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« Risposta #1 inserito:: Settembre 01, 2007, 11:46:17 pm » |
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L'imprenditore minacciato scrive e Napolitano.
Artioli: «Serve l'esercito»
Confindustria: «Espellere chi paga il pizzo»
Gli imprenditori che accettano le regole del racket saranno cacciati.
La norma entrerà nel nuovo codice etico degli industriali
CALTANISSETTA - Gli imprenditori che non si ribellano al racket delle estorsioni pagando il pizzo e che in qualunque forma «collaboreranno» con la mafia saranno espulsi da Confindustria. È quanto prevede una norma stabilita dal direttivo regionale dell'associazione degli industriali siciliani, riunito a Caltanissetta dopo le intimidazioni e le minacce al presidente dell'Ance a Catania, Andrea Vecchio, e al presidente della Camera di Commercio e della Piccola industria a Caltanissetta, Marco Venturi. La norma sarà inserita nel codice etico già adottato da Confindustria a livello nazionale, dopo il via libera della giunta siciliana dell'associazione che si riunirà nei prossimi giorni. Chi violerà la norma sarà sanzionato, in base alle disposizioni del codice, sino all'espulsione.
LO SFOGO DI VECCHIO - «Mi sono sovra esposto, ma non voglio diventare un bersaglio, anche le pallottole non possono uccidermi perché le mie idee non moriranno mai». Lo ha detto Andrea Vecchio, imprenditore catanese che ha subito quattro intimidazioni in quattro giorni. Attorno all'imprenditore si è stretta Confindustria Sicilia, che ha chiamato a raccolta tutti i suoi dirigenti a Caltanissetta. Alla riunione partecipa su mandato del presidente Luca Cordero di Montezemolo, il vice presidente nazionale di Confindustria Ettore Artioli.
LETTERA A NAPOLITANO E PRODI - «Lo Stato reagisca». In una lettera indirizzata al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e al premier, Romano Prodi, l'imprenditore Andrea Vecchio, destinatario di quattro intimidazioni e attentati incendiari, chiede allo Stato di non lasciarlo solo nella sua ostinata resistenza alla criminalità organizzata. «Così non si può vivere», scrive con amarezza nella missiva resa nota nel corso della riunione di Confindustria a Caltanissetta. «Non siamo noi imprenditori a essere attaccati - aggiunge Vecchio - ma lo Stato, quello stesso Stato che non è in grado di assicurare l'ordinato svolgersi della vita e dell'attività quotidiane. Non vogliamo essere eroi, ma protagonisti vivi».
ARTIOLI: SERVE L'ESERCITO - «A questo punto è opportuno l'intervento dell'esercito. Una riproposizione dei Vespri siciliani per difendere anche quanti tra gli imprenditori vogliono continuare a lavorare, rifiutando ogni condizionamento e respingendo con coraggio intimidazioni di ogni sorta». La proposta choc arriva dal vice presidente di Confidustria, Ettore Artioli. «Mi sono già recato al ministero della Difesa - ha aggiunto il numero due di viale dell'Astronomia - per ragionare sul da farsi. Ma la strada più concreta ed efficace nell'immediato appare essere quella dell'intervento dell'esercito. Sarebbe un segnale fortissimo».
MASTELLA - L’ipotesi di inviare l’esercito in Sicilia per contrastare la criminalità organizzata «è una discussione ricorrente nelle aree dove c’è maggior incidenza - ha detto Clemente Mastella, ministro della Giustizia - Il problema non è solo per la Sicilia, ma anche per la Campania e la Calabria, se ne discute ma per ora non c’è una risposta affermativa. Martedì - ha aggiunto - incontrerò il presidente del Consiglio e ci saranno in cantiere alcune iniziative che spero siano assecondate dal Parlamento al di là delle distinzioni tra le parti politiche».
LA DIFESA NICCHIA - «Io credo che la decisione assunta oggi da Confindustria Sicilia di espellere gli imprenditori compiacenti e quelli che pagano il pizzo sia molto più importante e utile dell'invio dell'esercito, che è chiamato a svolgere altre funzioni». Lo afferma Andrea Armaro, portavoce del ministro della Difesa Arturo Parisi. «Le forze di polizia sono sufficientemente presenti, quel che manca semmai è quell'humus sociale che oggi Confindustria Sicilia con la delibera approvata si ripropone di ricreare».
DI PIETRO, PUNIRE ANCHE CHI PAGA TANGENTI - Dopo la decisione degli industriali siciliani il ministro Antonio DI Pietro rilancia e chiede di prevedere l'espulsione per chi paga le tangenti. Penalizzare chi accetta le regole del pizzo «è un atto di coraggio e grande impegno civile. Sarebbe ancora più giusto, però, se ad essere espulsi fossero anche coloro che pagano le tangenti». ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture. «Il provvedimento assunto dal direttivo siciliano di Confindustria prosegue Di Pietro- merita rispetto, oltre che attenzione; e induce magistratura e gli organi competenti a dare risposte chiare. Se gli imprenditori, però, vogliono mandare un messaggio di discontinuità rispetto alle logiche del malaffare dovrebbero anche prevedere l'espulsione per chi paga le tangenti. Uno dei mali peggiori per l'economia del Paese e per la stessa politica è proprio il reato di corruzione che, a differenza del pizzo, prevede due soggetti egualmente colpevoli: chi prende la tangente e chi la paga».
01 settembre 2007 da corriere.it
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