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Autore Discussione: La sfida di Google a Fisco e antitrust  (Letto 2409 volte)
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« inserito:: Novembre 16, 2009, 10:58:29 am »

IL COMMENTO

La sfida di Google a Fisco e antitrust

Le regole incerte della rete


Google è il simbolo della libertà globale, ma potrebbe anche diventare il simbolo di una libertà che divora se stessa. E' il più potente e utilizzato tra i motori di ricerca, l'indirizzario di tutti gli indirizzi. Come tale abbatte tante barriere nello spazio e nel tempo. Tutte le informazioni disponibili, vecchie e nuove, sono a disposizione nello stesso momento. E’ sufficiente cliccare. E tanto basta ad aprire i recinti delle ideologie e delle religioni. Google può dunque essere un grande strumento di democrazia, perché senza informazione non si esercitano i diritti di cittadinanza. Ma Google, di per sé e in quanto alfiere di una nuova economia, è anche altro. L’impresa fondata da Sergei Brin e Larry Page ha conquistato una posizione dominante della quale tende ad abusare. La tentazione monopolistica non sarebbe nuova. L’avevano già coltivata i robber barons nel secolo XIX e gli Usa vararono lo Sherman Act per addomesticarli con l'Antitrust. Ma il motore di ricerca universale è un soggetto mai visto prima, che mette fuori gioco le democrazie sui piani cruciali della regolazione e del fisco. Ad accendere la spia rossa è il contenzioso con la stampa. Rupert Murdoch accusa Google di lucrare sulle notizie che acquisisce dai suoi giornali senza nulla pagare.

Google risponde che il più grande editore del mondo può sempre vietare l'accesso del motore di ricerca alle sue testate. Gli editori italiani avevano già posto il problema all'Antitrust: Google News pesca nelle singole pagine web dei siti online senza nemmeno chiedere permesso e senza passare attraverso le home page dove si concentra la pubblicità; i giornali italiani possono solo subire o impedire l'accesso a Google News, nel qual caso, però, finirebbero fuori non solo da Google News ma da Google rendendosi di fatto irraggiungibili dagli internauti. L'algoritmo di Google, infatti, è uno solo. Questo scontro fa emergere la nuova natura che il motore di ricerca ha acquisito grazie alla sua crescita esponenziale: da brillante applicazione fra le tante possibili su Internet è diventato esso stesso infrastruttura. Come aveva profetizzato nel 1997 David Isenberg, le telecomunicazioni, madri del web, diventano stupide e l'intelligenza migra nell'informazione: ieri era la rete a portare i dati dove voleva, adesso accade il contrario. L'infrastruttura di telecomunicazioni ha una fisicità che la situa dentro i confini degli Stati e perciò la rende regolabile da Autorità e governi. Il grande motore di ricerca opera in uno spazio virtuale ed extraterritoriale dove non esistono Autorità e governi. Le multinazionali sono un insieme di luoghi. Google è un'impresa universale: un non luogo tendenzialmente senza diritto, la sublimazione della multinazionale. E’ un'infrastruttura globale che, al momento, non pare replicabile ma non è regolata.

Un Grande Fratello che, come le telecomunicazioni, sa tutto di noi ma, diversamente dalle telecomunicazioni, non ha particolari obblighi di rispetto della privacy. Un' impresa formidabile che realizza i suoi guadagni in un altrove non tassabile come dimostra la mancata tassazione delle attività che svolge in Italia. Oggi, l’imposizione fiscale su soggetti controllati dall’estero viene applicata quando questi soggetti abbiano una stabile e significativa organizzazione sul territorio. Nell’economia virtuale gli affari si fanno senza questa presenza fisica e tuttavia non sono meno affari. E come tali dovrebbero comunque versare un ragionevole tributo. Contro Google si è mosso il governo cinese per evitare che la libertà di Google insidiasse le chiusure del regime. Adesso si sta muovendo Murdoch. Sono prove di forza, dettate da ragioni diverse, e quelle cinesi nemmeno commendevoli. Ma la forza può forse risolvere problemi specifici, non sostituire il diritto. Il Far West regolatorio e fiscale nel commercio elettronico è il vangelo anglosassone. Portare la nuova economia sotto il dominio della legge: ecco una sfida per un governo italiano che in sede Ocse voglia distinguersi dai sostenitori della City e di Wall Street, e per un’Europa che volesse parlare una voce sola

Massimo Mucchetti

16 novembre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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