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Autore Discussione: Lirio Abbate. - Carboni yacht club  (Letto 3098 volte)
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« inserito:: Agosto 21, 2010, 12:53:08 pm »

Carboni yacht club

di Lirio Abbate

Spunta il faccendiere nel crac della holding nautica di Rimini.

Un intrigo da 100 milioni tra barche fantasma, investigatori corrotti e il misterioso suicidio di un ex generale della Finanza

(19 agosto 2010)

Flavio Carboni Flavio CarboniFlavio Carboni al telefono si vanta della sua nuova barca: un Bertram, lo scafo che i magnati americani usano per la pesca d'altura in Florida. Un giocattolo da due milioni di euro, che il faccendiere sardo magnifica parlando con Denis Verdini. Ma quella barca adesso ha preso il largo, come l'uomo che potrebbe averla donata al protagonista della P3 quale ricompensa per i suoi favori: tutti spariti, lasciandosi alle spalle un intrigo da cento milioni di euro. Siamo a Rimini, dove lontano dagli ombrelloni quest'agosto è dominato da uno scandalo di dimensioni tutte da decifrare. Fiumi di soldi che corrono tra banche e leasing, un potente ex generale della Finanza che si suicida quando vede arrivare la perquisizione, panfili fantasma, una pattuglia di ufficiali sotto inchiesta per corruzione e adesso anche lo zampino di Carboni ad alzare il livello della trama.

Al centro dell'indagine c'è la maxi truffa che ha rovinato l'estate a facoltosi imprenditori italiani e sammarinesi, ma anche a decine di società di leasing. La storia parte da Rimini con Giulio Lolli, 45 anni, considerato fino a pochi mesi fa il maggiore commerciante italiano di barche di lusso a motore, presidente della Rimini Yacht che nel 2007 ha fatturato 32 milioni di euro.

Lolli è indagato per truffa e falso, a piede libero. Ma da quando la magistratura ha iniziato ad occuparsi di lui, è scomparso. Nel frattempo sono venute a galla storie di finanziamenti milionari per la compravendita di barche, alcune cedute a più armatori contemporaneamente.

Possibile? Sì, Lolli riusciva a far aprire leasing milionari a nome degli acquirenti sulla base di documenti contraffatti e poi incassava le somme. Agli armatori restava in mano solo un foglio di carta senza alcun valore che attestava la proprietà di uno yacht di cui erano in possesso già altre persone, ma con centinaia di rate da pagare. Chi lo conosce sostiene che il presidente della Rimini Yacht poteva arrivare a tutto pur di proseguire nel suo giro di milioni e tarocchi. Anche a chiedere l'intervento di Carboni.

Giulio Lolli Giulio Lolli Il problema è sempre lo stesso: trovare un amico capace di smuovere le banche. Al manager che moltiplicava le barche occorreva far sbloccare un finanziamento della Banca Popolare di Spoleto, la stessa in cui sedeva nella poltrona di presidente del consiglio di amministrazione Giovanni Antonini, amico di Carboni. E tutta questa vicenda è finita nei registratori dei carabinieri che stavano indagando sulla P3. Carboni riceve una telefonata da un certo Paolo che si presenta come "un amico degli amici", anche se dice di essere un "maggiore appartenente al X Tuscolano", facendo intendere di essere uno delle forze dell'ordine. Paolo chiama per sollecitare l'intervento in favore di Lolli e il faccendiere sardo lo rassicura: tutto sarà fatto così come richiesto.

La telefonata si conclude con Carboni che ripete "non chiedo nulla... cioè non voglio nulla...". Ma il regalone arriva in un lampo e riceve da Lolli il Bertram, valore di quasi due milioni di euro, e una Aston Martin, la fuoriserie dell'ultimo 007. Dell'imbarcazione e dell'auto, che non risultano essere state intestate a Carboni, si fa riferimento nelle intercettazioni che saranno acquisite dal pm di Rimini, Davide Ercolani che coordina l'inchiesta sulla truffa alla romagnola. Ma nei nastri della procura di Roma ci sarebbero altre registrazioni in cui si fa riferimento a Lolli: conversazioni finora non utilizzate perché estranee all'inchiesta sull'eolico e la P3.

L'ipotesi degli inquirenti è che la Aston Martin e il Bertram possano essere il corrispettivo dell'interessamento di Carboni presso la banca di Spoleto. E si è scatenata la caccia alla barca, con il sospetto che in realtà sia di proprietà di una delle società di leasing truffate. Secondo quanto risulta a "L'espresso", il Bertram sarebbe stato ormeggiato per un po' nel porto di Ostia, dove l'avrebbero usato Flavio Carboni e il figlio.

La comparsa del gran faccendiere apre altri scenari inquietanti, sui quali anche la procura di Bologna sta coordinando un'inchiesta: tra gli indagati, oltre al presidente della Rimini Yacht anche quattro uomini della Guardia di Finanza del capoluogo emiliano. Di scandalo in scandalo, perché in questo versante giudiziario emergono contatti con persone che in passato hanno avuto un ruolo nel crac Parmalat. Giulio Lolli aveva coinvolto pochi anni fa nella sua società nautica anche l'ex generale delle Fiamme Gialle

   
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