L'intervista
Barbareschi il «futurista»: il Pdl è un partito avvilente
L'attore-deputato che ha battezzato Fli
ROMA — Si definisce il «copywriter» di «Futuro e Libertà». Passa Antonio Di Pietro e lo blocca: «Piaciuto il nome?». Tonino ci pensa un attimo e sorride: «Non solo il nome, anche la sostanza». Anche di quello proverà a occuparsi Luca Barbareschi, finiano doc, già socialista craxiano, bisnonno tra i fondatori del Parlamento, padre partigiano, mattatore prima sulla scena poi in Aula.
Il vostro primo obiettivo?
«Accelerare il processo di rottamazione del berlusconismo, ormai al tramonto».
Si comincia con Caliendo?
«Si va verso una mediazione. Sarei stato più tranchant, avrei osato di più. Io sono un garantista ma a volte bisogna dare un segnale. Ci sono momenti in cui bisogna essere impopolari».
Lei è stato craxiano.
«Convinto. Al contrario di Andreotti, che era solo un tattico, Craxi è stato uno statista. Bisogna essere disposti a morire per una causa. Servono scelte coraggiose. Come hanno fatto la Thatcher e Reagan».
E ora? Come costruire il futuro?
«Dobbiamo metterci tutti in testa il cappello da statista. Essere lungimiranti. Guardare ai prossimi dieci anni. Avere una visione della grande industria e della telecomunicazione. Il rapporto con Bernabè è fondamentale. Dobbiamo fare squadra e adottare un profilo alto, così che i poteri forti possano pesare i 33 deputati e 10 senatori».
Futuro e Libertà è di destra?
«No. Siamo in una fase post ideologica. Cosa sono destra e sinistra? È sinistra quella di D'Alema che s'inginocchia all'Opus Dei? Gaber ci ha già preso in giro abbastanza».
Cosa non le piace più del Pdl?
«È un partito dove si pronuncia solo la parola capo. Mi intristisce un convivio femminile con 24 deputate. È avvilente un partito che fa sottosegretario la Santanché e che pensa di fare la Brambilla ministro dello Sviluppo Economico».
E la cultura? Doveva cambiare tutto con Berlusconi.
«E invece non è cambiato nulla. Bondi ha fatto due riforme giuste, quella sugli enti lirici e la legge sul cinema. Ma si predilige un approccio museale. La cultura è morta, autoreferenziale, senza neanche la grandeur francese».
Lei si è lamentato per anni dell'egemonia della sinistra.
«Non è finita. Berlusconi ha mantenuto lo status quo, adottando la logica di Confalonieri: meglio trattare con Gheddafi e non toccare i quattro scalzacane di sinistra. Aldo Giovanni e Giacomo, il Trio Medusa, Bisio: tutta gente diventata miliardaria, anestetizzata».
Lei ha spesso lamentato di essere un epurato dalla sinistra. Entrare in politica l'ha aiutata?
«Mi ha creato solo guai. Mi hanno fatto dispetti in Rai e in Mediaset. Dopo tre mesi un consigliere legato a Tremonti mi ha bloccato "Nebbie e delitti". Hanno fermato il mio programma su La7. Do fastidio, perché non sono ricattabile».
Nel Pantheon culturale dei finiani chi ci mettiamo?
«Tre libri: «Wikinomics», la «Guida ai perplessi» di Maimonide, e «Il Genio» di Harold Bloom»
Alessandro Trocino
03 agosto 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
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