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Autore Discussione: Alessandro CURZI - E io propongo un patto per uscire dal pantano Rai  (Letto 3209 volte)
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« inserito:: Settembre 02, 2007, 12:19:00 pm »

E io propongo un patto per uscire dal pantano Rai

Alessandro Curzi


Non è nemmeno ripresa la normale attività politica post-estiva - e una fase aziendale di suo già assai complessa (è di ieri la sentenza del Tar che dichiara legittima la riunione degli azionisti Rai del 10 e 11 settembre per la revoca e la sostituzione del consigliere di amministrazione Petroni, in rappresentanza del Tesoro) - e la Rai è già al centro di polemiche e dibattiti. La Lega minaccia lo sciopero del canone; si dichiarano d'accordo con questa istanza persino esponenti importanti del centrosinistra; il solito Gasparri, che però è stato ministro al ramo, lega l'attuazione dello sciopero sul canone alla sostituzione di Petroni... A tutto questo si aggiunga il fuoco di fila intimidatorio scatenato dai soliti incendiari di centrodestra contro l'ipotesi che al rappresentante dell'allora ministro Siniscalchi succeda il rappresentante dell'attuale ministro Padoa Schioppa. Una serie di dichiarazioni che, a prescindere dai giudizi che si possono esprimere sul loro contenuto e sul loro tono, sono oggettivamente strumentali, perché esplicitamente motivate da intenti politici e mirate però su specifiche questioni giuridico-aziendali.

Insomma, sembra proprio che si voglia continuare a tenere il servizio pubblico sotto scacco, negandogli anche solo dieci mesi (il periodo che ci è davanti prima che scada l'attuale CdA) di normale amministrazione e di adeguate iniziative su un mercato sempre più complesso e competitivo.

Permettendomi di liquidare seccamente la questione, evidentemente strumentale, del canone - pagato in tutta Europa, da noi il più basso in Europa, privo persino di un minimo di aggancio all'aumento del costo della vita e dei costi aziendali (per tacere dei costi della digitalizzazione e dell'urgente rinnovo tecnologico degli impianti e delle strutture operative) - mi pare opportuno estrapolare subito uno specifico elemento della situazione. Un elemento che, peraltro, è nella nostra disponibilità di consiglieri di amministrazione, e per altri aspetti nella disponibilità del governo e della sua maggioranza. Questo elemento, che dovrebbe avere il sopravvento rispetto a qualsiasi strumentalizzazione o alibi o anche intento politico, è: il senso di responsabilità aziendale e istituzionale.

Per sgombrare il campo da qualsiasi equivoco, sto dicendo che la Rai deve poter operare a pieno regime, finalmente, almeno per dieci mesi, a prescindere da quelle che saranno le conseguenze della sentenza del Tar. Con o senza Petroni, questo CdA ha il dovere di assicurare all'azienda, e le istituzioni e la politica hanno il dovere di consentire all'azienda, una delle più grandi e certamente fra le più importanti del Paese nei fondamentali settori della comunicazione, della cultura e dell'intrattenimento, una gestione autonoma, attenta e comunque efficiente.

È un'ipotesi non velleitaria né impraticabile. Ciò che è successo anche nei primi due anni di questa consigliatura - insidiata da aggressioni, pesanti intromissioni e inevitabili turbolenze - sta lì a testimoniare che, nonostante tutto, qualcosa di buono si è fatto. Poco, certamente, in considerazione delle stratificate e ingarbugliate problematiche incitastesi nell'ultimo decennio nel corpo del servizio pubblico. Ma parecchio, se si considerano i vizi, le pratiche e il malcostume della nostra casta politica, che ha sempre considerato la Rai lo sfogatoio non solo delle istanze clientelari ma anche dei peggiori istinti di autoconservazione e, insieme, di conflittualità strumentale.

Perciò, visto che non mi pare esistano a tempi brevi le condizioni politiche e parlamentari per la necessaria riforma della Rai e per un rinnovo delle «fonti di nomina» del CdA o anche solo di questo CdA, e visto che tutto ciò che si dichiara in materia è, in tutta evidenza, solo espressione di vis polemica o di strumentalizzazione politica, facciamo un patto: con o senza Petroni, rimettiamoci al lavoro; con o senza Petroni, lasciateci lavorare.

Non sono Alice nel paese delle meraviglie. So che sulla Rai e sul sistema televisivo volteggiano interessi colossali. So che anche all'interno del centrosinistra - e, in maniera meno evidente, nello stesso centrodestra - si confrontano e sono pronte a scontrarsi differenti valutazioni dell'esistente e soprattutto differenti ipotesi di ristrutturazione del settore. Sulla permanenza di un forte servizio pubblico non tutti sono d'accordo...

Ma il confronto e lo scontro su tutto questo si debbono sviluppare nelle sedi proprie: nei partiti e nel Parlamento. Ciascuno di noi, quando sarà, potrà sostenere questa o quella ipotesi di riforma, potrà essere d'accordo o in disaccordo sulle idee e sulle decisioni che risulteranno maggioritarie.

Nel frattempo, però, la Rai esiste e deve funzionare. Perciò propongo questo patto. Da un canto ai miei colleghi di CdA, a tutti i miei colleghi: rimettiamoci al lavoro. Dall'altro alla politica (il governo, la maggioranza di centrosinistra e la leadership di centrodestra): lasciateci lavorare. A prescindere da colui che rappresenterà, da settembre, l'azionista Tesoro.

Pubblicato il: 01.09.07
Modificato il: 01.09.07 alle ore 8.38   
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