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Autore Discussione: Guadagnare (tutti) di più si può  (Letto 2212 volte)
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« inserito:: Aprile 10, 2010, 10:17:23 am »

LA SFIDA DELLA CRESCITA

Guadagnare (tutti) di più si può


La sfida della crescita è stata posta al centro del convegno a Parma della Confindustria. Dopo un 2009 di forte recessione, la scelta del tema da parte di Emma Marcegaglia è stata puntuale. Se l’economia non riparte, siamo tutti destinati ad avere meno benessere e meno opportunità. Inoltre, le aziende sono in prima linea: la ripresa dipende in larga misura dai loro comportamenti. Per uscire dalla crisi, occorre individuare i vincoli da rimuovere, ma anche disporre di strategie d’impresa credibili ed efficaci. La crescita non è però l’unica priorità. Essa è condizione necessaria, ma forse non sufficiente, affinché le famiglie recuperino sicurezza economica e fiducia nel futuro. Come è già avvenuto dopo la crisi dei primi anni Novanta, potremmo infatti assistere a una ripresa del Pil senza un incremento dei posti di lavoro. La prospettiva è allarmante perché l’Italia è da sempre caratterizzata da tassi di occupazione più bassi degli altri Paesi. La recessione ha fatto salire i disoccupati e, ancor di più, il numero di quanti sono completamente usciti dal mercato del lavoro. Se l’economia riparte, non è scontato che la situazione occupazionale migliori. In questo caso, molte persone resterebbero in condizioni di forte vulnerabilità: oggi in Europa la migliore assicurazione contro la povertà è vivere in una famiglia in cui entrambi i partner lavorano e dunque portano a casa due stipendi.

Come far sì che la ripresa, quando verrà, sia davvero accompagnata da maggiore occupazione? L’esperienza degli altri Paesi insegna che assunzioni, disoccupazione, inattività dipendono soprattutto dalle regole vigenti nel mercato del lavoro e dagli incentivi (ad esempio, quelli fiscali) predisposti dallo Stato. L’Italia ha regole che generano eccessi di rigidità e insieme di precarietà lavorativa. I nostri incentivi all’occupazione sono pochi e scarsamente efficaci. Senza riforme, sarà difficile raggiungere l’obiettivo della «crescita con occupazione».

C’è poi una terza sfida, che riguarda non tanto la disponibilità, quanto il livello dei redditi. Gli italiani guadagnano poco. La retribuzione media di un nostro lavoratore dipendente scapolo è di almeno il 20%-30% inferiore rispetto a un lavoratore francese, inglese o tedesco. E il divario tende a crescere se consideriamo gli occupati con familiari a carico e persino il reddito complessivo di nuclei in cui entrambi i coniugi lavorano.

Il basso livello delle retribuzioni è in buona parte legato alla minore produttività delle imprese italiane e all’inefficienza del sistema-paese in cui esse operano. Ma dipende anche dall’inadeguatezza del nostro welfare. Nei Paesi con cui ci confrontiamo i redditi da lavoro sono sorretti da trasferimenti monetari e crediti d’imposta volti a contrastare la povertà. Su questo fronte siamo davvero molto indietro: il Paese non si sbriciola solo perché dispone di una rete informale di solidarietà parentali che ha molte virtù, ma che genera anche forti sperequazioni ed enormi rigidità. Ripresa dello sviluppo, dell’occupazione, dei redditi: sembra una triade irraggiungibile dopo un annus horribilis come il 2009 e dati i vincoli europei. I tre obiettivi non sono però logicamente incompatibili. Richiedono solo uno sforzo progettuale condiviso per un’«Italia al futuro» (come sostengono gli imprenditori) e soprattutto un impegno politico che oggi non si vede, o quanto meno non appare seriamente rivolto in questa direzione.

Maurizio Ferrera

10 aprile 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
DA corriere.it
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