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« inserito:: Marzo 22, 2011, 03:43:34 pm » |
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Esteri
22/03/2011 - LIBIA LE STRATEGIE MILITARI
Tra i piloti dei Tornado che volano su Bengasi
Domenica sera erano decollati sei aerei italiani con il compito di prendere di mira il radar del raiss
Di ritorno dalla missione: "Ci siamo limitati a pattugliare"
PAOLO MASTROLILLI INVIATO A BIRGI (TRAPANI)
Ecco la prima linea italiana, nell’attacco che vuole cambiare la storia della Libia. Fuori dalla base di Birgi c’è un mare lucente, riscaldato da un sole pieno che pare di essere già in vacanza. Dentro, i Tornado, gli F16 e gli F18 si rincorrono sulla pista, per mettere il guinzaglio a Gheddafi.
Domenica sera erano decollati sei aerei italiani, con il compito di prendere di mira i radar del raiss. «Era un’operazione di soppressione delle difese aree avversarie - ha spiegato il colonnello Mauro Gabetta, comandante del 37˚ Stormo della base - e gli obiettivi sono stati raggiunti». Ieri le missioni sono cominciate di mattina e sono continuate tutta la giornata, anche di notte: difficile contarle tutte. Non solo aerei italiani, perché quattro F18 canadesi hanno cominciato le loro incursioni.
A Birgi, metà strada fra Trapani e Marsala, è di stanza il 37˚ Stormo Cesare Toschi: tredici palazzine, incluso cinema, spaccio e impianti sportivi. L’attacco alla Libia, però, ha fatto trasferire qui anche i Tornado Ecr di Piacenza, specializzati nel distruggere i radar con i missili Harm, e gli aerei attrezzati per i rifornimenti in volo, che invece vengono da Ghedi.
La Libia è un destino, per chi vive o fa il militare da queste parti. Non lontano da questo mare incrociavano i convogli che portavano soldati italiani e rifornimenti a Tripoli, durante la Seconda Guerra Mondiale; non lontano, ancora, erano atterrati gli Scud lanciati da Gheddafi nel 1986.
Siccome siamo brava gente adesso, come allora, il maggiore Nicola Scolari ha raccontato subito che l’altra sera non abbiamo fatto grossi danni: «Ci siamo limitati a pattugliare la zona nei pressi di Bengasi ma non abbiamo ritenuto di lanciare i missili contro i radar. Il nostro compito era verificare se vi fosse la presenza di apparecchi accesi, ma non c’è stata conferma». Ha parlato lui, in divisa davanti ai Tornado, e ha parlato il collega Michele Ciuffreda, tenente colonnello che invece pilota gli aerei da rifornimento: «Durante il decollo c'è la giusta tensione, ma anche la giusta concentrazione.
L'equipaggio è perfettamente addestrato con la massima professionalità, e le operazioni che conduciamo durano in genere circa un’ora. In mattinata ci è arrivato l’ordine di rischierarci, e noi siamo pronti a decollare». Il contrario del top gun nell’immaginario collettivo, sbruffone e imprudente. Scolari ha passato la notte col sedere sopra le artiglierie libiche, ma pare che sia andato a vendere polizze di assicurazione: la sua perfetta riga a sinistra potrebbe sfoggiarla tra i capelli anche un impiegato di banca. Eppure le sue parole, forse troppo esplicite, devono aver urtato i piani alti della Difesa. Al punto che in serata i giornalisti sono stati prima allontanati dalla base, e poi riammessi. Chi potrebbe tornare a casa, invece, rischia di essere proprio Scolari, che secondo voci raccolte dall’agenzia Adnkronos avrebbe ricevuto l’ordine di fare le valigie per rientrare a Piacenza. «Non abbiamo elementi per confermare o smentire», commenta in serata un portavoce della base.
Il problema delle lingue sciolte sarebbe non fornire indicazioni operative al nemico, ma anche evitare polemiche sulla natura della missione italiana. Il presidente Berlusconi ha detto che noi non bombardiamo, e questo forse rasserena un po’ i pacifisti, che minacciano di marciare giovedì sulla base. Gli americani, però, speravano in qualcosa di più. E’ vero che i nostri Tornado armati con i missili Harm erano stati fondamentali anche nel Kosovo, dove eliminando i radar avevano aperto la strada ai bombardieri Usa. Però, per fare un esempio, i sei Harrier a decollo verticale imbarcati sulla Garibaldi farebbero molto comodo per distruggere i mezzi di terra di Gheddafi, ma i difficili equilibri all’interno della maggioranza di governo frenano il loro uso. In serata, comunque, il ministro La Russa ha annunciato la mobilitazione di altri mezzi con armamento più pesante.
Più sereni gli ufficiali canadesi, forse perché di fronte alle coste libiche non c’è il loro Paese. I loro F18 sono decollati in sequenza con i nostri aerei, per andare a colpire le forze del raiss. «Niente dettagli operativi sulle missioni», avverte subito uno di loro, che oltre a grado e matricola ci offre solo il nome: Rutheford. Tanto stupore, invece, per la terra che in fondo sono venuti a difendere: «Incredibile la Sicilia, vista dall’alto. Bellissima. Di questi tempi a casa mia, nell’Ontario, c’è ancora la neve a terra. E’ la prima volta che vengo qui in missione, ma vi giuro che non sarà l’ultima».
da - lastampa.it/esteri
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