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Autore Discussione: Parla Andreotti. Prodi durerà.  (Letto 3056 volte)
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« inserito:: Agosto 16, 2007, 12:18:32 am »

Parla Andreotti Prodi durerà.

Nessuna svolta istituzionale? «A Romano dissi che era sprecato per la politica ma come mio ministro fu bravo. Preti pedofili? Mai incontrati» 

 
ROMA — «Meglio tirare a campare che tirare le cuoia... Certo che mi ricordo di quando lo dissi. De Mita sosteneva che il mio governo tirava a campare. Io risposi alla mia maniera: è noto che sono uomo di un certo realismo. Ne nacque una polemica. Se avessi espresso il medesimo concetto in latino, primum vivere deinde philosophari,De Mita avrebbe avuto meno da ridire...». Giulio Andreotti passa il Ferragosto con la famiglia e i cani, ieri particolarmente vivaci. Lo stacco di mezza estate induce anche un noto realista come lui a esprimere una visione d’insieme.

«Viviamo un passaggio cruciale della storia. Il destino mi ha dato in sorte di assistere a un’altra fase di grandi cambiamenti, dopo la guerra mondiale e la ricostruzione. Oggi le cose per certi aspetti sono ancora più complicate. Non c’è più l’Urss a fare da riferimento, positivo o negativo». Poi però gli accade di planare dagli orizzonti alle persone, sempre con il noto realismo. Anche Prodi tira a campare? «Secondo me, Prodi dura». Tutti attendono per l’autunno la caduta. «Non ci sono alternative al suo governo. E questo per Prodi è un elemento di stabilità». E un governo istituzionale? «Allo stato, non lo vedo. Ma tenga conto che ho 88 anni. Faccio vita di Senato. Non mi occupo di partiti».

Il rapporto con Prodi è antico: il professore fu ministro dell’Industria nel suo governo di solidarietà nazionale.A Palazzo circola una leggenda, secondo cui Andreotti avrebbe congedato Prodi dicendogli: «Lei professore è sprecato per la politica ». A ricordargliela, Andreotti sorride. «Non ricordo le parole precise, però è vero, più o meno andò così... Prodi aveva un po’ questa mania, di dire "noi tecnici" e "voi politici". Una distinzione che, forse sbagliando, noi non accettiamo, e già all’epoca non fu apprezzata. Detto questo, la legge Prodi che varammo per le industrie in difficoltà diede strumenti all’economia che restano validi ancora oggi. Prodi come ministro fu bravo». E come presidente del Consiglio? «Guardi, quel mestiere l’ho fatto più volte. È un mestiere difficile, e la difficoltà dipende dalle circostanze. Ci sono momenti in cui si riescono a sciogliere i nodi più intricati, e altri in cui una tensione o una crisi internazionale ti rendono la vita quasi impossibile indipendentemente dalla volontà e dalle capacità. Ma ora siamo in una fase abbastanza tranquilla. E poi Prodi di esperienza ne ha. I cinque anni a Bruxelles sono stati importanti».

Su Hamas e in genere il mondo arabo, a Prodi e D’Alema viene attribuito una sorta di neoandreottismo. «Non è questo. Su Hamas Prodi ha ragione. Dire che Hamas è fuori dalla legge e quindi non bisogna parlarci significa nascondere la testa sotto l’ala. È vero il contrario: occorre fare evolvere Hamas nella direzione del dialogo. In passato criticavano me perché parlavo con Arafat. Ora gli stessi lo rimpiangono e vanno a rendere omaggio alla sua tomba. Meglio scoprirli da vivi che da morti. E poi un conto sono le fantasie macabre di qualche leader islamico, che straparla di distruggere Israele, di cose che non esistono. Un conto è il dramma di un popolo che attende una patria dal ’48». I suoi 88 anni e la "vita di Senato" gli consentono uno sguardo d’insieme. Per esempio Sarkozy, il politico più citato dell’estate, «a me ricorda Pinet». Prego? «Al di là dello stile, Sarkozy è una figura in linea con il tradizionale moderatismo francese. Più che un de Gaulle, un uomo di rottura, credo incarni una linea politica che ha quasi sempre governato la Francia. Solo da noi essere moderati sembra essere divenuta una colpa da espiare, anziché una virtù».

In Italia, Casini sta provando ad aggregare un polo moderato. E Andreotti, che dopo l’esperienza di Democrazia europea alle elezioni 2001 è sempre stato molto cauto sui progetti neocentristi, stavolta gli accorda un credito. «Casini è già presidente dell’Internazionale democristiana. Ha un ruolo internazionale che sta cercando giustamente di trasporre sul piano interno. L’uomo è capace. Può riuscire». Non si tratta ovviamente di rifare la Dc, ma di aggregare imprenditori, professori, e cattolici, per consentire ai moderati di tornare a governare il Paese. Con Berlusconi il rapporto personale è ottimo ma la politica, spiega Andreotti, è un’altra cosa. «Berlusconi gode ancora di un vasto seguito, perché molte delle sue iniziative hanno avuto successo. Ma non sempre 1 più 1 fa 2. Non sempre un imprenditore di talento ottiene gli stessi risultati in politica. Il governo di un Paese è cosa più complessa, o comunque diversa, dal costruire una fortuna economica, un’azienda tv, una squadra di calcio».

Né il senatore a vita nutre particolari aspettative nei confronti del Partito Democratico. «Le ho già detto che non mi occupo di partiti. Sono cose da giovani. E poi i partiti non esistono più, o almeno non sono più gli stessi, con l’organizzazione, le sezioni, gli uffici studi. Il popolo». Follini pensa a una sorta di Dc che guarda a sinistra. «Follini evoca antiche definizioni, che si addicono a tempi antichi». Veltroni? «Mi pare stia facendo bene il sindaco di Roma. Rispetta il fatto che Roma è pure la capitale della cristianità». Può fare anche il segretario di un partito? «Certo che sì. Mica si candida a gestire una casa di tolleranza. C’è continuità tra i due mestieri: sempre di politica si tratta. Ma i problemi di Roma sono molto specifici, diversi da quelli nazionali, anche se talora più complessi».

Le accuse di invadenza rivolte alle gerarchie cattoliche, cui Andreotti diede il collegamento con la politica che oggi i cardinali hanno assunto di persona, non lo turbano. «Non credo esistano né un’invadenza, né un sentimento anticattolico. Esiste un fenomeno ciclico.Atratti scompare, a tratti si manifesta. Scontiamo la questione del potere temporale, di cui non ci libereremo prima di un paio di secoli ». Forse neppure lei ne vedrà la fine. «In realtà il potere e la religione sono due ambiti diversi. Io stesso non li ho mai confusi. A volte si dimentica quanta importanza abbia avuto per la politica italiana la dottrina sociale della Chiesa. La Rerum Novarum. Il codice di Camaldoli: ricordo che i lavori si aprirono il 19 luglio 1943 e durarono una settimana, il tempo del bombardamento di Roma e del crollo del fascismo».

Oggi di Chiesa si parla a proposito di pedofilia. «Mai che si trovi un rabbino pedofilo o un imam pedofilo. Io ho passato la mia vita in mezzo ai preti, fin da bambino, e di preti pedofili non ne ho trovato uno. Va beh che non sono mai stato molto avvenente... Scherzo. Diciamo che lo stupore e lo scandalo destati da certe accuse dimostrano che la stragrande maggioranza dei preti fanno del bene, che della Chiesa abbiamo ancora bisogno, e che gli italiani ne sono ben consapevoli ».

Aldo Cazzullo
15 agosto 2007
 
da corriere.it
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