Storia di Elvia: se il fisco fa corto circuito
Marco Bellinazzo
Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2010 alle ore 08:06.
«L'unico modo per uscirne sarebbe separarci», racconta amareggiata la signora Elvia Moroni, milanese, classe '44. «Un commercialista ci ha consigliato di simulare una separazione consensuale, continuando però a vivere sotto lo stesso tetto. Potremmo risolvere tutti i nostri problemi in un sol colpo. Ma capirà, dopo quarant'anni di matrimonio, ci mancherebbe pure di dover divorziare per colpa del Fisco».
Nel dantesco girone di soglie reddituali, parametri tributari e riforme previdenziali in cui la signora Moroni si ritrova catapultata da alcuni anni, la fittizia separazione sembra essere l'unico salvacondotto. Al sudoku della malasorte fiscale, al quale è stata suo malgrado iscritta, non ci sono altre soluzioni.
Ma riavvolgiamo il nastro di questa storia. Siamo negli anni '60. La signora Moroni, un diploma in ragioneria, dopo aver lavorato per un po' in un'azienda sceglie di dedicarsi ai due figli e al marito. «Con enormi sacrifici però sono riuscita a versare i quindici anni di contributi necessari per la pensione minima. Certo, non immaginavo che compiuti i 60 anni avrei riscosso un assegno previdenziale così minimo...».
I 500 euro della pensione di base non spettano se il potenziale beneficiario ha un coniuge con un reddito lordo superiore ai 17mila euro annui. «Mio marito – spiega la signora Moroni – è sopra questa fascia, perciò a 60 anni mi sono ritrovata con un assegno mensile di 192 euro».
Ma questo è solo l'innesco delle beffe con le quali la burocrazia sembra voler mettere alla prova la pazienza e il senso civico della signora Moroni. «Per essere considerati dal Fisco a carico del coniuge si deve disporre di un reddito inferiore a 2.840 euro annui. Sfortunatamente, succede che con la mia mini-pensione e la quota di rendita catastale della nostra abitazione sfondo per un centinaio di euro questo limite, peraltro non aggiornato da 15 anni. E sa cosa comporta questa eccedenza? Che mio marito paga ogni anno circa 800 euro in più di imposta, non potendo contare sulla trattenuta per familiari a carico. Mentre io, non avendo un reddito rilevante non posso fare la dichiarazione. Di conseguenza, non potendo presentare il 730 non posso detrarre le spese sanitarie, gli scontrini farmaceutici, eccetera. Lei mi dirà: ma dopo i 65 anni lei non dovrebbe essere esentata dal ticket? In teoria sì. Ma di colpo ecco che, per lo Stato, torna in scena mio marito. Per poter accedere all'esenzione il reddito familiare non deve superare i 37mila euro lordi all'anno. Livello che purtroppo in due oltrepassiamo. Morale, devo pagare i ticket sanitari e non posso detrarre neppure un centesimo».
Una congiunzione astrale nefasta? Un tiro mancino dell'Erario? «Diciamo solo un'assurdità normativa di cui però pago il prezzo quotidiano da anni, facendomi scrupoli, alla mia età, per comprarmi un libro e dovendo lesinare su molte cose. Spero solo che qualcuno intervenga per sanare una situazione che non credo sia così infrequente. Altrimenti, non so, mi toccherà rifiutare di pagare il ticket la prossima volta. Oppure penserò a qualcosa di clamoroso affinché qualcuno mi ascolti. Certo, non posso "divorziare". Come posso pretendere questo da mio marito?».
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