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Autore Discussione: "Mia nipote portava il latte al suo bambino"  (Letto 2945 volte)
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« inserito:: Aprile 12, 2010, 11:39:36 pm »

LE STORIE

Treno deragliato, le storie delle vittime

"Mia nipote portava il latte al suo bambino"



MERANO - In Val Venosta, dove il treno regionale è deragliato a causa di una frana tra gli abitati di Laces e di Castelbello, nel Meranese, quasi tutti hanno un morto da piangere. Perché qui, parentele a parte, tutti si conoscono. La storia più toccante è quella di Micaela Zoeschg, 34 anni. Aveva perso il padre da appena tre settimane. "Stava portando il latte per il suo bimbo nato prematuro all'ospedale di Bolzano - spiega lo zio, quasi senza parole - . Non ce l'ha fatta. L'abbiamo saputo ore dopo, intorno alle 14".

Spezzata anche la vita di una giovanissima donna, Michaela Kuenz Oberhofer, 18 anni. Il padre allarga le braccia e parla con la disperazione negli occhi. "Aveva deciso di uscire di casa perché voleva prendere la patente e andare alla scuola guida".

Aveva invece 22 anni Elisabeth Peer. Alla camera mortuaria di Silandro la veglia lo zio Robert, direttore di una Asl di zona. Judith Tappeiner, 20 anni, aveva perso il treno precedente perché era rimasta addormentata e stava andando all'università a Verona.

Franz Hohenegger, 73 anni, insegnante in pensione, viaggiava con la moglie, viva ma ricoverata per le ferite. La tragedia non ha risparmiato il macchinista del convoglio, Julian Hartmann, di Merano, che ha lasciato due figli in tenera età. In paese lo conoscono in molti e si sono stretti attorno ai familiari.

Chi ce l'ha fatta prova a descrivere l'inferno. "Siamo dei sopravvissuti, l'abbiamo capito subito", dicono i feriti. Tra questi due turisti tedeschi. Il loro stato di shock è evidente ai medici che li hanno soccorsi, sul posto prima e poi negli ospedali di Silandro /(dove è stata allestita la camera mortuaria), Merano, Bressanone e Bolzano.

"Abbiamo creato subito dei centri di accoglienza in vari punti - spiega Peter Spechtenhauser, a capo dell'assistenza psicologica locale - anche con persone al seguito delle forze dell'ordine per informare i familiari delle vittime e per assisterli nei riconoscimenti e nelle camere mortuarie. Ma cerchiamo di aiutare anche i feriti: sono sconvolti, proprio perché si sentono dei sopravvissuti".

Il problema della quasi totalità dei ricoverati, oltre a ferite e fratture, è l'ipotermia, causata dall'acqua scesa con la frana. Qualcuno è anche scivolato nel vicino fiume Adige. "Passando ho visto cadere due alberi - racconta Edward Perger, 48 anni, dipendente non medico dell'ospedale di Silandro - poi il treno rovesciato. Un bimbo risaliva dal fiume. Ho avvisato subito il 118, dicendo di mandare un elicottero e tante auto, perché ho pensato che i feriti fossero molti".

"Dal treno usciva gente piena di fango e i morti, immersi nella terra ormai solida, non erano più seduti ma distesi", aggiunge Franz Tappeiner, coordinatore dei volontari dei Vigili del Fuoco della Val Venosta, ancora sporco di fango.

(12 aprile 2010)
da repubblica.it
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