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« inserito:: Febbraio 02, 2010, 02:21:39 pm » |
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Dopo le rivelazioni di Spatuzza si corre ai ripari per evitare nuove imputazioni
La proposta firmata da Valentino, ex An, relatore del processo breve e vice di Ghedini
Nuovo blitz nella maggioranza Arriva la legge anti-pentiti
di LIANA MILELLA
ROMA - La fabbrica delle leggi ad personam made in Berlusconi è riuscita a sfornarne un'altra, stavolta addirittura sulla mafia e sui pentiti. Per cancellarne anche l'esistenza e azzerare le loro dichiarazioni. Niente maxi processo di Falcone. Niente Buscetta. Battezzarla anti-Spatuzza o salva Dell'Utri? L'uno e l'altro. Perché il risultato dei due articoli che il senatore Giuseppe Valentino, giusto il relatore del processo breve, ha presentato il 27 novembre a palazzo Madama è sicuramente uno: impedire che i pentiti si riscontrino vicendevolmente.
Tra la fine di ottobre e il 4 dicembre 2009, quando cominciano a circolare le prime indiscrezioni sui verbali di Gaspare Spatuzza che poi depone a Palermo al processo Dell'Utri, sui giornali si scatena il tam tam di una possibile incriminazione per mafia ai danni di Berlusconi. Ed ecco che, in chiave preventiva almeno per lui, successiva ma salvifica per Marcello Dell'Utri, comunque in anticipo rispetto a un'imputazione che in quel momento sembra probabile, la macchina delle leggi salva premier si muove.
Entra in campo il senatore Giuseppe Valentino, calabrese per nascita, di professione avvocato, avverso ai pentiti per via di un'inchiesta che lo coinvolse nel 2004 per voti della 'ndrangheta, ex aennino finiano dato ormai per seguace del Cavaliere, vice di Niccolò Ghedini nella consulta pdl per la giustizia. Si produce in un ddl che a palazzo Madama porta il numero progressivo 1.912, comunicato alla presidenza a fine novembre, e che dal 26 gennaio figura tra quelli che saranno esaminati, discussi, approvati in commissione Giustizia. Due articoli, niente norma transitoria che regola l'applicazione ai processi in corso, ma va da sé che trattandosi di norme più favorevoli per l'imputato non possono che applicarsi immediatamente. Dell'Utri compreso.
Il relatore è Piero Longo, avvocato di Berlusconi assieme a Ghedini. Una scelta che si commenta da sola. Il titolo della proposta, di per sé, pare anonimo: "Modifica degli articoli 192 e 195 del codice di procedura penale in materia di valutazione della prova e di testimonianza indiretta". Sono quelli che regolano per l'appunto i mezzi di prova e stabiliscono quando una testimonianza può avere valore oppure no in un processo. D'ora in avanti, se passa il testo di Valentino, la regola sarà scritta così: "Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso assumono valore probatorio o di indizio solo in presenza di specifici riscontri esterni".
A Palermo, a Reggio Calabria, a Napoli, quando i magistrati apprendono di una norma del genere entrano in fibrillazione. Perché essa trasforma in perentoria disposizione quanto scrive l'attuale articolo 192, comma 3, del codice di procedura: "Le dichiarazioni sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità". E se è vero che esiste una giurisprudenza ormai acquisita della Cassazione sulla necessità dei cosiddetti "riscontri obiettivi", tuttavia altra cosa è stabilire per legge il valore probatorio "solo" in presenza di "specifici riscontri esterni".
Ma non basta. Perché la legge di Valentino aggiunge altri due commi, il bis e il ter, all'articolo 192. Nel bis è scritto: "Le dichiarazioni di più coimputati o imputati in procedimenti connessi assumono valore probatorio o di indizio ove sussistano le condizioni di cui al comma precedente". Quindi, al di fuori di questa regola, è tutto da buttare via. Ma ecco l'ultima botta, la più micidiale, il comma ter: "Sono inutilizzabili le dichiarazioni anche in caso di riscontri meramente parziali". Vale l'esempio che propone, nell'intervista qui sotto, Gianrico Carofiglio a proposito di un pentito che parla di cinque omicidi. Oggi si può condannare per le prove trovate per i primi quattro e assolvere per l'ultimo. Con le regole di Valentino le rivelazioni del pentito diventeranno carta straccia per tutti.
Non contento, il senatore va avanti e cambia l'articolo 195, allargando ulteriormente le maglie dell'"inutilizzabilità". Se oggi le dichiarazioni di un testimone che ha appreso notizie fondamentali per il processo da un altro si possono sempre usare "salvo che l'esame risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità", da domani solo "l'infermità temporanea" lascerà campo libero. E quindi il poliziotto che raccoglie l'ultimo fiato della vittima di un killer e che fa il nome del suo assassino non potrà darne testimonianza, né tantomeno potrà farlo chi ha raccolto le confidenze di un immigrato che nel frattempo è scomparso nel nulla. Garantismo o morte della giustizia? Il "processo" alla proposta di legge di Valentino è aperto. Ma tutto si può dire tranne che giochi a favore della lotta alla mafia.
© Riproduzione riservata (02 febbraio 2010) da repubblica.it
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