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Autore Discussione: Il centrodestra insorge: "In piazza a Roma"  (Letto 2359 volte)
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« inserito:: Marzo 04, 2010, 10:58:19 pm »

Dopo i no della Corti d'appello di Roma e MIlano si alzano i toni

Bonaiuti: "Impensabile finisca così". Calderoli: "Risponderemo ai furbi"

Il centrodestra insorge: "In piazza a Roma"

E Napolitano si irrita: "Che pasticco!"


ROMA - Sale, altissima, la tensione. Le Corti d'appello bocciano i ricorsi del centrodestra in Lombardia e Lazio e il Pdl parte all'attacco. Sull'onda delle dichiarazioni di La Russa, che già in mattinata, prima dei pronunciamenti,  aveva detto: "Attendiamo fiduciosi i verdetti sulle nostre liste, ma non accetteremo mai una sentenza che impedisca a centinaia di migliaia di nostri elettori di votarci alle regionali. Se ci impediscono di correre siamo pronti a tutto''. E, in serata, Renata Polverini rincara la dose, dando appuntamento ai suoi sostenitori domani alle 17 a piazza Farnese a Roma: "Vogliono la prova di forza della piazza e domani gliela daremo". E gira voce che Silvio Berlusconi in persona potrebbe essere in piazza. Stasera, intanto, il premier ha riunito i coordinatori del Pdl. A palazzo Grazioli sono arrivati Denis Verdini e Ignazio La Russa.

Intanto l'Agi parla di un presidente della Repubblica molto irritato. Secondo  l'agenzia di stampa Napolitano avrebbe definito in privato "un gran pasticcio" quanto sta avvenendo a proposito della presentazione delle liste per le elezioni regionali. Sempre secondo l'Agi per il capo dello Stato il diritto a partecipare alle elezioni va garantito a tutti, ma questo all'interno delle regole il cui rispetto deve essere pieno. Così come è un diritto costituzionale anche quello, eventualmente, a manifestare. I magistrati fanno il loro lavoro, e per questo le sentenze vanno sempre lette tutte con rispetto.

L'opposizione contro il ministro. Stamattina aveva subito commentato  Marco Pannella: "Vorrei ricordare, non al paleo-fascista La Russa ma a me stesso e ai cittadini italiani, che il Capo delle Forze Armate in Italia è il Presidente della Repubblica". Gli aveva fatto eco Ignazio Marino: "Minacce inquietanti ed eversive, trovo davvero gravi e inaccettabili parole e toni usati dal ministro". Toni analoghi da Savino Pezzotta, candidato governatore della Lombardia per l'Udc: "La Russa è un ministro della Repubblica quindi è meglio se cerca, per il momento, di trattenere i suoi appetiti eversivi". Infine Luigi De Magistris dell'Idv: "La Russa forse pensa di organizzare una nuova marcia su Roma? Se fosse così, ricordiamo a lui e a tutto l'esecutivo che l'Italia è ancora una democrazia".

La controreplica del ministro. "Mi viene da ridere - ha detto La Russa - nel leggere alcune dichiarazioni finto allarmistiche. Questa gente non ce l'ha fatta con le scorciatoie giudiziarie e gossippare e non gli resta che vincere correndo da soli. Ribadisco pertanto da coordinatore del Pdl che non lasceremo niente di intentato: sto parlando di ulteriori ricorsi in qualunque sede amministrativa o giudiziaria".
 
Dopo i ricorsi si alzano i toni. Arrivano i no delle Corti d'appello e dagli stati maggiori del Popolo della Libertà, ma anche della Lega, parte l'attacco. Inizia Paolo Bonaiuti: "Come si può pensare di lasciare senza scelta nel momento più alto della democrazia, quello del voto, due regioni che insieme rappresentano più di un quarto della popolazione italiana?". Poi incalza Cicchitto: "Queste elezioni corrono il rischio di essere falsate con conseguenze gravissime per la nostra democrazia. Altro che dilettanti allo sbaraglio. Mi auguro comunque che le liste sia della Lombardia sia del Lazio possano essere recuperate ad altro livello di giurisdizione. C'è sempre la fiducia che esista un giudice a Berlino". Quindi si muovono anche i lumbard: "Voglio sentire al più presto Bossi e Berlusconi e poi decideremo perchè serve subito una risposta politica ai furbi che cercano le vittorie a tavolino". E anche La Russa torna a dire che "Non ci si rassegnerà", pur precisando che ogni iniziativa sarà "nei limiti della democrazia e della legalità".

Le ipotesi. Sul tavolo del vertice da Berlusconi sono state esaminate diverse ipotesi. E un precedente del '95, quando era Oscar Luigi Scalfaro Presidente della Repubblica e Dini presidente del Consiglio. In quell'occasione si riaprirono, tramite un decreto, i termini della consegna delle liste e si accorciarono i tempi della campagna elettorale da un mese a 23 giorni.

Altre ipotesi sul tappeto quella di un decreto interpretativo delle norme o, addirittura (strada più difficile da percorrere) quella di rinviare le elezioni.

(03 marzo 2010)
da repubblica.it
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