LA-U dell'OLIVO
Novembre 26, 2024, 09:49:04 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: FRANCESCO MERLO Il faccendiere di Munchausen  (Letto 2598 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Luglio 25, 2010, 12:29:18 pm »

IL COMMENTO

Il faccendiere di Munchausen

di FRANCESCO MERLO


COME il barone di Münchausen, Denis Verdini cade e si tira i capelli per non cadere. "Denis, devi resistere" è infatti il titolone di prima pagina del quotidiano di Denis, il Giornale della Toscana, ed è appunto un titolo che non riesce a farci sorridere.

Al contrario, quasi ci commuove che Verdini si dica da solo quello che nessuno gli dice. Berlusconi gli dà dello sfigato. Il Foglio, che è un giornale del quale il banchiere Verdini possiede una quota di minoranza, lo pizzica e lo sfotte con un'ironia tutto sommato compassionevole. I colleghi di partito, che con lui erano mendici e queruli, lo commiserano e lo evitano. Il suo famoso, affollatissimo telefono, ormai non squilla più. Che altro fare se non autoincoraggiarsi? Se non dirsi da sé quello che vorrebbe sentirsi dire dagli amici, dai colleghi, dai beneficiati, dai complici? Insomma, se nessuno lo acchiappa mentre precipita nel vuoto, al barone di Münchausen non rimane che acciuffare se stesso e tirarsi ferocemente per i capelli.

Alla fine dunque "Denis devi resistere", stampato sul giornale di cui Denis è il padrone assoluto, non è neppure narcisismo, è una carità fatta a se stesso, un grugno, una disperata solitudine. Certo, noi potremmo evocare il rispetto per lo scrivere e i diritti del lettore, ma qui non siamo davanti al solito giornalismo malandrino. Siamo oltre. Questa è roba triste, tenera e imbarazzante e tuttavia istruttiva nella sua verità crudele. Quel titolo infatti è come un odore, il residuo marginalissimo di una potenza compromessa che i potenti stanno liquidando per non compromettersi anch'essi.

Verdini è stato il vicerè di Berlusconi. Aveva in mano il partito. E si vantava di sapere appunto "resistere" ai mille questuanti che gli chiedevano un posto in commissione, una poltrona di sottogoverno, un prestito, un aiuto, un appalto... Raccontava agli amici di addormentarsi la sera contando gli sms degli "accattoni" del Pdl ai quali non avrebbe mai risposto, era infatti uno di quei sacerdoti berlusconiani disponibili ma sarcasticamente aggressivi, le sue concessioni economiche e politiche vibravano di allegria e di disprezzo, "non si può sorridere senza mostrare i denti" diceva di sé. Ebbene, di quella supremazia, di quella padronanza, della signoria solida certa e indiscussa e generosamente esercitata, rimane solo questo titolo di giornale, questo spasmo ventriloquo, questa impossibile auto salvazione alla Münchausen che Verdini concede al proprio rimpianto e alla costipazione del cuore, vale a dire alla psicanalisi.

L'idea di parlare di sé con sé o, meglio ancora, tra sé e sé è infatti una classica trovata da manuale popolare di autostima, uno di quelli che escono a dispense con la rivista Riza psicosomatica per esempio, e consigliano di mettersi davanti allo specchio e farsi i migliori complimenti, o andare a letto la sera dandosi tanti baci su tutto il corpo, cercando di arrivare anche lì dove, da soli, non si può arrivare. Nei Quaderni di esercizi di autostima editi da Vallardi e compilati da Rosette Poletti e Barbara Dobbs, si tratteggia, senza alcuna ironia, la differenza tra l'individuo com'è e come vorrebbe essere e si consiglia a chi, come Verdini, deve recuperare la fiducia in se stesso di esercitarsi sulla "facciata", vale dire "ciò che so di me e gli altri ignorano", passando per "ciò che gli altri sanno di me e io ignoro" sino all'"ignoto", che sarebbe "ciò che né io né gli altri sappiamo di me". Certo è roba da piazzisti della psiche. Ma forse c'è una fessura di luce tenebrosa nella commediola burlesca e dadaista del caso clinico Verdini che concede a se stesso sul proprio giornale l'amore che tutti ormai gli negano sugli altri giornali. Complicazioni inutili rispetto al barone di Münchausen che si tira per i capelli? Vediamo.

L'articolo di fondo che il giornale di Verdini ha pubblicato su Verdini è addolorato e mesto, ed è firmato dall'ex direttore Riccardo Mazzoni che lo stesso Verdini promosse e fece eleggere in Parlamento. Ed è bello che almeno questa fedeltà inconsolabile non sia venuta meno. Mazzoni, citando il "non ci sto" di Scalfaro ("che non mi piace") invita Verdini "a resistere resistere resistere", proprio come Borrelli ("che non mi piace"). È noto che l'uso della retorica del nemico rafforza la sofistica, ma si sa che i magistrati lavorano sull'ipotesi, ovviamente da provare, che i soldi avuti da Flavio Carboni siano serviti a Verdini proprio per il Giornale della Toscana che esce come supplemento fiorentino del il Giornale di Berlusconi ma, come abbiamo detto, è una testata autonoma di proprietà di Verdini. Mazzoni è un valoroso collega e certamente sa che lo stilema retorico cambiando campo cambia anche di segno. Ovviamente Verdini ha tutto il diritto di scrivere dove vuole, anche sul proprio giornale, che è innocente, ma a sinistra "resistere" significa combattere, mentre altrove sta per "calati iuncu ca passa la china", e dunque rimanda al silenzio, a trattenere piuttosto che fare esplodere la rabbia, insomma a ricacciare giù quel che il rancore porta furiosamente su. Come insegna la buonanima dell'eroe di Arcore.

(25 luglio 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/07/25/news/il_faccendiere_di_munchausen-5812213/?ref=HRER1-1
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!