ostaggi degli strozzini.

(1-continua)

(26 giugno 2007) 

da repubblica.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Giugno 27, 2007, 06:28:17 pm »

CRONACA

L'inchiesta di Repubblica. Una vittima: "Picchiato davanti a mia figlia"

Le urla di un cravattaro: "Ti do due coltellate al cuore"

"Otto anni di minaccce e pestaggi Così gli usurai mi hanno distrutto"

di ATTILIO BOLZONI E FRANCESCO VIVIANO


 ROMA - Quando i soldi non tornano indietro non c'è carogna più carogna di un usuraio. Diventano feroci. Torturano le loro vittime. Le umiliano davanti a mogli e figli. Rompono gambe, spezzano braccia. Le costringono a barricarsi in casa per settimane o anche per mesi. Come topi in trappola. L'ha fatto intendere anche Paolo, lo strozzino del bar di Trastevere che voleva prestarci soldi a un tasso di interesse del 20 per cento al mese. Anche lui - come abbiamo documentato nella prima parte della nostra inchiesta - ha lanciato i suoi avvertimenti: "Voglio dirvi una cosa, se non incasso quest'assegno è un problema".

Per capire di cosa sono veramente capaci i "cravattari" di Roma basta ascoltare la tragedia di Mario, imprenditore edile di Centocelle. Per qualche milione di vecchie lire chiesti in un momento difficile, ha perso tutto. È rimasto prigioniero di un usuraio come quel Paolo, per otto anni nelle sue grinfie. È stato spolpato, minacciato, picchiato, deriso. "La prima volta mi hanno trascinato nella cucina di una rosticceria, mi hanno massacrato per un quarto d'ora lasciando apposta la porta aperta perché mia figlia di 11 anni potesse vedere tutto. La bambina era tanto terrorizzata che non riusciva neanche a piangere", ricorda. La bimba oggi è un'adolescente anoressica.

Le violenze sono cominciate quando Mario non ha pagato la seconda rata del prestito. Lo aspettavano sotto casa. Un'imboscata dopo l'altra: "Quasi ogni sera si facevano trovare davanti al cancello. Ero sempre pieno di segni, ferite e cicatrici. Questa vita è andata avanti dai primi mesi del 1999 fino al 15 febbraio del 2007". È il giorno che Mario ha denunciato il suo strozzino.

Mario è un romano di Centocelle e ha appena compiuto cinquant'anni. Aveva un'impresa con una quarantina di operai, tanti piccoli appalti, ristrutturazione di interni. Qualche cliente poi ha cominciato a non onorare i pagamenti, lui aveva addosso il fiato dei fornitori, il suo conto in banca è andato sempre più in rosso. Dopo un anno gli hanno chiuso anche i fidi: "Così un giorno, nel bar dove andavo sempre a mangiare per pranzo, un amico mi presenta un altro amico che si era offerto di darmi una mano". Era disposto a cambiare gli assegni di sua moglie, però si tratteneva il 10 per cento al mese. Per un altro anno Mario ha resistito, poi in banca hanno chiuso anche il conto di sua moglie. È stato l'inizio della fine: "Non riuscivo più a pagare quel 10 per cento di interessi al mese e così mi facevano pagare gli interessi sugli interessi non pagati". Da una ventina di milioni di lire di debito iniziale, in tre anni gli avevano già scavato un buco di oltre 200 mila euro.

Dopo le minacce le aggressioni, dopo le aggressioni ancora altre minacce: "Cominciarono a dirmi che avrebbero ucciso mia moglie e i miei figli, che avrebbero fatto arrivare gente da fuori: mi dicevano che era un certo Pippo il calabro, mi facevano capire che era gente della 'ndrangheta...". E intanto lo riempivano di legnate.

È a quel punto che Mario si chiude a casa. Sbarra la porta, tiene le persiane sempre abbassate. La moglie cade in depressione, il figlio abbandona gli studi, la bimba non mangia più. Tutti sepolti vivi nel loro appartamento a Centocelle. Mario si è deciso a denunciare il suo aguzzino dopo che gli volevano ammazzare i ragazzi. Dice: "Non avevo più neanche i soldi per comprare il pane, li andavo a chiedere al prete della mia parrocchia. Fra morire io e far morire i miei figli, ho scelto il male minore". Il 15 febbraio hanno arrestato il suo strozzino. Quella sera Mario se la ricorda bene: "Appena sono uscito dalla squadra mobile ho fatto quello che avevo sognato di fare da otto anni: una passeggiata sotto casa, libero e senza paura che qualcuno mi scivolasse alle spalle". A fine aprile, appena due mesi dopo la sua denuncia, quei due però erano già fuori. E fuori, ancora oggi, continuano a fare gli strozzini a Centocelle.

Ci vanno poco in carcere gli strozzini. E quando ci vanno, ci stanno poco. La pena prevista per l'usura è da 1 a 6 anni. I processi però sono troppo lunghi, si imballano fra procure e tribunali. Nel 44 per cento dei casi il rinvio a giudizio c'è dopo due-quattro anni, il 70 per cento delle sentenze di primo grado arriva dopo 4 anni e mezzo, il 14 per cento dopo sette anni, il 3 per cento dopo nove anni. Il 20 per cento dei procedimenti finisce in prescrizione, l'80 per cento dei condannati resta comunque sempre a piede libero. Come il boia di Mario.

La storia della sua vita in rovina l'abbiamo ascoltata all'Ambulatorio Antiusura di Roma, un avamposto dove hanno bussato altre 4200 vittime. È dietro piazza Fiume, tre stanze, una dozzina di volontari fra penalisti e civilisti, psicologi, esperti bancari, commercialisti. "Prima erano artigiani o negozianti o piccoli imprenditori come Mario quelli che arrivavano da noi, da qualche tempo però sono soprattutto impiegati, operai, pensionati, tutte persone che non ce la fa ad arrivare a fine mese con lo stipendio", spiega l'avvocato Luigi Ciatti, il presidente dell'Ambulatorio. Lì dentro gli strangolati dai "cravattari" vengono "ricostruiti" pezzo per pezzo. Assistiti.

Accompagnati nel cammino per uscire dal loro incubo. "Quando si presentano prima li invitiamo a denunciare, poi cerchiamo di fare capire loro quali passi falsi hanno fatto, se ci sono le condizioni alla fine li aiutiamo economicamente con il Fondo di solidarietà del ministero dell'Economia che gestiamo", dice ancora l'avvocato Ciatti mentre parla della legge 108 - quella a sostegno delle vittime dell'usura - e delle modifiche che servirebbero a farla funzionare meglio.

Le sofferenze di tanti si incrociano tutte nell'Ambulatorio. Alcuni di loro ce la fanno anche a confessare, a svelare il loro dramma a polizia o carabinieri. Sono le donne che di solito denunciano più degli uomini. Sono loro che si ribellano più dei loro mariti alla morsa degli strozzini. E quando quelli si ritrovano sotto scacco, quando non riescono neppure a recuperare i soldi prestati, allora si vendicano, ordinano rappresaglie. Schiumano di rabbia quando perdono anche un centesimo.

Come quell'uomo che abbiamo incontrato al Prenestino. Il suo nome è Arturo, abita in fondo a una via stretta che finisce su una muraglia di filo spinato.
Arturo un "cravattaro" che è stato denunciato dalla sua vittima. Bussiamo alla sua porta, la telecamera è accesa.

"Chi vi manda?", domanda sospettoso. "Ci manda Nicola". La porta è socchiusa, nella penombra spunta solo la sua testa. Comincia a ringhiare: "Quello mi ha truffato, mi ha levato un sacco di soldi...". Gli chiediamo se ci può concedere un piccolo prestito, la porta improvvisamente si spalanca e qualcosa luccica nel buio. È una lama. Lui si scaraventa giù dalle scale urlando: "Te do due cortellate ar core...". Gli amici di Nicola non sono più amici di Arturo da quando non è riuscito a riprendersi i suoi 12 mila euro di interessi. Ne aveva prestato 6 mila e ha perso anche quelli. L'hanno fregato. A volte capita anche gli strozzini.

In ogni quartiere ce n'è una schiera. Quello più famoso del Tuscolano è "il signor G.", prima lavorava in un negozio di elettrodomestici, adesso ha aperto un ufficio con una grande insegna: "Prestiti". Diciamo anche a lui che abbiamo bisogno di soldi, ci risponde: "Prendere assegni post datati di questi tempi è un bel problema, l'unico consiglio che posso dare è quello di andare dagli usurai". Da lui stesso.

Dietro ogni vicenda di strozzinaggio comunque c'è sempre una banca. Che nega un prestito. Che chiude un conto corrente.

"L'usura deve essere colpita come il riciclaggio ed è ora di dare la sveglia agli istituti di credito", accusa Tano Grasso, il presidente onorario della Federazione antiracket e antiusura italiana e portabandiera di quei commercianti siciliani che quasi venti anni fa si rivoltarono contro i signori del "pizzo". E aggiunge Grasso: "È necessario introdurre una norma che obblighi le banche a segnalare le operazioni sospette di usura, così come oggi fanno con quelle di riciclaggio. Avremmo una svolta radicale sul terreno di contrasto agli strozzini. Purtroppo le banche rappresentano ancora il punto più debole delle responsabilità pubbliche dell'usura".

Si appostano proprio davanti alle banche delle borgate i "cravattari". È sempre poco prima dell'ora di pranzo che aspettano le ultime notizie dall'imprenditore disperato che esce con un prestito non concesso, dal commerciante che ha sfondato lo "scoperto". Poi si avvicinano, parlottano. Poi c'è sempre scambio di soldi. È quello che fa ogni giorno Alvaro, strozzino di via Olevano Romano. Lascia il suo bar verso l'una e comincia a bivaccare da una filiale all'altra intorno a Villa Gordiani. A volte tira fuori soldi e dà. E a volte va là a riscuotere. Segna tutto con la matita. Su un fogliettino di carta che infila e sfila dal taschino della giacca.

(2 - fine. La prima puntata è stata pubblicata il 26 giugno)

(27 giugno 2007) 

da repubblica.it
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!