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Autore Discussione: Il Cavaliere e le battute d'arresto: gaffe su Marcegaglia e cita Mussolini  (Letto 2560 volte)
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« inserito:: Maggio 28, 2010, 05:10:59 pm »

27 maggio 2010, 20:52

Il Cavaliere e le battute d'arresto: gaffe su Marcegaglia e cita Mussolini     

Berlusconi si muove sul filo del rasoio, alla ricerca di una stabilità del suo consenso che rischia di finire incrinato dalla Grande Depressione: dice di godere ancora della fiducia del 60 per cento degli italiani ma l'accurata regia con cui ha preparato la presentazione della manovra tradisce quantomeno la preoccupazione di non apparire come un uomo che ha tradito i propri impegni


La manovra d'emergenza ottiene la promozione degli industriali e delle Borse, dopo quella degli organismi internazionali, e così Silvio Berlusconi può parlare - all'assemblea di Confindustria e all'Ocse - di una vittoria contro la speculazione anti-euro nella quale il nostro Paese ha fatto la sua parte.
Eppure è chiaro che tutto ciò non sarà sufficiente. Come ha ricordato con toni preoccupati Giorgio Napolitano nel suo videomessaggio agli industriali italiani, serve almeno una condivisione degli obiettivi di fondo tra maggioranza e opposizione perché sono in gioco scelte di lungo periodo e un'Italia divisa scomparirebbe dall'Unione europea e dal mondo.

Il governo è in grado di assicurare questo salto di qualità? Difficile dirlo in un momento in cui sembra di essere tornati ai giorni del "Patto per l'Italia", voluto proprio dall'attuale premier per rilanciare l'economia italiana: patto al quale aderirono Cisl e Uil ma non la Cgil.
Il copione si sta ripetendo, sebbene il Pd abbia preso le distanze dal maggior sindacato italiano giudicando prematuro (a differenza di Antonio Di Pietro) pensare allo sciopero generale e preannunciando una battaglia parlamentare e una contromanovra.

Il capo dello Stato sembra parlare contro queste pulsioni che rischiano di scavare un solco con l'Europa, invita a superare le esasperazioni, ma allo stesso tempo indica al premier una strada impervia che il governo deve dimostrare di saper percorrere.
In questa partita si appresta a giocare un ruolo chiave Pier Ferdinando Casini il quale critica la "confusione" di certe misure (per esempio quella sull'abolizione delle province) ma ritiene che tutti debbano remare nella stessa direzione all'insegna di quello spirito di unità nazionale che costituisce il cuore del suo progetto politico di rilancio del centrismo.

Uno scenario in cui il Cavaliere deve forzatamente rivedere la vecchia road map: tanto per cominciare, ha la necessità di ricucire il rapporto con Gianfranco Fini con il quale oggi ci sono stati pubblici sorrisi e strette di mano. Il presidente della Camera, ha assicurato Italo Bocchino, non farà mancare il suo appoggio alla coesione della maggioranza e in cambio sembra avere già ottenuto un ammorbidimento dei 'falchi' su leggi delicate come quella delle intercettazioni e anche un accenno di 'concertazione' della manovra (una parola proibita, fino a poco tempo fa).
Il pieno ritorno in campo di Fini può comunque servire al premier per controbilanciare il peso assunto dal ministro dell'Economia e dalla Lega che lo sostiene: l'irrituale accenno di Berlusconi al potere dei 'gerarchi' di Mussolini che spesso sopravanzava quello del Duce, per di più fatto in un'assemblea internazionale, è la spia di tutto ciò.
In altre parole Berlusconi si muove sul filo del rasoio, alla ricerca di una stabilità del suo consenso che rischia di finire incrinato dalla Grande Depressione: dice di godere ancora della fiducia del 60 per cento degli italiani ma l'accurata regia con cui ha preparato la presentazione della manovra tradisce quantomeno la preoccupazione di non apparire come un uomo che ha tradito i propri impegni.

Berlusconi è stato molto attento a lasciare a Tremonti il ruolo dell'intransigente e all'Europa quello del giudice inappellabile: naturalmente ne condivide le indicazioni ma all'insegna di un ottimismo di fondo che non è venuto meno neanche in questa circostanza.
Tuttavia c'è stata una battuta d'arresto. Il suo tentativo di coinvolgere direttamente Confindustria nella gestione della crisi, con la richiesta alla platea degli industriali di investire pubblicamente Emma Marcegaglia quale nuovo ministro dello Sviluppo, è caduto nel gelo. Il carisma del premier, il suo senso della platea, ha fallito il bersaglio, condito per di più dal rimprovero della presidente degli industriali di non aver ancora varato riforme strutturali.
Un colpo di cui è difficile per ora valutare le conseguenze.
Il minimo che si possa dire è che gli industriali sanno di essere ancora nel bel mezzo della crisi e che non sono alcune pagelle o le fiammate di Borsa a poter rovesciare le sorti della battaglia ingaggiata dall'Europa sui mercati. L'impressione è che stavolta al Cavaliere non basterà invocare più poteri o la piena responsabilità della cabina di regia per dare una svolta allo scontro epocale in atto: ciò che si attende la finanza mondiale dai Paesi europei è tutto il contrario, maggiore integrazione politica e condivisione delle scelte strategiche.

(ansa)
http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=14997
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