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« inserito:: Novembre 14, 2009, 11:06:13 am » |
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13/11/2009
Come Luzi, al fondo delle cose Mario Parri, «un sentire sgomento e perspicace» lungo mezzo secolo
«Il gelo ci prenderà / s’annida negli ossi grigio/ come la cintura dell’inverno/ attorno la fronte … occorrerà aver/ trattenuto questo tenero patimento/ nel vapore delle luci… quel segreto odore esita/ sul monte delle tue labbra/ umido/ geme l’appannarsi del senso» [Mario G. Parri]
Mario Graziano Parri è poeta (ma anche narratore) di non comune sobrietà e raffinatezza. Un poeta molto colto, nei cui versi emerge una pronuncia sicura, nel decoro di un tono medio sempre tendente all'alto, secondo l'esempio di un grande autore, come lui fiorentino: Mario Luzi.
Dopo varie raccolte sparse, Parri ha pubblicato ora una raccolta antologica, Di gloria e di polvere: Poesie 1957-2007 (Interlinea, p.180, 16 euro), comprendente anche testi inediti, che ci permette di seguire la coerenza del suo intero cammino. Si tratta di un percorso che privilegia la meditazione lirica, che diviene il racconto di una vita, l'assorta testimonianza di un «sentire sgomento e perspicace», che mira, dunque, al fondo delle cose non senza coglierne un vago sospetto di insensatezza. Va ricordato che Parri è anche direttore di una bella rivista interdisciplinare, che dà però ampio spazio alla poesia, con testi e interventi critici. E' il Caffè Michelangiolo (edito da Pagliai e dall'Accademia degli Incamminati), giunto al suo XIV anno, che verrà presentato al pubblico il 24 novembre, a Firenze (Palazzo Borghese).
Parri è un poeta felicemente legato al meglio della nostra tradizione, profondo conoscitore della poesia anche contemporanea, come non si direbbe di una delle nostre interlocutrici, la pur vivace, ricca di umori, Beatrice Mezzone, che oscilla tra un dire epigrammatico, con buoni effetti incisivi, e un dire più aperto dove potrebbe ancora lavorare di lima. Nell’esempio che ci ha inviato, parte utilmente, poi rallenta il procedere, con versi un po' inerti: «Conobbi la sensazione ormai vuota /di quello che fu /e sempre /cercai ovunque quel nido /quello spazio quel tempo /per noi /che adesso /siamo un io e un te /indivisi eppure individui /muti pensosi scettici». Altre volte il suo dire si fa più conciso, e allora emerge un'interessante forma di energia reattiva: «Se avrò fortuna /sarò anima racchiusa / in corazza di tartaruga antica». Insomma, continui approfondendo e aggiornandosi.
Morena Manicardi mostra buona compattezza formale, controllo stilistico e un procedere elegante sebbene un po' troppo nobilmente ricercato: «Dal belvedere profumi imperiosi /si frantumavano nell'aria fresca di tiglio /e gioiosa d'erba umida, a brillare. /L'aria soave, ma ricca di percezioni /cibava la mia infanzia, l'età del sole». Provi a normalizzare verso il basso la pronuncia, magari a rasentare di più la prosa, e risulterà sicuramente più attuale e persuasiva.
Giamba De Ferrari mi manda testi in cui procede in modo scandito e asciutto, economico. Un poesia si intitola L'amico: «E t'affanni a raccogliere i ricordi, /li metti in fila in ordine sbagliato, /cercando in lui qualcosa che rimanga /dentro di te di quello che sei stato». Fa un uso della rima piuttosto facile, elementare (anche qui: «Ci sono cento storie d'osteria /e di vecchi rancori ormai scordati /sotto i marmi dal tempo consumati»). Dunque è un accorgimento che merita maggiore attenzione e diffidenza.
Raffaele Mella si muove in modo argomentante, per immagini, piuttosto perentorio: «Il mare è un segmento / Il fondale degli occhi sopporta /la durezza a fiore del viso /incapace, a questo punto, /di assorbire i lividi». Certo non gli manca l'energia, ma anche lui, come la De Simone, potrebbe risultare più persuasivo se forzasse un po’ meno la mano, alleggerendo e normalizzando: «Gesto e brivido si confondono /nello scialo di partenze /alla stazione vecchia, /cicatrice sotto il colle. //L'aria indispensabile /acconciata da verbo /resta bloccata nella cavità».
da lastampa
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