LA-U dell'OLIVO
Novembre 24, 2024, 08:49:23 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Da medico a malato e ritorno: «Colleghi, basta far del male ai pazienti»  (Letto 6163 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Aprile 21, 2010, 06:46:36 pm »

La storia/

Da medico a malato e ritorno: «Colleghi, basta far del male ai pazienti»

Ha scoperto di avere un cancro e l'ha sconfitto.

Noto chirurgo predica umanità: «Una persona dietro ogni cartella clinica»
                     
 di Federica Cappellato

PADOVA (20 aprile) - Improvvisamente si trova dall'altra parte. Un giorno, come gli era già capitato innumerevoli volte, guarda gli esami di un malato di cancro: fase avanzata, prognosi infausta al 60%. Routine, non fosse che quelle lastre sono le sue. Il professor Francesco Sartori, direttore della Clinica di Chirurgia toracica nell'Azienda ospedaliera di Padova, con all'attivo oltre 10 mila interventi di chirurgia maggiore e oltre trecento pubblicazioni internazionali, diventa protagonista di una dolorosa inversione di ruoli. Da curante a curato. L'insorgenza del male, la scoperta che sconvolge la vita personale e sconquassa lo status professionale. La malattia non è più solo da curare, ma da vivere in prima persona. E da osteggiare.

Dopo aver assistito, avvolto nel suo camice bianco, alle terapie più devastanti, all'angoscia di morte che paralizza i malati, Sartori è costretto combattere il suo male sferzando però il "mondo" dei colleghi sani, che non comprendono che voglia dire star male. E mette nero su bianco un decalogo per una medicina diversa. Più comprensiva, più attenta ai malati, più sensibile.

"Dall'altra parte" è il libro uscito nel 2006 (per i tipi di Rizzoli), dove Sartori confida le sue paure e racconta la lunga per la sopravvivenza. Un fulmine a ciel sereno, il tumore, che porta disordine ma nello stesso tempo anche consapevolezza. Quattro anni e dieci ristampe dopo, Sartori riprende il filo del discorso: guarito, tornato dall'altra parte, quella dei "sani", fissa nel nuovo manuale "La comunicazione della salute" (Raffaello Cortina editore) la sua storia dal doppio punto di vista. Intenso, appassionato. Conferma tutto: l'angoscia, lo smarrimento, l'impreparazione ad affrontare una battaglia che lo aveva visto, per quarant'anni, coprotagonista. Ma adesso l’attenzione è per il letto di degenza.

Professore, come le è cambiata la vita?

«Mi rivedo drammaticamente nei miei pazienti. Io ho subìto una sorta di passaggio di identità e mi sono ritrovato ad aspettare le diagnosi dei colleghi, a fare i conti con inefficienze e burocrazia. Chi meglio del medico malato può dire come andrebbe ripensato l'universo salute? La mia personale riforma della sanità andrebbe rimodellata a partire dalle sofferenze dell'uomo, quelle più intime e autentiche. Perno centrale: educare fin dall'Università a trattare con umanità, parlare non solo delle malattie ma soprattutto dei malati, di cosa sentono e provano, di come vorrebbero essere trattati. Io ho imparato a dare alla scienza un'anima, sono consapevole che dietro ogni cartella clinica si cela una persona. E quella persona potrei essere io».

Quanto è importante la comunicazione in sanità?

«C'è crisi tra medici e malati. Il rapporto già nasce asimmetrico, da una parte la voce della scienza, dall'altra dell'emozione, dell'insicurezza, ma le competenze comunicative uno non se le può dare, non si può investire sul talento innato, queste capacità vanno insegnate. E non sono tanto le parole a fare la differenza, quanto il tono di voce, gli sguardi, i silenzi, l'accoglienza. Esistono vere e proprie tecniche che consentono di mettere il malato a suo agio. In questo modo è più facile responsabilizzare, creare percorsi condivisi e anche ripararsi da beghe legali».

L'atteggiamento del paziente, sempre più agguerrito e saccente, certo non aiuta.

«La gente legge i giornali, guarda la tv, consulta internet, sa o crede di sapere e pretende di avere con il medico un rapporto paritario, giustamente non più, come un tempo, calato dall'alto. Ma il medico non sempre è preparato e disposto ad un dialogo che escluda a priori la sua superiorità. Entra anche in gioco la responsabilità della divulgazione scientifica, che tavolta esagera o minimizza, creando squilibri, false speranze o inutili allarmismi».

Un tomo di 512 pagine, articolato in nove sezioni, dall'antropologia all'etica, dalla salute nella società dei consumi alla deontologia e al diritto nella comunicazione medico-paziente. Nel manuale ora in libreria si legge: "La vita viaggia tra la salute e la malattia".

«La malattia oscura il nostro orizzonte del fare e del pensare, impedisce di progettare il futuro, cancella l'avvenire. I nostri sogni sono il sale del quotidiano, senza una proiezione di desiderio l'esistenza diventa grama. E il medico che non sarà stato disponibile ad ascoltare i dubbi, le angosce e le convinzioni del paziente, difficilmente potrà chiedere e ottenere accettazione e collaborazione in un piano di cura».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA 
 da ilgazzettino.it
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!