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Autore Discussione: Massimo Fracaro. Inflazione bassa, scoperte amare. Quelle pensioni così povere  (Letto 2244 volte)
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« inserito:: Gennaio 06, 2010, 10:51:01 am »

Inflazione bassa, scoperte amare

Quelle pensioni così povere


Molti falsi poveri davanti al Fisco, troppi veri poveri nei libri paga dell’Inps. Puntualmente l’analisi delle dichiarazioni dei redditi ci rivela scomode verità, almeno per chi paga le tasse: gli italiani guadagnano poco, meno della media europea. Ma, se li mettiamo di fronte allo specchio dell’Inps, il ritratto è ancor più drammatico. Nel 2009 l’ente ha staccato 15 milioni e mezzo di assegni con un importo medio di 773 euro al mese. Per tredici mensilità fanno poco più di 10.000 euro. La stragrande maggioranza dei pensionati vive, quindi, con mille euro al mese. Forse meno. E se in casa ci sono due ex lavoratori si arriva a 2.000. Non c’è di che scialare.

Nel 2010 anche la scala mobile girerà lenta. L’inflazione zero ha congelato l’aumento: +0,7%. Le «minime» cresceranno di soli tre euro al mese. Ma le bollette, per fare un esempio, sono rincarate ben di più. Molti pensionati, per la prima volta dopo anni, dovranno anche restituire qualcosa all’Inps perché il costo della vita 2009 è stato inferiore alle previsioni. Un po’ si prende, un po’ si restituisce. E il mini aumento scema ancor di più.

Per decenni la questione previdenziale è stata affrontata dal lato della spesa pubblica. Un’impostazione doverosa, in un Paese che ha brevettato le pensioni di giovinezza. Vi ricordate i 19 anni sei mesi e un giorno dei dipendenti pubblici? O le rendite di anzianità svincolate da un’età minima (si staccava anche a 49 anni)?
Le ultime riforme stanno riportando in equilibrio i conti. E se è vero che i già pensionati sono stati in parte risparmiati, com’era giusto, è altrettanto vero che sono stati quasi completamente dimenticati. Forse è il caso di ridare loro almeno una parte dei risparmi che deriveranno dai nuovi coefficienti di calcolo delle rendite contributive. O dall’agganciamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita.

Dal 2002 ad oggi, a parte l’integrazione decisa dal secondo governo Berlusconi per portare il minimo a un milione di lire — beneficio toccato a una minoranza —, è stato fatto molto poco. Qualche una tantum e la quattordicesima del governo Prodi. Provvedimenti tampone legati al possesso di redditi minimi, da certificare con non pochi fastidi burocratici.

Anno dopo anno le pensioni hanno continuato a rivalutarsi solo grazie all’inflazione misurata dall’Istat, perché la perequazione agli stipendi è stata cancellata negli Anni 90. E così il loro potere di acquisto si è pian piano svilito. Un miglioramento potrebbe venire dall’annunciata, ma mai attuata, creazione di un paniere ad hoc per i pensionati, per tenere conto dei loro veri consumi. Anche le norme fiscali sono penalizzanti sul fronte degli oneri detraibili (le rendite basse non ne beneficiano). E se il coniuge supera con la pensione i 2.840 euro non è più a carico. E si perdono i relativi vantaggi.

Tanti poveri, molti evasori. Perché non cercare di riportare la bilancia in equilibrio? L’Italia nello specchio dell’Inps e del Fisco piacerebbe di più. A tutti.

Massimo Fracaro

06 gennaio 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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