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Autore Discussione: Sanità, in piazza contro Obama "Il Presidente non è il Messia"  (Letto 2704 volte)
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« inserito:: Settembre 08, 2009, 06:53:01 pm »

8/9/2009 - INTERVENTO

Ragazzi volete il successo?

Dovete studiare
   
BARACK OBAMA


So che per molti di voi questo è il primo giorno di scuola. E per chi è all’asilo o all’inizio delle medie o delle superiori è l’inizio di una nuova scuola, così un minimo di nervosismo è comprensibile.

Immagino che tra voi ci siano dei veterani a cui manca solo un anno per concludere gli studi e quindi contenti. E, non importa a quale classe siate iscritti, qualcuno tra voi probabilmente sta pensando con nostalgia all’estate e rimpiange di non aver potuto dormire un po’ di più stamattina. So cosa vuol dire. Quando ero giovane la mia famiglia visse in Indonesia per qualche anno e mia madre non aveva abbastanza denaro per mandarmi alla scuola che frequentavano tutti i ragazzini americani. Così decise di darmi lei stessa delle lezioni extra, dal lunedì al venerdì alle 4,30 di mattina. Ora, io non ero proprio felice di alzarmi così presto. Il più delle volte mi addormentavo al tavolo della cucina. Ma ogni volta quando mi lamentavo mia madre mi dava un’occhiata delle sue e diceva: «Anche per me non è un picnic, ragazzo».

Ora, io ho fatto un sacco di discorsi sull’istruzione. E ho molto parlato di responsabilità. Della responsabilità degli insegnanti che devono motivarvi all’apprendimento e ispirarvi. Della responsabilità dei genitori che devono tenervi sulla giusta via e farvi fare i compiti e non lasciarvi passare la giornata davanti alla tv. Ho parlato della responsabilità del governo che deve fissare standard adeguati, dare sostegno agli insegnanti e togliere di mezzo le scuole che non funzionano, dove i ragazzi non hanno le opportunità che meritano. Ma alla fine noi possiamo avere gli insegnanti più appassionati, i genitori più attenti e le scuole migliori del mondo: nulla basta se voi non tenete fede alle vostre responsabilità. Andando in queste scuole ogni giorno, prestando attenzione a questi maestri, dando ascolto ai genitori, ai nonni e agli altri adulti, lavorando sodo, condizione necessaria per riuscire.

Questo è quello che voglio sottolineare oggi: la responsabilità di ciascuno di voi nella vostra educazione. Parto da quella che avete nei confronti di voi stessi. Ognuno di voi sa far bene qualcosa, ha qualcosa da offrire. Avete la responsabilità di scoprirlo. Questa è l’opportunità offerta dall’istruzione. Magari sapete scrivere bene, abbastanza bene per diventare autori di un libro o giornalisti, ma per saperlo dovete scrivere qualcosa per la vostra classe d’inglese. Oppure avete la vocazione dell’innovatore o dell’inventore, magari tanto da saper mettere a punto il prossimo i Phone o una nuova medicina o un vaccino, ma non potete saperlo fino a quando non farete un progetto per la vostra classe di scienze.

Oppure potreste diventare un sindaco o un senatore o un giudice della Corte suprema ma lo scoprirete solo se parteciperete a un dibattito studentesco. Non è solo importante per voi e per il vostro futuro. Che cosa farete della vostra possibilità di ricevere un’istruzione deciderà il futuro di questo Paese, nulla di meno. Ciò che oggi imparate a scuola domani sarà decisivo per decidere se noi come nazione sapremo raccogliere le sfide che ci riserva il futuro. Avrete bisogno della conoscenza e della capacità di risolvere i problemi che imparate con le scienze e la matematica per curare malattie come il cancro e l’Aids e per sviluppare nuove tecnologie ed energie e proteggere l’ambiente. Avrete bisogno delle capacità di analisi e di critica che si ottengono con lo studio della storia e delle scienze sociali per combattere la povertà e il disagio, il crimine e la discriminazione e rendere la nostra nazione più corretta e più libera.

Vi occorreranno la creatività e l’ingegno che vengono coltivati in tutti i corsi di studio per fondare nuove imprese che creeranno posti di lavoro e faranno fiorire l’economia. So che non è sempre facile far bene a scuola. So che molti di voi devono affrontare sfide tali da rendere difficile concentrarsi sui compiti e sull’apprendimento.

Mi è successo, so com’è. Mio padre lasciò la famiglia quando avevo due anni e sono stato allevato da una madre single che lottava ogni girono per pagare i conti e non sempre riusciva a darci quello che avevano gli altri ragazzi. Spesso sentivo la mancanza di mio padre. A volte mi sentivo solo e pensavo che non ce l’avrei fatta. Non ero sempre così concentrato come avrei dovuto.

Ho fatto cose di cui non vado fiero e sono finito nei guai. E la mia vita avrebbe potuto facilmente prendere una brutta piega.

Ma sono stato fortunato. Ho avuto un sacco di seconde possibilità e l’opportunità di andare al college e alla scuola di legge e seguire i miei sogni. Qualcuno di voi potrebbe non godere di questi vantaggi. Può essere che nella vostra vita non ci siano adulti che vi appoggiano quanto avete bisogno. Magari nelle vostre famiglie qualcuno ha perso il lavoro e il denaro manca. O vivete in un quartiere poco sicuro, o avete amici che cercano di convincervi a fare cose sbagliate. Ma, alla fine dei conti, le circostanze della vostra vita - il vostro aspetto, le vostre origini, la vostra condizione economica e familiare - non sono una scusa per trascurare i compiti o avere un atteggiamento negativo. Non ci sono scuse per rispondere male al proprio insegnante, o saltare le lezioni, o smettere di andare a scuola. Non c’è scusa per chi non ci prova.

Il vostro obiettivo può essere molto semplice: fare tutti i compiti, fare attenzione a lezione o leggere ogni giorno qualche pagina di un libro. Potreste decidere di intraprendere qualche attività extracurricolare o fare del volontariato. Potreste decidere di difendere i ragazzi che vengono presi in giro o che sono vittime di atti di bullismo per via del loro aspetto o delle loro origini perché, come me, credete che tutti i bambini abbiano diritto a un ambiente sicuro per studiare e imparare. Potreste decidere di avere più cura di voi stessi per rendere di più e imparare meglio.

E in tutto questo, spero vi laviate molto le mani e ve ne stiate a casa se non state bene in modo da evitare il più possibile il contagio dell’influenza quest’inverno. Qualunque cosa facciate voglio che vi ci dedichiate. So che a volte la tv vi dà l’impressione di poter diventare ricchi e famosi senza dover davvero lavorare, diventando una star del basket o un rapper, o protagonista di un reality. Ma è poco probabile, la verità è che il successo è duro da conquistare.

Non vi piacerà tutto quello che studiate. Non farete amicizia con tutti i professori. Non tutti i compiti vi sembreranno così fondamentali. E non avrete necessariamente successo al primo tentativo. È giusto così. Alcune tra le persone di maggior successo nel mondo hanno collezionato i più enormi fallimenti. Il primo Harry Potter di JK Rowling è stato rifiutato dodici volte prima di essere finalmente pubblicato. Michael Jordan fu espulso dalla squadra di basket alle superiori e perse centinaia di incontri e mancò migliaia di canestri durante la sua carriera. Ma una volta disse: «Ho fallito più e più volte nella mia vita. Ecco perché ce l’ho fatta».

Nessuno è nato capace di fare le cose, si impara sgobbando. Non sei mai un grande atleta la prima volta che tenti un nuovo sport. Non azzecchi mai ogni nota la prima volta che canti una canzone. Occorre fare esercizio. Con la scuola è lo stesso. Può capitare di dover fare e rifare un esercizio di matematica prima di risolverlo o di dover leggere e rileggere qualcosa prima di capirlo, o dover scrivere e riscrivere qualcosa prima che vada bene. La storia dell’America non è stata fatta da gente che ha lasciato perdere quando il gioco si faceva duro ma da chi è andato avanti, ci ha provato di nuovo e con più impegno e ha amato troppo il proprio Paese per fare qualcosa di meno che il proprio meglio.

È la storia degli studenti che sedevano ai vostri posti 250 anni fa e fecero una rivoluzione per fondare questa nazione. Di quelli che sedevano al vostro posto 75 anni fa e superarono la Depressione e vinsero una guerra mondiale. Che combatterono per i diritti civili e mandarono un uomo sulla Luna. Di quelli che sedevano al vostro posto 20 anni fa e hanno creato Google, Twitter e Facebook cambiando il modo di comunicare.

Così, vi chiedo, quale sarà il vostro contributo? Quali problemi risolverete? Quali scoperte farete? Il presidente che verrà di qui a 20, 50 o 100 anni cosa dirà che avrete fatto per questo Paese? Le vostre famiglie, i vostri insegnanti e io stiamo facendo di tutto per fare sì che voi abbiate l’istruzione necessaria per saper rispondere a queste domande. Mi sto dando da fare per garantirvi classi e libri e accessori e computer, tutto il necessario al vostro apprendimento. Ma anche voi dovete fare la vostra parte. Quindi da voi quest’anno mi aspetto serietà. Mi aspetto il massimo dell’impegno in qualsiasi cosa facciate. Mi aspetto grandi cose, da ognuno di voi. Quindi non deludeteci, non deludete le vostre famiglie, il vostro Paese e voi stessi. Rendeteci orgogliosi di voi. So che potete farlo.


Questo è un estratto del discorso di saluto che il presidente Barack Obama farà agli studenti americani per l’apertura dell’anno scolastico. Oggi sarà trasmesso in tv alle 12.

da lastampa.it
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 13, 2009, 12:15:38 pm »

Cartelli e slogan virulenti sotto la Casa Bianca, con accuse di nazismo e stalinismo

Dopo lo smacco elettorale, la destra ha ritrovato la forza di dominare la scena mediatica

Sanità, in piazza contro Obama "Il Presidente non è il Messia"


dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI

NEW YORK - La piazza contro Barack Obama. Per la prima volta dalla sua elezione, Washington è stata invasa da decine di migliaia di manifestanti. Una folla imponente, in rivolta contro il suo "statalismo", e contro "l'oppressione fiscale". Sono arrivati coi pullman dal Texas e dal Tennessee, dall'Ohio e dal New Hampshire, dall'America "rossa" delle roccaforti repubblicane.

Ma anche da Stati "blu" che a novembre votarono per Obama. Una marcia pacifica ma dai toni virulenti ha occupato i larghi prati tra la Casa Bianca e il Congresso, straripando sulla Pennsylvania Avenue. Ha monopolizzato gli schermi televisivi, riuscendo di nuovo a spiazzare la strategia di comunicazione del presidente. Nella stessa giornata Obama era a Minneapolis per un comizio in difesa della sua riforma sanitaria: è stato declassato in secondo piano.

Una manifestazione popolare, variopinta, patriottica, e dai toni radicali: bandiere a stelle e strisce, inno nazionale, e tanto "God Bless America", Dio benedica l'America. La Fox News, tv beniamina della destra, nella cronaca ininterrotta dell'evento commentava: "Questa è l'America che vuole liberarsi da un governo impazzito". I toni degli striscioni erano perfino più estremi. "Stalin riprenditi i nostri politici". "Gesù è il messia non Obama". "La sanità di Obama ci renderà malati". Una gigantografia di Nancy Pelosi - presidente della Camera nonché leader della sinistra democratica - con la scritta "Nazista".

Il nuovo eroe di questo popolo della destra invece è Joe Wilson, il deputato repubblicano della South Carolina. Improvvisamente celebre per avere urlato "bugiardo" a Obama interrompendo il suo discorso sulla riforma sanitaria mercoledì al Congresso, Wilson è stato sommerso di donazioni: in 48 ore ha raccolto 750.000 dollari di contributi alla sua campagna elettorale. Il suo conterraneo Jim De Mint, senatore repubblicano della South Carolina, ieri era in mezzo ai manifestanti: "Questa non è una destra radicale - ha detto - questo è il popolo americano che ha paura per le sue libertà in pericolo".

Il corteo oceanico di ieri è il culmine di una serie di manifestazioni in tutto il paese, spesso battezzate Tea Party come la storica protesta del 16 dicembre 1773 a Boston, quando gli americani gettarono in mare dei sacchi di tè per protestare contro la tassa inglese su quella bevanda, simbolo di oppressione coloniale. Quest'anno i Tea Party della destra sono cominciati per denunciare la manovra di spesa pubblica da 787 miliardi di dollari varata a gennaio contro la recessione. E si sono saldati con altre frange della destra radicale.

C'è il movimento "birther", che continua a negare la cittadinanza americana di Obama. Ci sono i teorici di un complotto eversivo che avrebbe portato il primo afroamericano alla Casa Bianca. Ma le cabine di regìa sono altrove. Alla Fox News, dove dominano personaggi come l'anchorman Glenn Beck, fautore di una nuova caccia alle streghe che denuncia tutti i "comunisti" dentro l'Amministrazione Obama. C'è la potenza dei network radiofonici della destra, con la star Rush Limbaugh che ha trasformato Joe Wilson in eroe nazionale.

È tornata in azione la galassia di associazioni e think tank dei neoconservatori, vivi e vegeti più che mai. La manifestazione di ieri è stata promossa dalla Freedom Works Foundation e da Americans for Tax Reform, sigle oscure sulle quali però confluiscono ricchi finanziamenti delle lobby. Tra i bersagli immediati infatti c'è la riforma sanitaria di Obama, contro la quale sono mobilitate le assicurazioni, gli ospedali privati, una parte dell'industria farmaceutica e della classe medica. Potenze in grado di influenzare l'agenda politica, in un paese dove non esistono limiti reali al finanziamento privato delle campagne elettorali.

Obama ieri ha risposto ai suoi oppositori da Minneapolis. Ha ripetuto l'impegno solenne che aveva pronunciato mercoledì al Congresso: "Non firmerò una legge di riforma sanitaria se aumenta di un solo centesimo il deficit pubblico". Il presidente tenta di riprendere l'iniziativa nella comunicazione. Il discorso di fronte alle Camere riunite è stato efficace. Nei sondaggi è risalita la percentuale di americani favorevoli alla sua riforma. Ma il vantaggio rischia di essere effimero. La destra ha imparato a neutralizzare le sue doti di grande comunicatore, lo anticipa, lo spiazza, riesce spesso a dettare i titoli dei giornali e dei tg.

Era già accaduto durante i dibattiti dell'America di provincia sulla sanità: gruppetti organizzati di contestatori hanno spostato l'attenzione sistematicamente dai contenuti della riforma, lanciando le accuse sulla "eutanasìa di Stato" imposta agli anziani, o sui presunti incentivi pubblici all'aborto.
Gli slogan di ieri preannunciavano il prossimo terreno di battaglia: il fisco. Non importa se Obama non ha finora annunciato nuove imposte, e anzi ha promesso di lasciare la pressione invariata sul 95% dei contribuenti.

Non conta che il deficit pubblico attuale sia il risultato di due guerre, una recessione, e sgravi fiscali ai ricchi, tutte eredità dell'Amministrazione Bush. La destra è certa che prima o poi il deficit galoppante costringerà Obama ad aumentare le tasse, e comincia la "guerra preventiva". Intanto è riuscita a prendersi la piazza. E sottolinea così la scarsa capacità di mobilitazione dei democratici. Tra questi ultimi, l'entusiasmo del novembre 2008 è già un ricordo lontano.

(13 settembre 2009)
da repubblica.it
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